CONDIVIDIAMO REGOLE E MONETA, PERCHE' NON I SOLDATI? - DOPO DUE ANNI DI NEGOZIATI, L'UNIONE EUROPEA ABBOZZA UNA DIFESA COMUNE CHE PREVEDE ANCHE LA CREAZIONE DI UNA FORZA DI DISPIEGAMENTO RAPIDA COMPOSTA DA 5 MILA UOMINI - L'ALTO RAPPRESENTANTE BORRELL METTE LE MANI AVANTI PER NON IRRITARE WASHINGTON: "NON VOGLIAMO CREARE UN ESERCITO EUROPEO, LA NATO RESTA INDISPENSABILE" - SULLE NUOVE SANZIONI MANCA L'UNANIMITÀ: LO STOP ALL'ACQUISTO DI GAS RUSSO È ANCORA LONTANO, MA IERI DIVERSI GOVERNI HANNO INSISTITO PER BLOCCARE ALMENO L'IMPORT DI PETROLIO E CARBONE..

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esercito europeo esercito europeo

Marco Bresolin per “la Stampa”

 

Dopo due anni di negoziati e quattro diverse versioni del documento, l'Unione europea ha finalmente adottato la sua Bussola strategica, il piano per la Difesa comune che prevede - tra le altre cose - la creazione di una forza di dispiegamento rapida composta da 5 mila uomini. «Ma non vogliamo creare un esercito europeo», ha subito messo le mani avanti l'Alto Rappresentante Josep Borrell, sottolineando che «la Nato resta la pietra angolare della Difesa in Europa».

 

josep borrell antonio costa emmanuel macron josep borrell antonio costa emmanuel macron

Ancor di più alla luce dell'invasione russa in Ucraina, tanto che nell'ultima versione del documento il ruolo dell'Alleanza atlantica è ritornato centrale. Un riposizionamento in netta controtendenza con il pensiero dominante nel novembre del 2019, quando Emmanuel Macron aveva rilanciato l'Europa della Difesa definendo la Nato «in stato di morte cerebrale». All'epoca alla Casa Bianca c'era Donald Trump e l'Ue si era trovata a fare i conti con un'alleanza transatlantica svuotata.

 

un soldato tedesco abbraccia ursula von der leyen un soldato tedesco abbraccia ursula von der leyen

Con Joe Biden le cose sono cambiate, tanto che la Bussola definisce gli Stati Uniti «il partner strategico più fedele e importante dell'Ue», oltre che «una potenza globale che contribuisce alla pace, alla sicurezza, alla stabilità e alla democrazia del nostro continente». L'asse con la nuova amministrazione americana, soprattutto sul dossier ucraino, è forte: ieri è stato confermato nel corso della call tra i principali leader europei e Joe Biden, giovedì verrà rinsaldato quando il presidente americano siederà per la prima volta al tavolo del Consiglio europeo.

 

In quell'occasione i leader Ue daranno il via libera definitivo alla seconda tranche da 500 milioni di euro per finanziare l'invio di armi all'Ucraina: la questione, già discussa dieci giorni fa a Versailles, ha ricevuto ieri il sostegno unanime dei ministri degli Esteri Ue. La Bussola strategica mette inoltre nero su bianco l'impegno degli Stati ad aumentare le spese per gli investimenti nella Difesa, tema su cui gli Usa spingono da tempo: oggi - ha ricordato Borrell - l'Ue spende 200 miliardi di euro l'anno, pari all'1,5% del Pil: «Bisogna spendere di più e meglio».

joe biden emmanuel macron 2 joe biden emmanuel macron 2

 

Ma c'è un punto sul quale Stati Uniti e Unione europea non sono ancora perfettamente allineati: l'inclusione del settore energetico nelle sanzioni alla Russia. Washington - che non ha molto da perdere - ha già fatto questo passo, mentre il Vecchio Continente continua a esitare perché teme contraccolpi economici difficili da gestire. Lo stop all'acquisto di gas è ancora decisamente lontano, ma ieri diversi governi hanno insistito per bloccare l'import di petrolio e carbone.

ursula von der leyen tra i soldati ursula von der leyen tra i soldati

 

«Arrivati a questo punto è difficile continuare a difendere il "no" alle sanzioni nel settore energetico, in particolare per quanto riguarda petrolio e carbone», ha detto Simon Coveney, ministro degli Esteri irlandese, arrivando a Bruxelles per la riunione del Consiglio Ue. La motivazione l'ha data il suo collega lituano Gabrielius Landsbergis: «Petrolio e carbone rappresentano un'importante fonte d'entrata per la Russia, mentre per noi si tratta di fonti facilmente sostituibili».

 

ANNALENA BAERBOCK LUIGI DI MAIO ANNALENA BAERBOCK LUIGI DI MAIO

Ma l'unanimità ancora non c'è. La Germania ha ribadito la necessità di "accelerare" l'uscita dalla dipendenza energetica dalla Russia, anche se - come ha sottolineato la ministra Annalena Baerbock - questo va fatto "gradualmente", dunque non all'improvviso. L'Ungheria ha detto chiaramente che non darà mai il suo via libera a sanzioni che «possano mettere a repentaglio la nostra sicurezza energetica» ed è dunque pronta al veto. Più aperturista l'Italia: il ministro Luigi Di Maio ha assicurato che Roma «non pone veti» e che per questo sta accelerando la diversificazione degli approvvigionamenti «per non farsi trovare impreparata in caso di eventuali ricatti da parte della Russia».

 

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