ENRICO MARRO,RENATO BENEDETTO per il Corriere della Sera
Il Pd tiene ed è il partito che incassa più voti alle Regionali. Segue la Lega, in flessione. Cadono i 5 Stelle. La discesa di Forza Italia è più lenta, ma costante, mentre continua a crescere Fratelli d'Italia, che al Sud è il primo partito del centrodestra. Così si muove la politica italiana, stando al quadro elaborato dall'Istituto Cattaneo all'indomani delle Regionali 2020 (in confronto ai risultati delle ultime tornate elettorali, i numeri nel grafico in pagina).
Certo, bisogna considerare il ruolo delle liste del presidente: Zaia avrà «sottratto» alla Lega, ma non tutte le sue preferenze possono essere considerate voti certi del Carroccio e questo vale per Emiliano e De Luca. Anche sommando i voti delle liste dei presidenti, poi, la situazione non cambia: in testa il Pd, poi Lega.
GIUSEPPE CONTE E MICHELE EMILIANO
«L'area di governo prevale rispetto al centrodestra in un rapporto di 57 a 43», si legge nell'analisi di Marco Valbruzzi e Salvatore Vassallo. Vediamo cosa è successo in ogni regione rispetto alle Regionali del 2015. In Veneto colpisce l'exploit personale del riconfermato governatore Luca Zaia, che 5 anni fa aveva preso, con la sua lista, circa 427 mila voti (il 23%) e ora più che raddoppia, sfiorando 916 mila voti (44,6%). La lista della Lega (nel 2015 Lega Nord, ora Lega Salvini premier) tutto sommato tiene (16,9% contro il precedente 17,8).
La differenza nel risultato (50,1% nel 2015, 76,8% ora) a favore di Zaia la fanno la lista personale ma anche FdI, che sale dal 2,6% al 9,6% più che compensando il calo di FI, dal 5,9 al 3,6%. Nel centrosinistra il Pd scende dal 16,6 all'11,9%, ma nel frattempo c'è stata la scissione di Renzi con Italia viva, che però ha preso solo lo 0,6%. Crolla M5S: dal 10,4 al 2,7%. Anche in Liguria a fare la differenza è la lista personale del rieletto Giovanni Toti. «Cambiamo con Toti» prende infatti il 22,6%. FI, che nel 2015, aveva ottenuto il 12,6%, adesso si ferma al 5,3%. Più contenuto il calo della Lega: dal 20,2 al 17,1%. Fortissimo invece l'aumento di FdI. Il partito di Giorgia Meloni sale dal 3% al 10,9%.
Sull'altro fronte non ha successo il patto Pd-M5S a sostegno di Ferruccio Sansa: i dem prendono il 19,9% (dal 25,6 del 2015) e M5S crolla dal 22,2 al 7,8%. Italia viva, con + Europa e Psi, si ferma al 2,4%. Nella sua Toscana il partito di Renzi ottiene un risultato apprezzabile (4,5%), ma non determinante per la vittoria di Eugenio Giani. Il Pd, pur mantenendo la guida della Regione, scende dal 46,3% del 2015 al 34,7. La Lega, pur perdendo la competizione, passa dal 16,1 al 21,8%. Ma è ancora una volta FdI a sorprendere, passando dal 3,8 al 13,5%. I 5 Stelle crollano dal 15,1 al 7%. FdI raggiunge il suo miglior risultato nelle Marche, strappando col candidato Francesco Acquaroli la regione al centrosinistra e portando i suoi consensi dal 6,5 al 18,7%. In crescita anche la Lega, che 5 anni fa cominciava ad affacciarsi fuori dal perimetro del Nord con un 13%, ora salito al 22,4. FI scende dal 9,4 al 5,9%. Perde invece dieci punti il Pd, dal 35,1 al 25,1%, con Iv-Psi che prende il 3,2%. Pessimo risultato dei grillini: da 18,9 a 7,1%.
Anche la Campania conferma il suo governatore, ma questa volta di centrosinistra. E anche qui il fattore personale risalta. Vincenzo De Luca sta al Pd un po' come Zaia alla Lega. La sua lista ha preso il 13,3% contro il 4,9 dell'altra volta e figura al secondo posto, dopo il Pd (16,9%), tra le 15 liste che hanno formato il suo variegato cartello elettorale. Qui Iv ottiene un sorprendente 7,9%.
Nel centrodestra, invece, precipita FI, dal 17,8 al 5,2%. Mentre i 5 Stelle, che avevano il 17%, si ritrovano con il 9,9%. Sfilza di liste (15) anche per l'altro governatore di centrosinistra confermato: Michele Emiliano in Puglia. Il Pd scende dal 19,8 al 17,2%. Nel centrodestra il primo partito è FdI: con il 12,6% rispetto al 2,4% del 2005 è davanti alla Lega (9,6%). FI scende dall'11,3 all'8,9%. E i 5 Stelle passano dal 17,2 al 9,9%. Deludente il risultato di Iv: 1,1%. Sommando i voti dei partiti nelle sei regioni dove si eleggeva il governatore, la classifica vede in testa il Pd con 1.773.917 voti, seguito dalla Lega con 1.239.778 (ma la lista Zaia vale ben 915.868 voti). Terzo partito FdI, con 951.056 voti, mentre i 5 Stelle scivolano al quarto posto con 660.751. Chiudono la classifica FI (483.174), Iv, che con +Europa prende circa 375 mila voti, e il partito di Toti, Cambiamo, con 141.552 voti.
Il successo dei governatori del Pd si deve, in parte, anche alla capacità che hanno avuto di attrarre i voti dell'elettorato cinquestelle. Lo si vede dall'analisi dei flussi del Cattaneo (che confronta le Europee 2019 e il voto di domenica scorsa in alcune città). Il dato campano è impressionante: il 70-80% di chi aveva votato 5 Stelle un anno fa adesso ha scelto De Luca. In Toscana il voto dei 5 Stelle in uscita si divide quasi equamente tra Giani e il candidato M5S Galletti.
In Puglia è circa un elettore su cinque a optare stavolta per Emiliano. D'altronde l'attrattività di De Luca è trasversale: conserva buona parte dei voti del centrosinistra e ruba molto persino alla Lega (tra il 63 e il 74%). Mentre il successo di Giani si basa anche sulla capacità di mantenere una parte consistente degli elettori del 2019 di centrosinistra, mentre il centrodestra ha perso verso l'astensione: «La drammatizzazione della contesa ha dunque funzionato in modo asimmetrico, favorendo il centrosinistra».
Tutti, in Veneto, hanno pagato un tributo al «doge»: il record di Zaia si deve anche al 72% di elettori grillini che a Padova lo hanno scelto (il 32 a Venezia), come il 20% circa di elettori Pd. C'è però una parte dell'elettorato di FI che non lo vota e si astiene. I flussi elaborati dal Cattaneo confermano anche il flop dell'asse giallorosso nell'unica regione dove l'accordo c'è stato, in Liguria: l'alleanza non vale la somma di Pd e 5 Stelle, che perdono buona parte dei propri elettori (soprattutto i grillini, quasi il 40% a Genova) verso Toti.
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