1 - I PUNTI OSCURI
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE
Dopo averli apostrofati in vari modi poche settimane fa, Rocco Casalino oggi può ringraziare gli uomini del ministero dell'Economia se resta portavoce di Palazzo Chigi. Coordinati dal ministro Giovanni Tria, sono loro ad aver trovato le soluzioni tecniche che (per ora) tengono in scacco la procedura europea sui conti dell'Italia. Fosse andata diversamente, la tensione sui mercati poteva travolgere il governo e l'incarico di Casalino stesso.
Invece, da quando un mese fa l'Italia ha avviato un dialogo con la Commissione, cercando un compromesso, i rendimenti del debito a 10 anni si sono distesi quasi dell' uno per cento. Riconoscere da Roma che qualcuno in Europa abbia voce in capitolo sul bilancio ha avuto un effetto potente, perché ha spazzato via i sospetti che il governo preparasse l' addio all' euro. Restano però zone d' ombra in quegli impegni presi con Bruxelles: tocca ora agli azionisti politici del governo illuminarle, non ai ministri tecnici o ai loro staff.
Il governo si è impegnato ad accelerare il programma di cessioni fino a incassare 18 miliardi di euro nel 2019. Se si guardano i tempi recenti non parrebbe realistico, perché si tratta di incassi di una ventina di volte superiori a quelli di gran parte degli ultimi anni.
Eppure un percorso per arrivare all' obiettivo è stato individuato, anche se esso a sua volta apre altre incognite. È ambiziosa, non assurda, l'intenzione di raccogliere 900 milioni con vendite di immobili pubblici: nel 2016 furono persino un po' di più.
Ma esiste solo un altro modo che il Tesoro ha potuto trovare per raccogliere in fretta gli altri 17 miliardi: trasferire a Cassa depositi e prestiti - che lo Stato controlla all' 85%, con un 15% in mano alle fondazioni - le restanti partecipazioni pubbliche in Eni, Enel, Poste, Enav e Leonardo. Poiché Cdp è fuori dal bilancio dello Stato, benché controllata dal Tesoro, formalmente si tratterebbe una «privatizzazione» i cui introiti riducono il debito.
luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria
Di fatto però sembra una partita di giro contabile, con due implicazioni: arrocca il controllo di quelle partecipazioni strategiche in un contenitore dal quale diventa un po' più arduo per chiunque esigere la cessione a terzi fuori dall'Italia, nell' ipotesi di una crisi di debito come in Grecia; ma riduce almeno del 15% i dividendi che risalgono la catena di controllo da Eni e dalle altre aziende attraverso Cdp fino allo Stato, che così incasserà circa 200 milioni l' anno in meno per sempre. E a quel punto non avrà più niente di cospicuo da vendere in tempi brevi e mani sicure.
L' operazione serve a ridurre il debito pubblico e dunque gli interessi. Ma se è così estrema, è perché lo sono anche i timori che il debito nel 2019 - dopo anni di lievissimi cali - risalga in proporzione alla taglia dell' economia, cioè al Pil. Sulla carta, non dovrebbe: secondo il governo la dimensione dell' economia espressa in quantità di euro dovrebbe salire del 2,2% a oltre 1.800 miliardi (1% di crescita reale, più 1,2% di inflazione), dunque un deficit del 2,04% del Pil basterebbe a far calare il debito.
Nella realtà invece questo scenario sembra improbabile: a novembre sono caduti anche i consumi, che valgono due terzi del Pil, dunque l' Italia sta arretrando e entrerà nel 2019 in retromarcia; oggi la stima più credibile di crescita reale nel 2019 è di circa la metà di quella prevista dal governo mentre, con la caduta del prezzo del petrolio, anche l' inflazione frena. Poiché dunque un deficit al 2,04% ormai rischia di far salire il debito in rapporto al Pil, il governo «privatizza» tramite la sua controllata Cdp.
Ma non è detto che basti, perché nel frattempo sta partendo anche una seconda operazione: gli anticipi di cassa della stessa Cdp agli enti locali in ritardo nei pagamenti ai fornitori per decine di miliardi. Quegli anticipi diventeranno altro debito pubblico che conta per Bruxelles.
L' altro problema è che il deficit nel 2020 è diretto oltre il 3% del Pil, se il governo non aumenta l' Iva e altre imposte indirette per più di 20 miliardi il prossimo autunno. La ragione è semplice: di quei 10,25 miliardi di limature al deficit nell' accordo con la Ue, solo 400 milioni dai giochi d' azzardo sono permanenti.
Il resto sono solo ritardi di avvio dei programmi di spesa e rinvii di cassa al 2020 di investimenti sui contributi statali ai fondi europei o del fondo di sviluppo e coesione. Investimenti in meno l' anno prossimo, che rispuntano l' anno dopo. In sostanza la spesa pubblica con questo governo sale molto e resta inalterata in bilancio per non scomodare alcuna lobby, non dispiacere a un solo elettore. Il problema dell' Italia e del suo debito è rinviato di qualche mese. Risolto, no.
2 - SALVINI E DI MAIO TEMONO RINVII SULLE MISURE-SIMBOLO
Marco Conti per “il Messaggero”
La confusissima manovra di Bilancio prende corpo tra mille difficoltà nell' emendamento che la riscrive e che arriverà solo oggi nell' aula di palazzo Madama. Molti i tagli che iniziano ad emergere (investimenti e pensioni su tutto), nuove tasse, ma soprattutto sono incerti i tempi di realizzazione delle due principali promesse: Reddito e Quota100.
E se il giorno dell' accordo con Bruxelles che ha evitato la procedura ha scatenato la ola dei Cinquestelle intorno al premier Giuseppe Conte, da ieri è cambiata la musica con Casaleggio e Grillo che sono tornati a puntare su Luigi Di Maio non apprezzando, forse, alcuni complimenti ricevuti dal presidente del Consiglio.
Brucia ai due vice l' accusa di aver ceduto a Bruxelles e ancor più il passo indietro che fa slittare molto in là Reddito e pensioni, mentre dal primo gennaio scatteranno tutte le altre misure che servono per finanziarle. Dal blocco alla rivalutazione delle pensioni al sostanziale fermo degli investimenti pubblici.
In attesa di aprile, mese in cui il ministro Tria ipotizza la partenza del reddito di cittadinanza e di Quota100, Di Maio e Salvini vanno in cerca di temi che possano riempire i mesi mancanti all' entrata in funzione delle due misure. Il M5S ci prova domani con i gazebo che esalteranno la legge anticorruzione mentre alla Camera si inizierà l' esame in terza lettura della manovra. Salvini non è da meno e spinge affinchè oggi il consiglio dei ministri si occupi dell' autonomia da concedere alle regioni del Nord, Lombardia e Veneto in testa in modo da rivendicare il successo.
GIOVANNI TRIA VALDIS DOMBROVSKIS
Mentre «il Parlamento è ridotto a farsa», come denuncia Emma Bonino, per la discussione che da giorni procede su un testo fantasma, continua lo scontro M5S-Lega su alcune misure che rischiano di non entrare, di essere anch' esse posticipateo cancellate. Ma lo slittamento che più brucia alla Lega, perchè rischia di impattare molto sull' economia del Nord, è l' Iva che è prevista possa aumentare di 23 miliardi nel 2020 e di 29 nel 2021.
C' è chi in Forza Italia è convinto che in questo modo M5S e Lega abbiano messo la data di scadenza dell' esecutivo poichè già sa di non dover fare la prossima legge di Bilancio che nel 2020 comincerà da meno 23 miliardi, quasi il doppio della cifra che si è dovuta recuperare quest' anno.
Blindare le due misure simbolo diventa quindi per Salvini e Di Maio fondamentale, visto il rischio che dall' emendamento escano ulteriori necessità di spesa o di risparmi sotto forma di slittamenti. In una manovra di bilancio tutta piegata su un orizzonte brevissimo di legislatura, spicca la cautela degli investitori che lasciano lo spread ancora molto alto rischiando di far saltare anche la speranza del ministro dell' Economia di poter recuperare un paio di miliardi con lo spread sotto quota 200.
La congiuntura internazionale e le difficoltà che iniziano ad emergere nell' economia americana, non aiutano l' esecutivo e il presidente del Consiglio Conte impegnato anche ieri con i «numerini» dell' emendamento.Lo sconcerto che circolava ieri al Senato per una manovra che fatica a prendere forma e che non è come quella pensata la notte del balcone, è anche dei senatori grillini e dello stesso presidente della Commissione Bilancio Daniele Pesco che ad un certo punto dei lavori si è appellato alla presidente Casellati: «Cosa dobbiamo fare perché non siamo pronti e c' è ancora molto lavoro da fare».
I grillini che svuotano il ruolo del Parlamento è forse in linea con la promessa di «aprirlo come una scatoletta di tonno», ma scatena le opposizioni e fa provare al Paese il brivido dell' esercizio provvisorio. Mentre l' intervento di Di Maio che annuncia un' operazione per zittire le sirene berlusconiane che puntano a guadagnare senatori per un governo di centrodestra, sono segno di una debolezza che Salvini, a tempo debito, potrebbe saper sfruttare.