Serena Campanini per “La Stampa”
L'obiettivo del Pd è «vincere le elezioni», assicura Enrico Letta: «Abbiamo una coalizione che crescerà, il risultato lo vedremo il 26 settembre», spiega il segretario del Partito democratico. Non potrebbe dire altrimenti, pur avendo in mano l'ultimo sondaggio Ipsos circolato al Nazareno, che dà la coalizione di centrodestra al 47%, in crescita nell'ultima settimana, come pure quella di centrosinistra, che però resta molto indietro, al 31%.
Intervistato nello studio di Porta a porta, Letta richiama i vari sondaggi che «dicono che il 40% circa degli italiani non vuole votare o non ha ancora deciso, noi stiamo parlando a quelli». E anticipa la strategia se arriveranno al governo: «Mettere tutto sulle tasse sul lavoro, per aiutare coloro che oggi hanno un problema di salari».
LO SLOGAN SCEGLI DI LETTA BY CARLI
Poi torna a battere il tasto del «voto utile», perché «un pareggio non può esserci». Messaggio diretto soprattutto a Carlo Calenda e Matteo Renzi: «Chi dice "ci sarà un pareggio e poi rimetteremo Draghi" non fa i conti con questa legge elettorale, che prevede più di un terzo degli eletti con la logica dell'uninominale - avverte il segretario dem - Lì vince uno solo: o il centrodestra o il centrosinistra».
Poi un affondo diretto al leader di Azione: «Nel collegio di Roma centro sono candidati lui, Emma Bonino per noi, poi esponenti di FdI e M5s. Calenda non ha alcuna possibilità di essere eletto lì, chi lo vota impedisce a Bonino di essere eletta e favorisce la destra. È oggettivo». Immediata la replica del frontman del Terzo polo: «Per lui esistono solo il rosso o il nero, la sua è la campagna elettorale più violenta del dopoguerra».
Ma Letta boccia anche la proposta fatta da Calenda sulla tregua elettorale per affrontare l'emergenza energetica: «Qui il problema non è l'armistizio elettorale, basta con il cinema inutile - attacca - il governo c'è e io mi fido dell'azione di Draghi». Quando arriverà il momento di approvare le nuove misure a sostegno di famiglie e imprese, «il Parlamento sarà aperto e ci saremo tutti, i nostri voti saranno tutti sul tavolo», assicura. A proposito del governo dimissionario, il segretario Pd ne ha anche per Giuseppe Conte e il Movimento 5 stelle, con il quale «non abbiamo rotto noi, lui si è assunto la responsabilità dirompente di far cadere il governo Draghi. Avremmo perso ogni credibilità se dopo avessimo detto non fa niente».
2 - CONTE VEDE IL SORPASSO AI DANNI DELLA LEGA "SAREMO IL TERZO PARTITO"
Federico Capurso per “La Stampa”
L'obiettivo, un mese fa, era non morire. Oggi è superare la Lega e diventare il terzo partito, dopo Fratelli d'Italia e Pd. I colonnelli del Movimento hanno fissato l'asticella massima «sopra il 13 per cento». In questo modo, si raddoppierebbe il consenso che avevano in mano a fine luglio.
Dal sondaggio di Euromedia pubblicato ieri su La Stampa, a firma di Alessandra Ghisleri, il traguardo non è lontano, c'è ancora uno 0,7 per cento da conquistare. La Lega è ancora più vicina, a 0,2 punti di distanza e con un trend in calo. Obiettivi non scontati ma alla portata, a poco più di tre settimane dalla chiusura della campagna elettorale, che dovrebbe avvenire in piazza Santi Apostoli, a Roma. Un luogo simbolo della sinistra. E con la presenza di Beppe Grillo sul palco, in carne e ossa, senza inviare messaggi video come temevano alcuni maggiorenti del partito.
Giuseppe Conte, parlando con La Stampa tra una tappa del tour e l'altra, assicura che «in questo momento la nostra preoccupazione non sono i sondaggi, c'è ben altro a cui pensare».
Se non si guardassero i numeri, l'inversione di marcia dei grillini sembrerebbe un miracolo, ma la verità è che dati e rilevazioni vengono studiati ogni giorno, anche dal leader M5S, e nel quartier generale grillino sono ormai giunti alla conclusione che questa crescita costante sia scattata pescando voti tra chi è rimasto deluso dal Pd.
Il colpo di reni è arrivato in concomitanza con il fallimento del progetto di campo largo voluto da Enrico Letta: «I Dem hanno buttato a mare un'esperienza di lavoro e di riforme - attacca Conte -, privilegiando Calenda, la cui affidabilità è durata qualche giorno, e Di Maio, che non mi sembra sia premiato dai sondaggi, non arriva nemmeno all'1 per cento. Il Pd - punge ancora l'ex premier - si assuma le responsabilità dei sui comportamenti».
L'agenda Draghi portata da Letta come bandiera elettorale dei progressisti ha poi contribuito definitivamente a spostare al centro i Dem e a lasciare uno spazio politico importante ai Cinque stelle. «Sentiamo l'entusiasmo intorno a noi - sottolinea Conte -, sto toccando con mano che le persone ci danno fiducia, sentono e apprezzano la coerenza della nostra azione e la serietà delle nostre proposte». Proposte che, non a caso, hanno una forte matrice di sinistra: «Quando parliamo di lotta al precariato e alle disuguaglianze, di giustizia sociale e di ambiente, di temi autenticamente progressisti, il Movimento è l'unica forza davvero credibile».
L'ennesimo segnale è arrivato dal festival Fornaci rosse, a Vicenza, evento animato soprattutto da giovani di sinistra. Quando è salito sul palco il ministro del Pd Andrea Orlando, ad ascoltarlo c'erano tra le 200 e le 300 persone, mentre con Conte si è toccata l'affluenza record di 2mila partecipanti. Il leader pentastellato non vuole però schierare il suo partito troppo distante dal campo moderato.
«Conte non vuole essere il nuovo Mélenchon, siamo radicali nelle nostre scelte e nelle nostre idee, ma non ci candidiamo a rappresentare la sinistra radicale», spiega uno dei vicepresidenti del Movimento. La strategia è di mantenere una linea chiara sulle proposte elettorali, senza troppe ombre, evitando gli scivolamenti a destra che si facevano una volta, quando i Cinque stelle si dichiaravano ancora «post ideologici». Anche su questo, la competizione è tutta con il Pd.
Il prossimo 14 settembre, ad esempio, è previsto l'arrivo di Conte in Toscana. Le tappe del tour elettorale non sono ancora state fissate, ma nel Movimento si è alzato il pressing per toccare Piombino.
Feudo rosso e teatro dello scontro sul rigassificatore, che tutti gli altri partiti vogliono (fatta eccezione per Verdi e Si). L'ex premier, non a caso, è contrario alla costruzione di un impianto fisso o con concessioni ventennali: «Le navi galleggianti sono la soluzione migliore, perché sono per definizione una soluzione temporanea». Sulla bandiera della transizione ecologica, d'altronde, non sono permessi tentennamenti: «Dobbiamo contrastare chi approfitta dell'emergenza e vuole ritornare al fossile. L'unica salvezza è un massiccio investimento in fonti rinnovabili».
Per contrastare i rincari del gas e aiutare le imprese vuole quindi «per prima cosa recuperare i 9 miliardi provenienti dalle tassazioni sugli extraprofitti delle aziende energetiche» ed estenderli, poi, a «case farmaceutiche e assicurazioni, che si sono arricchite in pandemia».
Soluzioni all'emergenza energetica scaturita dalla guerra in Ucraina che, evidenzia Conte carezzando l'anima dei pacifisti di sinistra, «noi avanziamo da sei mesi, ma siamo rimasti inascoltati perché gli altri pensavano solo a fare una corsa al riarmo». E anche sul salario minimo il duello è con i Dem: «Loro vogliono un salario minimo ancorato alle contrattazioni sindacali - sottolineano dal Movimento -, noi invece chiediamo un salario minimo legale e universale». Finora, sondaggi alla mano, il piano grillino sta pagando bene. Tanto che dal Movimento, dove si respira un certo buon umore, fanno notare con una battuta: «Per una volta siamo d'accordo con Renzi, che fa notare come il Pd "stia facendo campagna per la Meloni e per Conte". Ringraziamo».
tweet letta calenda 6 tweet letta calenda 1 MEME SULLO STRAPPO DI CALENDA DALL ALLEANZA CON IL PD