RENZI APRIRÀ LE OSTILITÀ, POI IL PD SI ACCODERÀ NELL'ATTACCARE CONTE
Dagospia, 26 novembre 2020
«COLLEGIALITÀ O TUTTO È DIFFICILE» E ZINGARETTI STOPPA IL PIANO DI CONTE
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
Un pezzo di verità la racconta Matteo Richetti quando dice che «sul Mes la discussione è finta». Già, con una risoluzione di ben 14 cartelle la questione è stata (più o meno) risolta. È sul Recovery plan che la maggioranza sta vivendo una drammatica crisi. E raccontarla come l' ennesimo braccio di ferro tra Renzi e Conte sarebbe semplicistico.
Di certo arricchirebbe l' aneddotica di palazzo ma non fotograferebbe la realtà di ciò che sta accadendo tra i partiti della maggioranza e Conte.
La verità è che anche nel Pd la pensano come il leader di Italia viva, anche se preferiscono un atteggiamento più cauto. Dice infatti Nicola Zingaretti: «Ci vuole una maggiore collegialità nelle decisioni o tutto diventa più difficile».
Non a caso ieri al Senato dai banchi pd sono giunti applausi a Renzi che attaccava Conte sul Recovery. Ha battuto le mani persino Luigi Zanda.
E Nicola Zingaretti, che ha modi assai diversi da Renzi e che ama tenere un basso profilo, quando ha saputo che il premier aveva intenzione di tenere un Consiglio dei ministri sul Recovery fund ieri sera, ha avuto un sussulto. Al cellulare con Franceschini ha voluto dare i suoi consigli a Conte: «Quella riunione non va fatta.
Sancirebbe di sicuro una frattura e il premier non può andare a un Eurosummit così importante sull' onda di una rottura. Questo indebolirebbe la posizione dell' Italia». Il suggerimento è stato riferito a chi di dovere e il premier ha capito che senza l' appoggio del Pd non sarebbe andato da nessuna parte. Eppure giusto l' altro ieri da Palazzo Chigi filtrava non solo la notizia del prossimo Consiglio dei ministri ma anche la bozza che disegna la governance del Recovery.
La riunione perciò non si è tenuta, in attesa che dalle trattative emerga un compromesso. Nel Pd si pensava a una mediazione che potesse salvare la faccia sia a Conte che a Renzi. Consisteva nel cancellare i «poteri sostitutivi», cioè la possibilità per i manager della task force ideata dal premier di prendere le decisioni al posto dei ministri. Ma il leader di Iv intende salvare la faccia in altro modo e questa mediazione non gli basta. Al Pd, con il fiato sospeso aspettano le sue prossime mosse. Nella sostanza nessuno gli dà torto.
«Pone un problema vero, è mai possibile che Conte abbia pensato di poter accentrare tutto, di non passare per una discussione con i leader della sua maggioranza e di far arrivare le sue decisioni ai ministri all' ultimo minuto?», dicono dal Partito democratico.
Domanda retorica secondo qualcuno dentro Italia viva.
Una parte di Iv, infatti, è convinta che «la tecnostruttura che Conte vuole mettere alla guida del Recovery gli servirà come squadra per il lancio del suo partito».
Fantapolitica? Probabilmente, ma il fatto che sul presidente del Consiglio si addensino tutti questi sospetti la dice lunga sul clima che ormai si respira dentro la maggioranza.
C' è Graziano Delrio che ammonisce il premier perché esautora poteri che già ci sono. E c' è Debora Serracchiani che dichiara senza troppi giri di parole che «Conte non può decidere tutto da solo». Insomma, lo scontro a cui si sta assistendo è tra il premier e la sua maggioranza. «Non è la prima volta che accade e quando un presidente del Consiglio un partito ancora non ce l' ha difficilmente la spunta, anche perché non potrà avere l' avallo del capo dello Stato su un' operazione che esautora il Parlamento e le altre istituzioni», dicono dalle parti di Italia viva.
Ora la palla è a Conte. Già ha fatto marcia indietro una volta, di fronte al fuoco di sbarramento di Renzi, rinunciando a trasformare il suo progetto per il Recovery in un emendamento alla legge di Bilancio.
giuseppe conte graziano delrio
Ora dovrà decidere il prossimo passo, ben sapendo che anche gli altri alleati, pur avendo tutto l' interesse a trovare una mediazione, questa volta non saranno tanto mansueti.