1. GRILLO, VISITA TOP SECRET NELL'AMBASCIATA CINESE
Jacopo Iacoboni per ''La Stampa''
Come sempre, quando viene scoperto, Grillo prova a buttarla in spettacolo: così, ieri, ha scritto sui social che la sua visita venerdì all’ambasciatore cinese Li Junhua è stata una cosa di amicizia, «gli ho portato del pesto e gli ho detto che se gli piacerà dovrà avvisarmi in tempo perché sarei in grado di spedirne una tonnellata alla settimana, sia con aglio che senza, per incoraggiare gli scambi economici». La realtà è molto più seria; e forse non fa ridere.
Beppe Grillo con l ambasciatore cinese Li Junhua
Partiti da Mosca, i 5 stelle sono ormai stabilmente nell’orbita geopolitica di Pechino. Grillo pubblica sul suo blog testi che negano la repressione contro gli uiguri e descrivono la Cina (e lo Xinjiang) come un Paradiso nei diritti umani. Il ministro degli esteri Luigi Di Maio si rifiuta di dire una parola sulla repressione a Hong Kong. E venerdì sera, la discesa a Roma del comico - salutata dal Pd come evento per puntellare Conte e ridimensionare proprio Di Maio - era in realtà dettata da un appuntamento ai Parioli: all’ambasciata cinese, dove Grillo è stato per due ore e mezzo.
Non è chiaro in quale veste Grillo tenga incontri di questo genere. Né si conoscono i dettagli della cena e delle conversazioni. Quel che è certo è che da tempo il Movimento di Casaleggio ha consolidato una relazione fortissima con Pechino (in realtà già nel 2013 il primo ambasciatore che Grillo e Gianroberto Casaleggio andarono a visitare dopo il boom elettorale fu il cinese Ding Wei). Di Maio un anno fa ha firmato il celebre memorandum sulla Via della Seta, che ha prodotto forti fastidi negli Stati Uniti, ma in un anno ha portato ben poco di concreto all’Italia (al contrario Macron, senza firmare memorandum, ha incassato 40 lucrosi contratti bilaterali Francia-Cina).
Il governo Conte1 aveva creato una corsia preferenziale per Huawei nella costruzione dell’infrastruttura per il 5G in Italia, e sembrava che il Conte2 - con il decreto cyber, che è stato il suo primo atto - volesse frenare, almeno su questo riallineandosi a Occidente. Macché: la versione definitiva, grazie a un costante lavoro di modifiche dei parlamentari 5S, «non ha affatto contrariato Huawei», ci racconta una fonte che ha seguito il negoziato, e notato la presenza di lobbisti cinesi nel Palazzo.
thomas miao con virginia raggi all'inaugurazione del nuovo ufficio huawei di roma
Nei giorni in cui in aula i grillini chiedevano (favoriti dal Pd e ostacolati solo da Fratelli d’Italia) di tagliar corto la discussione generale sul testo, cioè di blindarlo, il ceo di Huawei Italia, Thomas Miao, accettava di inaugurare la convention milanese organizzata dalla Casaleggio associati sul 5G. Lieve conflitto d’interessi?
Il premier Conte, pochi giorni fa, parlando alle assise delle aziende italiane nel comparto dell’intelligence, sul 5G è stato chiarissimo: «Le porte non sono spalancate a priori per nessuno, e non sono pregiudizialmente chiuse per nessuno». Grande gioia al quartier generale di Huawei, perché le porte - così avevano capito gli americani a fine agosto - dovevano invece esser assai più chiuse ai cinesi.
2. SE BEPPE VUOLE VENDERE IL PAESE ALLA CINA
Marco Gervasoni per “il Giornale”
In Italia durante la guerra fredda abbiamo avuto il partito americano e quello sovietico. Poi nella seconda Repubblica si sono aggiunti quello tedesco e, più di recente, quello russo e quello francese. Il partito dello straniero è composto da esponenti politici italiani molto sensibili agli interessi di altri paesi: il legame tra il Pd e la Francia a partire dalla presidenza Macron è quasi un caso da manuale.
Non era ancora visibile invece un partito cinese. Qualche sospetto l' avevamo ma ora è lampante, dopo la doppia lunga visita, di venerdì e di sabato, di Grillo all' ambasciata cinese: prima e dopo avere incontrato Di Maio. Sul blog del comico il regime è sempre stato trattato con un occhio di riguardo, ma negli ultimi tempi, anche in occasione della rivolta di Hong Kong, il fondatore e, pare, capo dei 5 stelle, ha assicurato che in Cina «non c' è persecuzione»; e del resto in visita lì Di Maio ha avallato questa versione.
Quanto al loro partito, al governo, sia nella versione Conte che in quella Giuseppi, hanno sempre ben più che aperto alla Cina, dal 5G in giù. È quindi molto probabile, tanto più che Grillo formalmente non detiene incarichi politici, che una tale rilevanza diplomatica sia un riconoscimento di Pechino ai 5 stelle come alleati della sinistra. E neanche implicito: tanta visibilità non è comune, da parte cinese, sempre molto discreta nei suoi endorsement.
Numerosi sono gli obiettivi di questa benevolenza del Dragone verso il matrimonio tra Pd e 5 stelle: dall' avere un governo, che potrebbe anche non essere più guidato da Conte, favorevole sul 5G, all' apertura dei porti, non quelli degli immigrati ma quelli commerciali, fino alla partecipazione di capitali cinesi nelle imprese in crisi: sull' ex Ilva si è ventilato nei giorni scorsi un interesse cinese.
Ma l' obiettivo più importante è quello di trasformare l' Italia nel paese Ue più filocinese, magari portando al Quirinale l' esponente politico da sempre più vicino a Pechino: Romano Prodi. Sarebbe uno scenario catastrofico. E ci chiediamo se agli Usa, e a Trump in particolare, aggradi che il suo nemico principale si mangi l' Italia. Non lo vogliamo credere.
Tutti lo dimenticano, infatti, ma la Cina è un regime dispotico, anzi, come scrive il politologo inglese Stein Ringen in un volume fondamentale del 2016, «una dittatura perfetta». Generosa nell' aiutare finanziariamente gli amici, ma piuttosto esigente poi nel controllarli: chiedere ai paesi africani ma anche all' Australia, in cui la penetrazione cinese è arrivata fino al parlamento. Certo, la Cina, in perfetto stile neo-colonialista, non chiede che i regimi aiutati imitino il suo modello politico ed economico: ma devono essergli fedeli, e qualsiasi scostamento non è consentito.
Va bene che, usciti sconfitti dalla seconda guerra mondiale, abbiamo coltivato «cupidigia di servilismo», come disse il grande vecchio liberale Vittorio Emanuele Orlando votando contro la Nato nel 1947. Ma un conto è «servire» una democrazia fondata sul culto della libertà, gli Stati Uniti, un altro un paese che è una dittatura comunista. In forme diverse rispetto al 1948, ci troviamo perciò di fronte a una nuova scelta: o restare agganciati agli Usa e all' Occidente, benché meno interessati di un tempo a noi, oppure fare abbeverare, per usare l' immagine di allora, non i cosacchi ma i cavalli cinesi nelle fontane di San Pietro.
Se prevarrà il blocco pd-grillino favorevole alla Cina, che vuole Dario Franceschini a Palazzo Chigi subito e Prodi al Quirinale, il destino nazionale sarà segnato.
il presidente cinese xi jinping, il ministro degli esteri wang yi, il vicepremier di maio e il premier conte conte xi jinping GIUSEPPE CONTE XI JINPING BY OSHO