GIORGIA MELONI REDDITO CITTADINANZA
Luca Monticelli per “la Stampa”
La maggioranza vuole un'altra stretta al reddito di cittadinanza: un'idea che serve a racimolare un po' di risorse per finanziare le micro misure che ogni partito intende portare a casa con la legge di bilancio. La premier Giorgia Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti non sono contrari, ma a mettersi di traverso è la responsabile del dicastero del Lavoro, Marina Calderone.
Lo stop all'assegno per gli occupabili, che riceveranno il sussidio fino ad agosto per poi rimanere senza rete, la ministra Calderone lo aveva subìto senza poter esprimere il suo dissenso, stavolta interviene pubblicamente per prendere le distanze: «Non è questo il contesto su cui si sta lavorando», dice seccata a margine di un convegno. Tuttavia, il centrodestra a caccia di risorse non vede alternative.
corteo palermo reddito di cittadinanza
Uno dei relatori della manovra, Roberto Pella di Forza Italia, lo spiega chiaramente: «Ridurre da otto a sette mesi nel 2023 il reddito di cittadinanza per gli occupabili è un intervento che stiamo valutando ed è molto probabile, perché consentirebbe di liberare ulteriori risorse per circa 200 milioni, mettendole a disposizione del Parlamento». Pella conferma anche l'abbassamento della soglia a 30 euro per l'utilizzo del Pos: «È un'ipotesi allo studio».
Una buona parte dei 100 emendamenti "supersegnalati" del centrodestra si concentra proprio sul sussidio varato nel 2018 dal governo gialloverde. La Lega chiede corsi di formazione per i percettori di reddito nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni che non hanno terminato la scuola dell'obbligo, sulla falsariga di quanto annunciato dal ministro dell'Istruzione Valditara.
Noi Moderati auspica un bonus alle imprese che assumono gli occupabili e Fdi chiede che il contributo per l'affitto vada ai proprietari di casa. Intanto, il progetto del viceministro dell'Economia Maurizio Leo di depenalizzare i reati fiscali come l'omesso versamento o la dichiarazione infedele - anticipato da questo giornale - potrebbe confluire in manovra, invece che nella prossima delega sul fisco, attraverso il maxi-emendamento del governo. Le opposizioni fanno muro. I pentastellati parlano di «colpo di spugna» sui reati tributari mentre il Pd pretende spiegazioni dal governo.
È sempre bloccato il capitolo sulla previdenza: le pensioni minime dovrebbero salire a 600 euro solo per alcune categorie di over 75, mentre si tratta sulla rivalutazione al 100% degli assegni fino a 2.600 euro, che il testo della finanziaria garantisce solo per gli importi sotto i 2.100. Il governo non riesce ad accontentare la propria maggioranza, e con le opposizioni i rapporti sono ai minimi termini.
Il Pd è restio a comprimere i propri emendamenti, il Terzo polo aspetta una risposta sulle proposte avanzate a Meloni nell'incontro di Palazzo Chigi, e il M5S è sulle barricate per il reddito di cittadinanza. L'esecutivo stasera alle 18 depositerà un maxiemendamento che la commissione dovrebbe votare nel fine settimana. Se non si chiude entro lunedì potrebbe slittare l'aula programmata per martedì 20.
E se Montecitorio non approva la manovra entro il 23, l'esecutivo rischia di trascinare il dibattito in Senato fino al 31 dicembre. «Tutti i parlamentari della commissione sono d'accordo sull'idea di rispettare i tempi per evitare l'esercizio provvisorio», sostiene Pella, ma il pericolo c'è e non è nuovo, ogni anno si ripete la stessa storia. «La maggioranza si fa auto ostruzionismo, vuole negoziare gli emendamenti con il governo», evidenzia Claudio Mancini del Pd che aggiunge: «Il paradosso è che noi siamo responsabili e chiediamo un calendario che consenta al Parlamento di discutere, mentre la maggioranza si sottrae».