Alessandro Barbera per la Stampa
Chi firmerà il Documento di economia e finanza? E quando verrà presentato? A ormai due settimane dalla scadenza per il Parlamento (il dieci aprile) non c' è risposta a queste due domande. Eppure non si tratta di una questione di forme: il «Def» predispone gli impegni di politica economica per i prossimi tre anni, ed è valutato con attenzione dall' Europa e dagli investitori internazionali.
salvini di maio prima di essere attaccati
Il nuovo governo non c' è ancora e probabilmente non ci sarà per settimane, dunque l' onere pesa su Paolo Gentiloni e Piercarlo Padoan, i quali non sono d' accordo su come risolvere la faccenda. Nei palazzi circolano tre ipotesi.
La prima - quella preferita da Padoan - prevede la scrittura di un documento neutro che si limiterebbe a fotografare la situazione esistente, confermare i numeri approvati con l' ultima nota di aggiornamento e senza alcuna decisione sul futuro.
Le bozze che circolano sui tavoli dei ministeri descrivono quanto deficit, quanto debito, le previsioni di lotta all' evasione sulla base dell' ultimo documento (3,6 miliardi in due anni) e l' aumento automatico di due delle tre aliquote Iva dal primo gennaio (dal 10 all' 11,5 e dal 22 al 24,2).
La seconda ipotesi, cara a Palazzo Chigi, prevede di fare di più, ovvero trovare un accordo di massima con Di Maio e Salvini per indicare nel documento almeno le grandi linee di politica economica. È la linea di collaborazione istituzionale che ieri lo ha spinto ad avvertire dell' espulsione di due diplomatici russi. La terza strada, caldeggiata in Parlamento, è la più complicata e improbabile: congelare tutto e lasciare che il documento lo scriva il nuovo esecutivo Salvini-Di Maio, sempre che riesca a nascere.
Bruxelles è pronta anche a questa eventualità, e ha già fatto sapere che il termine per la presentazione in Europa (il 30 aprile) non è perentorio. Le consultazioni al Quirinale inizieranno solo dopo Pasqua, e dureranno diversi giorni. Se procederanno rapidamente, è possibile che i vincitori delle elezioni facciano da soli, diversamente dovranno contare sul governo protempore.
Al riparo dai riflettori non si parla d' altro, anche perché potrebbe essere il banco di prova di un governo Lega-Cinque Stelle.
Due fatti confermano l' assunto. Il primo: la presidenza della Camera sta lavorando alla istituzione di una megacommissione di quaranta deputati e 27 senatori per gestire la transizione fino alla nascita della nuova maggioranza. Come accade a ogni elezione, mentre il Parlamento si ferma, il governo va avanti e accumula lavoro: in questo momento a Palazzo Chigi ci sono un' ottantina di pareri parlamentari in attesa di approvazione. La Commissione fu istituita anche nel 2013 e allora la guidò il presidente della Bilancio Giancarlo Giorgetti, oggi numero due di Matteo Salvini nella Lega.
Un' educata prassi istituzionale vorrebbe che quel posto stavolta venisse assegnato al successore di Giorgetti, ovvero al Pd Francesco Boccia. Eppure sembra che la Lega non abbia nessuna intenzione di mollare quella delicatissima poltrona, e invece la voglia assegnare nuovamente a Giorgetti.
Insomma, sia il Movimento Cinque Stelle che il Carroccio non hanno alcuna intenzione di lasciare carta bianca a Padoan. Lo dicono riservatamente fonti vicine a Di Maio e più apertamente il leghista Claudio Borghi: «Non accetteremo nulla a scatola chiusa, vogliamo leggere tutto, fossero anche i numeri esistenti. Nel Documento ci dovranno essere tutte le postille del caso».