1. UN NUOVO DECRETO DA 50 MILIARDI CONTE APRE AL MES E ACCUSA L'UE
Fabio Martini per “la Stampa”
Alle tre del pomeriggio, nella veneranda aula di palazzo Madama, il presidente del Consiglio dei ministri riappare in pubblico dopo 11 giorni di silenzio - tanti per la sua indole - e davanti a senatori distanziati ma focosissimi per la diretta tv, Giuseppe Conte parla per 40 minuti, durante i quali, oltre a confermare che il «decreto aprile» avrà un valore di 50 miliardi, sciorina almeno due aperture che potrebbero rivelarsi foriere di notevoli conseguenze.
Anzitutto su quello che il capo del governo definisce «l' ormai strafamoso Mes», il fondo Salva-Stati che nel passato è stato concesso con pesanti condizioni, ora venute meno e che divide il fronte politico. Conte, dopo settimane di «Eurobond o niente», ora fa capire - ed è una novità - che sul Mes non ci sarà un rigetto pregiudiziale italiano: «La mia posizione è di assoluta cautela» e d' altra parte la Spagna, uno dei Paesi alleati dell' Italia, «ha dichiarato da subito di essere interessata al Mes» e dunque «rifiutare la nuova linea di credito significherebbe fare un torto ai Paesi che intendono usufruirne».
E, sia pure tortuosamente Conte ha concluso: «Sono io il primo a dire che bisognerà valutare attentamente i dettagli dell' accordo». Come dire: senza condizionalità si può fare. L' obiettivo strategico del governo restano gli eurobond, nella declinazione più realistica di un Recovery fund, che possa finanziare progetti comuni di interesse europeo, avviando un piano di ricostruzione fondato sugli investimenti e la sostenibilità ambientale. E Conte ha fatto capire di essere favorevole a una strada che passi attraverso il bilancio europeo, ovvero con il fondo di solidarietà gestito direttamente dalla Commissione Ue, spiegando pragmaticamente: «A noi interessa portare a casa un risultato, non rivendicare una primazia».
Dopo queste aperture, in conclusione del suo intervento Conte ha fatto la voce grossa: «La risposta complessiva europea non si è ancora configurata di livello adeguato ed è per questa ragione che non potrò accettare un compromesso al ribasso». Ma alla luce di quel che sta maturando dietro le quinte e delle novità emerse nell' intervento di Conte, si sta delineando un progressivo aggiustamento della linea del governo: sì a un Mes, purché senza condizionalità e al tempo stesso battaglia per i Recovery bond, sui quali una decisione - come sanno gli addetti ai lavori - non arriverà prima del Consiglio europeo di giugno.
Alla vigilia di un importante Consiglio europeo, il capo del governo ha preferito l' insolita procedura dell' informativa («sulle iniziative del governo per fronteggiare l' emergenza Covid-19») che in entrambi i rami parlamentari ha consentito di non votare, evitando di testare la perdurante divisione nella maggioranza sul rapporto con l' Unione europea. Ne ha risentito il tono della discussione nel corso della quale gli interventi dell' opposizione, «costretti» a non manifestare il proprio dissenso nel voto, si sono espressi con epiteti roboanti, come quando il senatore della Lega Alberto Bagnai è arrivato a individuare «una vocazione totalitaria» nel pacato Pd di questi tempi.
roberto gualtieri alberto bagnai
Ma in assenza di quasi tutti i leader, il presidente del Consiglio si è preso tutti i riflettori. Con un discorso più breve dei suoi soliti, ha continuato a descrivere le scelte più importanti parlando quasi sempre in prima persona, ma ringraziando i parlamentari di maggioranza e offrendo disponibilità al confronto con le opposizioni, che peraltro hanno molto rumoreggiato a una mano tesa interpretata come una presa in giro. Per una ragione che Giorgia Meloni ha ben spiegato: Conte ha preso l' abitudine di presentarsi in Parlamento per spiegare quel che ha già fatto, non quel che intende fare. Il premier ha parlato anche delle misure sul coronavirus, confermano le anticipazioni sulle prossime misure (un nuovo decreto legge, con un' iniezione di 50 miliardi di euro, con una richiesta di scostamento di bilancio, «con intervento complessivo non inferiore a 75 miliardi»); ha confermato che mascherine e distanze proseguiranno fino alla diffusione del vaccino.
andrea marcucci matteo renzi 1
Mentre ha fatto capire come si strutturerà la fase 2, segnata probabilmente da una sorta di stop and go: «Stiamo elaborando un programma di progressive aperture che sia omogeneo su base nazionale», ma tenendo sotto controllo la curva del contagio «in modo da intervenire - se del caso anche successivamente - laddove questa si innalzi nuovamente oltre una certa soglia». Come dire: dobbiamo abituarci a riaprire e chiudere in zone limitate, come nuove zone rosse a tempo. E quanto alla app Immuni che negli ultimi giorni aveva suscitato perplessità, Conte ha puntualizzato: «L' applicazione sarà offerta su base volontaria e non obbligatoria. Chi non vorrà scaricarla non subirà limitazione dei movimenti o altri pregiudizi».
2 - SENATORI PD CRITICI CON IL PREMIER MENTRE I GRILLINI LO SOSTENGONO
Federico Capurso per “la Stampa”
A poche ore dall' apertura delle delicate trattative a Bruxelles, la maionese è impazzita tra le mani di Giuseppe Conte. Se da una parte i Cinque stelle, dopo le fibrillazioni provocate da Alessandro Di Battista, tornano a far quadrato intorno al premier, dall' altra i senatori del Pd si riuniscono a mezzogiorno a palazzo Madama e per la prima volta dall' inizio della legislatura muovono apertamente critiche alla gestione di Conte, in Europa e nel Paese. Poco dopo, a Bruxelles, una truppa di grillini contrari al Mes minaccia la scissione, confermando l' indole tutta pentastellata a non lasciare il cielo sereno per più di mezza giornata.
paola de micheli paolo gentiloni nicola zingaretti andrea marcucci graziano delrio 2
A preoccupare il premier, però, sono soprattutto i senatori Dem che fino a ieri avevano espresso una posizione quasi fideistica nei suoi confronti. Il capogruppo dei senatori Pd, Andrea Marcucci, lo definisce «un dibattito approfondito e aperto». E poi, aggiunge, «voglio sottolineare con forza che la fiducia a Conte non è mai stata messa in discussione da nessuno».
La fiducia no, ma il suo operato è stato ampiamente contestato. Erano presenti, oltre a Marcucci, tutti i big di palazzo Madama, da Luigi Zanda a Roberta Pinotti, fino a Valeria Fedeli, e per una volta le varie anime del partito si sono trovate sulla stessa linea. Non piace l' insistenza «con il paraocchi» sui coronabond, «ci sono anche altri strumenti», fa notare chi ha partecipato all' assemblea. E al di là della questione del Mes, sulla quale si vorrebbe vedere «un' apertura più coraggiosa», i senatori sono «davvero preoccupati per l' affievolimento della posizione europeista e filo atlantica dell' Italia, causata soprattutto dall' attività del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio e dei suoi rapporti con la Cina».
Sul banco degli imputati sono finite anche le task force chiamate dal premier e la confusione che si sta generando nell' affrontare la ripartenza. Punto, quest' ultimo, sul quale i senatori hanno raccolto le perplessità espresse da giorni da alcuni amministratori di peso del Pd, come Beppe Sala, Dario Nardella e Antonio Decaro.
Conte non può quindi tirare il fiato per la calma riportata in seno alle truppe parlamentari del M5S. La pattuglia di Alessandro Di Battista sembrava gonfiarsi nei numeri, passando in due giorni da 13 a 49 eletti sottoscrittori del suo post su Facebook contro le nomine per le grandi partecipate di Stato, ma di fronte al pericolo per la stabilità dell' esecutivo e la trattativa europea, la fronda si è sgonfiata in pochi minuti.
«C' è stato un equivoco», «non è una corrente», «del Mes possiamo discutere»: in tanti, quasi tutti, reagiscono così a chi chiede se il passo in avanti fatto dall' ex deputato romano possa tradursi in una spaccatura anti-Pd e anti-Europa. Una marcia indietro generale. I nomi più pesanti, tra chi abbandona la barca "Dibba", sono quelli di tre senatori, che pesano negli equilibri della maggioranza: Nicola Morra e Vincenzo Santangelo, che sono corsi ai ripari schierandosi con il premier, e Iunio Valerio Romano, che ha ritirato il post dalla sua pagina Facebook.
Si ammette, anzi, che sul fondo legato al Mes, che permetterebbe all' Italia di coprire 36 miliardi di spese sanitarie, ci sono «ampi spiragli». La strada per l' inversione a U del M5S, come anticipato negli scorsi giorni, è già tracciata. Si dovranno attendere le modifiche al regolamento del Meccanismo europeo di stabilità, per verificare che non ci siano condizionalità nella «nuova linea di credito», come l' ha definita Conte, e una volta reso chiaro che non avrà nulla a che fare con «il vecchio Mes», arriverà il via libera. Di Battista può però contare sull' europarlamentare Ignazio Corrao. È lui ad aver scritto il post sulle nomine poi pubblicato da "Dibba".
E lì, a Bruxelles, tira una brutta aria. Corrao rischia di essere sospeso. Insieme a lui, altri tre europarlamentari, Piernicola Pedicini, Eleonora Evi e Rosa D' Amato, colpevoli di aver votato in modo diverso rispetto alla delegazione M5S, proprio perché intransigenti nella loro battaglia contro il Mes. E dopo quanto successo, Pedicini ammette: «Una scissione è un rischio reale».