LA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA “BOCCIA” IL PROCESSO SULLA TRATTATIVA: “IMPOSTAZIONE GIURIDICA SBAGLIATA”. E I PM PALERMITANI SI RIBELLANO - BACCHETTATE ANCHE ALLA BOCCASSINI

Per la DNA, il processo che ha portato all’assoluzione del generale Mario Mori presenta “significativi collegamenti probatori e sostanziali” con quello della trattativa. Ovvero: se crolla uno, l’altro non regge - Il pm di Palermo Teresi: “Fuori da ogni logica, non conoscono neanche le carte”…

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Alessandra Ziniti per "la Repubblica"

Il processo sulla trattativa Stato-mafia alla Dna non piace. Anzi, negli uffici di via Giulia, i pm che coordinano l'attività delle direzioni antimafia si dicono «preoccupati». Per l'impostazione giuridica che i magistrati palermitani hanno voluto dare al processo e per le inevitabili ripercussioni della sentenza che ha già assolto il prefetto Mario Mori, accusato della mancata cattura di Bernardo Provenzano.

ILDA BOCCASSINIILDA BOCCASSINI

Notazioni severe che fanno riesplodere la polemica e provocano la risentita reazione dei pm palermitani. «È l'ennesima entrata a gamba tesa contro un processo che dà fastidio a tutti, non è la prima e purtroppo credo che non sarà neppure l'ultima », replica Nino Di Matteo indispettito per le notazioni firmate da un magistrato con il quale alla Procura di Palermo ha lavorato per molti anni.

Oggi consigliere della Dna, Maurizio de Lucia scrive che l'aver inquadrato nelle fattispecie di reato di "violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario" le condotte contestate ad alcuni imputati porrà «nuovi problemi di natura giuridica e fattuale al giudice che dovrà decidere sulla corretta ricostruzione dei fatti operata nell'inchiesta ».

ilda boccassiniilda boccassini

Quanto al processo Mori, conclusosi con un nulla di fatto, «presenta significativi momenti di collegamento sia probatorio che sostanziale con quello in argomento ed il suo esito non può non destare oggettivi motivi di preoccupazione in relazione all'impostazione del processo trattativa».

Insomma, una bella "bacchettata" per i pm di Palermo che arriva all'indomani delle grosse perplessità sull'impianto del processo Trattativa sollevato da due studiosi di fama, il giurista Giovanni Fiandaca e lo storico Salvatore Lupo. Tace il procuratore Francesco Messineo, replica invece infuriato l'aggiunto Vittorio Teresi che del pool che si occupa del processo è il coordinatore.

«Mi chiedo che competenze abbia un semplice sostituto della Direzione nazionale antimafia a scrivere contro un processo ancora in corso di cui non conosce neppure le carte. È fuori da ogni logica». Aggiunge Di Matteo: «Mi chiedo cosa succederebbe se qualcuno di noi formulasse giudizi di merito di questo genere su processi in corso davanti a tribunali e corti d'assise diverse ».

MARIO MORIMARIO MORI

Cerca di arginare la nuova polemica il procuratore nazionale Franco Roberti che precisa: «Nessun intento critico nei confronti della Procura di Palermo può e deve essere letto. La Dna, senza volersi ingerire nelle scelte processuali, ha inteso soltanto evidenziare la complessità del processo - certamente di maggiore interesse attuale per l'opinione pubblica - in relazione alle inedite problematiche giuridiche e fattuali che esso presenta».

FRANCESCO MESSINEO PROCURATORE CAPO DI PALERMO jpegFRANCESCO MESSINEO PROCURATORE CAPO DI PALERMO jpeg

«I rapporti tra la Dna e la Dda di Palermo - conclude Roberti - sono improntati alla più stretta e leale collaborazione, nonché alla stima ed alla solidarietà personale nei confronti dei colleghi particolarmente esposti».

Di "appunti", nella relazione annuale della Dna, ce ne sono anche per la Dda di Milano. Dal pool di magistrati guidato da Ilda Boccassini arriverebbero informazioni con il contagocce e il coordinamento sarebbe difficile.

Nel rapporto si sottolineano le «perduranti criticità nelle relazioni con la Dda di Milano dovute allo scarso flusso informativo che non permette di cogliere tempestivamente e in modo sostanziale i nessi e i collegamenti investigativi tra le altre indagini in corso sul territorio nazionale». Nella relazione riemerge l'allarme sulle falle del 41 bis, dovute alla inadeguatezza strutturale delle carceri che ospitano detenuti al 41 bis.

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