Mario Luzzatto Fegiz per corriere.it
Una «Turandot» in cinese riscritta da Pasquale Panella e Riccardo Cocciante. Un progetto presentato con una conferenza stampa nella città proibita di Pechino, poco prima che scoppiasse l’epidemia. «Una catastrofe evitata per un soffio un attimo prima che la macchina produttiva e promozionale si mettesse in moto».
Così racconta Riccardo Cocciante da Dublino, città in cui vive da 20 anni con la moglie Cathy e dove ha allevato il figlio David che ora ha 30 anni e vive a New York dove si occupa con successo di arti grafiche, («Una passione che aveva fin da ragazzo» spiega Riccardo).
«In Cina — racconta Cocciante — dopo la prima di “Notre Dame” l’organizzatore mi chiese se ero disposto a scrivere un’opera per la Cina e/o sulla Cina. Così incominciai a lavorare con Pasquale Panella sul personaggio di Marco Polo. Ma il tentativo fallì. Quando comunicammo ai cinesi che gettavamo la spugna quelli replicarono: e perché non provate a riscrivere “Turandot”? Io ero perplesso visto che “Turandot” l’aveva scritta un geniale connazionale come Puccini.
Poi mi ricordai che molte opere hanno più versioni come “Faust” o “Boheme”. E così ci mettemmo al lavoro. Nella nostra riscrittura vi sono elementi che non si trovano nella musica di Puccini. La nostra “Turandot” è fredda, rifiuta l’uomo in tutti sensi perché traumatizzata da una violenza cui ha assistito da bambina. La sua aggressività è comprensibile fin dall’inizio e si stempera quando poi finalmente finisce fra le braccia di Calaf. Insomma il racconto di una metamorfosi sentimentale. Ora aspettiamo solo di aver campo libero dal virus».
Come nasce il suo amore per la musica?
«Io vengo da una famiglia di melomani. Mia zia suonava il pianoforte e il melodramma è la musica con cui mi sono nutrito fin da bambino. Ero innamorato del “Barbiere di Siviglia”, adoravo la leggerezza di Rossini, la sua capacità di essere divertente e scanzonato. E poi amavo anche le opere francesi come “Faust”.
Con la mia famiglia sono vissuto a Saigon fino all’età di 11 anni e non parlavo una parola di italiano. I miei idoli erano Becaud, Aznavour, Leo Ferrè. Arrivo in Italia a 11 anni e all’inizio mi trovo a disagio. Il mondo musicale italiano mi sembra ostile. Ma ci metto poco a cominciare ad apprezzarla soprattutto guardando la tv e i festival di Sanremo. Poi capisco di essere un artista che ha una doppia cultura, italiana e francese e decido che devo sfruttare l’alchimia dell’incrocio fra due culture».
Riccardo Vincent Cocciante è nato a Saigon (Ho Chi Minh), in Vietnam, il 20 febbraio 1946 sotto il segno dei Pesci. Figlio di un italiano originario di Rocca di Mezzo, in Abruzzo, e di una donna francese, emigra a 11 con la famiglia Roma, dove frequenta il Licyée Chateubriand. Entra nel giro dei cantautori nella comunità artistica «Il cenacolo» creato da Ennio Melis gran capo della RCA e fa amicizia sopratutto con Rino Gaetano. Fondamentale il suo rapporto con Ennio Morricone che arrangia molte delle sue canzoni. Cocciante nel 1983 si è sposato con Catherine Boutet, attrice che lo segue ancora oggi nella sua carriera e con cui nel settembre del 1990 ha avuto un figlio, David.
L’incontro con sua moglie?
«Casuale. Cathy faceva l’attrice ed era in partenza per gli Stati uniti dove era attesa in una scuola di New York. Ma Cathy, che si trovava a Roma per salutare una sorella, decise dopo il nostro incontro di non partire per stare con me. Nel 2022 celebriamo 50 anni di lavoro assieme. E non ha mai recriminato sulla scelta di lasciare il teatro per me».
Il prossimo anno lei festeggerà 50 anni di carriera.
«Si. Io ho avuto la fortuna di avere due filoni artistici diversi uno dall’altro: le canzoni e la musica popolare da una parte, le opere più complesse come “Notre Dame de Paris”, “Giulietta e Romeo” e “Il piccolo principe”. Ogni volta che scrivevo una melodia capivo a quale dei due filoni musicali fosse più adatta. Questo salvadanaio di musiche si è rivelato molto utile per “Notre dame”. Celebrerò il 50 anni con dischi in varie lingue e con concerti dal vivo in cui Cocciante canta Cocciante».
Perché vive in Irlanda? Per ragioni fiscali?
«No. L’amore per questo paese è nato venticinque di anni fa. Dall’incontro con l’autore di “Riverdance”, il musicista irlandese Bill Whelan. Una musicalità, un uso particolare delle percussioni che mi hanno influenzato negli arrangiamenti delle canzoni di “Notre Dame”. Ho trovato in Irlanda un popolo gioviale che assapora la libertà e l’indipendenza. Con tutti i pregi dell’Europa ma senza i difetti. Poi in Irlanda c’è musica dappertutto e si combinano elettronica e musica tradizionale. Un paese che ha uno strumento musicale (arpa celtica) perfino nella sua bandiera».
Altri Progetti?
«”Notre Dame” si è replicata fino al 31 dicembre in Corea. Interrotta per il virus, riprenderà in autunno. In Italia avrà lo stesso cast: confermato Giò di Tonno (Quasimodo), mentre Elhaida Dani, che ha partecipato alla prima edizione di The Voice of Italy proprio nella mia squadra, sarà Esmeralda».
riccardo cocciante a sanremo 2019
Come spiega la longevità e il successo di Notre Dame?
«È qualcosa di attuale. È facilmente comprensibile e ha delle canzoni vere e proprie. In ogni Paese ho degli autori locali che mi supportano. Io ho creato con Luc Plamondon qualcosa di diverso dalla commedia musicale con alcune caratteristiche peculiari: anzitutto niente recitati, ma solo canto dall’inizio alla fine; poi un soggetto tragico senza il lieto fine che nei musical è obbligo. In “Notre Dame” l’artista deve cantare con l’anima e non solo con la voce. Con protagonisti che devono essere prima di tutto cantanti e poi attori».
E «Giulietta e Romeo»?
«È stata bloccata da noi perché non mi piaceva la messa in scena. E un’opera che col tempo verrà capita. Tornerà un scena appena possibile. Intanto la critica francese chiede di rivedere “Il piccolo principe”».
riccardo cocciante a sanremo 2019 1
Chi è Cocciante che il 20 febbraio compirà 75 anni?
«Io sono un artista che non è catalogabile. Scrivo e pubblico quando lo sento. Io non rinnego “Bella senz’anima” che ha la stessa dignità dell’opera popolare “Notre Dame” che non è pomposa, ha belle canzoni difficili da cantare ma facili da comprendere. Io amo non essere complicato. Ogni epoca della vita esprime uno stile. Io ho cominciato puntando sull’irruenza espressiva».
Come nasce la collaborazione con Pasquale Panella?
riccardo cocciante a sanremo 2019 2
«Semplice. Mi ha telefonato e mi ha detto: voglio scrivere la versione italiana di “Notre dame”. Io rimasi perplesso pensando agli ermetici versi che aveva composto per Battisti. E invece si è mosso con efficacia considerato che il francese è pieno di tronche. Deduco che proporre testi criptici per Battisti fu una scelta perché non era facile succedere a Mogol».
Come nascono le belle canzoni?
«È un mistero. Si fanno cose belle, meno belle e poi arriva un gioiello imprevisto come “Bella” di “Notre Dame”, “Margherita” o “Questione di Feeling” con Mina. A volte basta un nonnulla per cambiare il destino di un brano. Una tonalità, un dettaglio».
Chi sono gli artisti?
«Dei perfetti-difettosi che trasformano i difetti in pregi. La nostra imperfezione ci rende unici e non omologabili».
Qual è la svolta più importante della sua storia artistica?
«La svolta più importante è stata quella di smettere di nascondermi dietro al pianoforte, e andare al centro della scena».
Cosa pensa dei talent show?
«Nonostante io abbia una certa esperienza in fatto di provini non mi sono trovato bene nel ruolo di giudice. Non puoi decidere in pochi secondi. E poi è una fabbrica di illusioni».
Saigon Roma Milano e adesso Dublino...
«Io, nato al sole dei tropici, vissuto a Roma, amante del sole e del chiaro di luna, ho un approccio difficile con Milano. Eppure Milano, pur essendo buia, è culturalmente vivace. I romani sono pretenziosi, a Milano c’è più calore nella gente nel pubblico. Memorabili le serate allo Smeraldo. Ma io sono freddoloso e penso sempre Milano Buia».
Cosa rimprovera all’Italia?
«La poca attenzione al suo passato recente. Van bene le pietre del Colosseo, ma un museo su Cinecittà sarebbe un ottima idea».
Cosa fa Cocciante nel tempo libero?
«Mi alzo molto presto la mattina. Compongo e vado a dormire prestissimo. È la prima volta nella mia vita che non giro il mondo e rimango fisso in un posto. A tu per tu col fidato pianoforte».
Lei canta e scrive ispirandosi al presente. Qual è il messaggio della sua «Romeo e Giulietta»?
«Domina il contrasto fra l’odio di branco e l’amore dei due giovani. Montecchi e Capuleti che non son famiglie ma bande. Anche il buonsenso di qualche singolo viene travolto dall’odio. Le loro feste sono grevi, come dire disordinatamente medievali... Due clan che si affrontano per stupidaggini con conseguenze gravissime. E ciascuno crede di aver ragione. Il messaggio è: l’amore vero, l’amore puro, che nasce e cresce fregandosene delle regole è un fatto fortemente destabilizzante. Finisce per essere giudicato eversivo. Solo la tragedia di questi due amanti può forse ricondurre i violenti alla ragione».
Titoli di coda...
«Grazie ai miei coautori che non creano ornamenti per la musica ma qualcosa che la valorizza: Marco Luberti, Paolo Cassella, Mogol, Gaio Chiocchio e naturalmente Pasquale Panella con il quale vedo un futuro molto creativo».
RICCARDO COCCIANTE PASQUALE PANELLA PASQUALE PANELLA - FOTO DI MARCELLINO RADOGNA RICCARDO COCCIANTE RINO GAETANO E RICCARDO COCCIANTE RICCARDO COCCIANTE RICCARDO COCCIANTE antonello venditti, francesco de gregori e riccardo cocciante giudici the voice italia noemi cocciante carra pelu antonello venditti, simona izzo, francesco de gregori e riccardo cocciante RICCARDO COCCIANTE RICCARDO COCCIANTE