Giovanna Vitale per “la Repubblica”
Il primo amore non si scorda mai. E lui, Vito Crimi, il reggente per caso del Movimento Cinquestelle, non riesce proprio a smettere di ricordarlo: alla truppa che ormai procede in ordine sparso, ma soprattutto agli alleati perduti. Quei leghisti con cui mai avrebbe rotto, fosse stato per lui e per Luigi Di Maio, l' ex capo politico di cui fa le veci, conservandone parole d' ordine e tendenza a destra. Sempre ribadite, come un riflesso condizionato, specie sui temi più identitari e controversi: Europa e diritti. In nome della continuità con il governo precedente, che non si può certo dimenticare né rinnegare.
E pazienza se dicendo no a tutto - dal Mes alla regolarizzazione dei migranti - il rapporto col Pd rischia la crisi: per l' ala dei "pragmatici" quelle d' agosto furono nozze obbligate, non li avesse costretti Grillo sarebbero tornati con Salvini, che dopo la sbornia del Papeete s' era pure pentito.
Perciò, la linea non cambia. Lo conferma pure la Rete, che Crimi ha preso a compulsare ossessivamente quasi più di Di Maio. E la Rete spinge la barra a destra. Senza esitazioni.
Dunque «continueremo a fare tutto quello che serve per far emergere il lavoro nero, che siano italiani o stranieri. Ma se c' è una sanatoria modello Maroni, Bossi, Fini e altri, noi non ci stiamo », scolpisce il reggente al mattino, aprendo una frattura nel governo sulla proposta della ministra Bellanova.
E poco importa se nei 5S non tutti sono d' accordo: la strada è tracciata. Ha deciso Crimi. O meglio, "il ventriloquo": l' ultimo nomignolo affibbiatogli dai colleghi per via di quella certa propensione non esprimere pensieri propri, prendendo in prestito quelli del suo dante causa e predecessore alla guida de Movimento. Senza consultare il quale, si narra, non muove foglia. Si parli di migranti. Oppure di Mes.
Che «non è senza condizioni, non è lo strumento adatto», ha ripetuto ieri, mandando a memoria la lezioncina che il ministro degli Esteri impartisce da giorni. Idem sulla collocazione internazionale dell' Italia: «Noi stiamo nella Nato e non ci sono dubbi, ma dobbiamo riconoscere il ruolo fondamentale della Cina nell' economia mondiale». Copia conforme all' originale.
Come il cardinal Viglietti di Paolo Sorrentino, il goffo eletto Papa proprio perché inadatto, Crimi doveva durare per mezz' ora. Giusto il tempo di traghettare il Movimento in mani sicure dopo le traumatiche dimissioni di Di Maio: piazzato a gennaio sulla tolda di comando in quanto componente anziano del collegio di garanzia, non certo per le sue spiccate qualità di leadership. Sempre premiato per la fedeltà alla causa. E pure dotato di una buona dose di fortuna. La sesta stella che lo assiste fin dagli albori. Dacché, nel 2013, entrò per la prima volta in Senato grazie a 381 preferenze prese alle parlamentarie, dopo il flop clamoroso di tre anni prima: candidato governatore in Lombardia non riuscì a superare il 3 per cento dei voti.
Ma Crimi non si è mai perso d' animo. Faccia di bronzo e aria svagata, l' uomo qualunque di successo incarna alla perfezione "l' uno vale uno" del Movimento: se ce l' ha fatta questo ex cancelliere siciliano - genitori impiegati alla Upim, cresciuto nei boy scout, una laurea mancata in matematica - ce la possono fare tutti. Persino diventare sottosegretario all' Editoria. Ruolo che Crimi ha sfruttato per condurre una violentissima campagna contro Radio Radicale, Invicandone la chiusura. «Gerarca minore» lo appellò per questi Massimo Bordin. Lui sapeva di cosa parlava.