Riceviamo e pubblichiamo dallo staff di Luigi Di Maio:
Il ministro DI Maio prende totalmente le distanze dall'interpretazione che Dagospia dà alle sue parole, rilasciate oggi in una intervista al quotidiano La Repubblica.
Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Ministro Luigi Di Maio, come giudica l'accordo sul Recovery Fund?
«È un accordo che mette al centro il futuro delle giovani generazioni e non gli interessi di qualche Stato. Di questo sono davvero contento. L'Europa era davanti a un bivio e ha scelto di rispondere. Ora tocca a noi dare le dovute risposte agli italiani attraverso un piano di riforme concreto e ambizioso».
Quali? Ne avete idea?
«Bisogna cogliere l'occasione per avviare una grande modernizzazione del Paese. Il governo ha le qualità per farlo, ma soprattutto ha la credibilità. Mi creda, non si tratta di un dettaglio, e lo stesso M5S sta dando dimostrazione di grande maturità. Ci definivano populisti quando non ci capivano, poi siamo andati al governo, abbiamo contribuito in modo determinante alla nomina della presidente von der Leyen. E si ricorda quanto fui attaccato? Ecco, quella scelta oggi la rivendico».
Fu attaccato, anche all'interno dei 5 stelle, per l'inversione a U.
«Fu una scelta di campo, una scelta di responsabilità che ha premiato. Il risultato ottenuto ci dimostra che la strada intrapresa crea stabilità e offre opportunità di crescita e di rilancio».
Di chi è il merito del successo a Bruxelles?
«Quando vinci una partita il merito è di tutta la squadra, anche di chi sta dietro le quinte. Il risultato è del collettivo, rappresentato dal presidente del Consiglio Conte che ha mostrato determinazione, si è battuto con tutta la delegazione italiana e il corpo diplomatico».
GILET GIALLI DI MAIO DI BATTISTA TONINELLI GRILLINI
La trattativa è stata dura anche perché parte dell'Europa non si fida di chi ha fatto riforme come Quota 100. Difende ancora quella legge?
«Se iniziamo a bacchettarci da soli prima ancora di confrontarci sulle riforme partiamo col piede sbagliato. Intanto pensiamo ai tempi, che sono un punto determinante. Le imprese e tutto il mondo produttivo chiedono una reazione a stretto giro, la nostra economia non può reggere i tempi della burocrazia europea. E poi c'è il tema del Patto di Stabilità».
È sospeso. Non pensa che dovremmo smettere di chiedere e metterci al lavoro per ripartire?
«Siamo già al lavoro per ripartire, ma è evidente a tutti che gli effetti della gravissima recessione in atto non possano essere nuovamente affrontati con le vecchie regole. Se portiamo avanti delle riforme investendo in alcuni comparti per tagliare su altri è inutile. La revisione del Patto di Stabilità o una proroga della sospensione è fondamentale».
Ennesima richiesta. Ma su cosa vogliamo investire?
«Non si tratta di richieste, ma di realismo, e per quanto riguarda l'Italia se non diminuiamo il carico fiscale i consumi non ripartono. Poi vanno incentivate le attività produttive che dalla pandemia hanno subito l'impatto maggiore. E bisogna attrezzarsi sul fronte sanitario, realizzare ospedali dove non ci sono, garantire assistenza alle fasce più deboli, creare opportunità per i più giovani. Vanno protetti i posti di lavoro».
Con i prestiti europei non possiamo ridurre le tasse.
«Quando parlo di riforma fiscale mi riferisco a qualcosa che serve al Paese, al di là della trattativa europea. Quanto al Recovery, penso che bisogna mettere in piedi dei progetti su digitalizzazione ed economia sostenibile legata alle imprese per permettere alle aziende italiane di agganciare le sfide globali. Digitalizzare completamente la pubblica amministrazione, riducendo i tempi di attesa per i cittadini. E creare asset comuni insieme ad altri Paesi: se in questo momento l'industria tedesca o francese avviano una conversione di tipo energetico, l'indotto di quelle aziende - che è in Italia - deve fare lo stesso. Sarebbe interessante poter coordinare i progetti da sviluppare».
Per la parte sanitaria cui ha accennato prima, basterebbe accedere al Mes, che non ha condizionalità a differenza del Recovery fund. Perché no?
«Il presidente Conte ha detto e confermato in queste ore che l'Italia non ne avrà bisogno. Non abbiamo motivo di dubitare delle sue parole».
Lei ha guidato e rappresenta ancora una forza politica che nel 2015 andò ad Atene a tifare contro l'Europa. Che ha organizzato banchetti per l'uscita dall'euro. Che è stata al Parlamento europeo insieme a Farage. E' cambiata la Ue o il Movimento 5 stelle?
«Sono passati 5 anni, il M5S è cresciuto, si è evoluto, ha imparato dagli errori. Lo trovo un percorso sano, che io stesso definii ufficialmente in occasione delle elezioni del 2018, quando sottolineai la nostra appartenenza ai valori euro-atlantici. E l'assoluta contrarietà ad uscire dall'Europa e dall'euro».
Quando ha lasciato la guida del M5S doveva cambiare tutto con un congresso e invece tutto si è cristallizzato con una reggenza e molte correnti. Non è arrivato il momento di decidere cosa siete?
«A oggi c'è un capo politico reggente che ha il compito di guidare il processo e va sostenuto. Certo, da attivista quale non ho mai smesso di essere penso sia opportuno rafforzare il nostro progetto, guardarci negli occhi e fare un ulteriore passo in avanti».
LUIGI DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO - PIETRO DETTORI
Avete già proposto di abolire il limite del secondo mandato per le sindache Appendino e Raggi. Lo abolirete anche per i parlamentari?
«Queste sono domande che deve fare a Crimi».
Che ruolo ha Rousseau in un Movimento così cambiato? Nessuna delle vostre decisioni passa più di lì.
«È una piattaforma di supporto alla realizzazione di idee e progetti, un luogo di condivisione. Per fare quel passo avanti di cui le parlavo penso sia utile guardare cosa innovare nel M5S, non colpirsi all'interno e provare a imporre la propria voce. La voce è forte quando è una. Dobbiamo costruire ponti, non muri».
Zingaretti vi ha chiamato a far parte del centrosinistra. È lo stesso progetto di Conte. Lei che pensa?
«Penso che con il Pd si lavori bene e che il compito di ogni forza politica sia ascoltare i territori. Quando il M5S sceglierà di riorganizzarsi, raccogliendo le idee di tutti, allora avrà le idee più chiare sul suo futuro. Ora ci sono molte anime che si stanno confrontando, l'unico modo per trovare una strada è fermarci e guardarci dentro, con unità. Non si può mettere il carro davanti ai buoi».
Paola Taverna ha chiesto a Conte di dare una mano. Alessandro Di Battista lo ha più volte lodato di recente. Potrebbe essere il premier il prossimo capo politico M5S?
«Questo deve chiederlo a Conte, da parte mia le dico che sarei molto felice se scegliesse di iscriversi al Movimento. Sarebbe una grande risorsa in più su cui contare».