Raffaella Troili per “il Messaggero”
Ricovero obbligatorio, niente day hospital per chi sta bene, ma tre giorni in cui quasi partorire una scelta nascosta nel cuore e spesso a tutti. La decisione della presidente leghista della Regione Umbria Donatella Tesei di fissare 3 giorni di ricovero per l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica impone una riflessione, spinge il ministro della Salute Roberto Speranza a chiedere un parere al Consiglio superiore di sanità, alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, «in merito alla interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico.
L'ultimo parere in materia era stato espresso dal Css nel 2010». Dieci anni dopo - alla luce dell'abrogazione da parte del consiglio regionale dell'Umbria della delibera che nel dicembre 2018 aveva introdotto il regime di Day Hospital per la Ivg farmacologica - l'Italia s'interroga a sorpresa. Tra polemica politica e nuove intromissioni su una scelta già sofferta e che in queste condizioni diventa ancor più difficile. Quante scelgono di rinunciare a una gravidanza in anonimato? E quante possono permettersi di sparire tre giorni, anche in totale assenza di complicanze? Questa e molte altre domande dividono l'opinione pubblica e la politica.
Una decisione che ha spinto il ministro a chiedere nuove linee guida, ad aggiornare un protocollo fermo a dieci anni fa, in cui in un percorso già tortuoso le donne si trovano assoggettate a regole diverse da regione a regione. A polemizzare per primo il presidente della Toscana, Enrico Rossi che su Facebook scrive: «In Umbria la destra fa sul serio e sull'interruzione volontaria della gravidanza inizia a cancellare i diritti delle donne.
In Toscana fummo i primi a introdurre l'aborto farmacologico, acquistando la pillola all'estero perché in Italia non era ancora stata commercializzata. Dispiace che l'Umbria, regione così a noi vicina e per tanti aspetti simile, a causa della vittoria leghista alle regionali, sia stata costretta a tornare pesantemente indietro». Niente day hospital, niente ricovero a casa, una scelta forte che spinge anche la viceministra dell'Economia Laura Castelli, a tweettare: «I diritti delle donne non si toccano. La Legge 194 va rispettata anche dalle Regioni. A partire dall'Umbria, dove una donna (ed è la cosa che mi lascia più perplessa) pensa di farci tornare indietro nel tempo di oltre 40 anni».
LA POSIZIONE DI TORINO
simone pillon saluta matteo salvini (1)
Mentre esulta il senatore della Lega Simone Pillon, uno dei promotori del Family Day: «Scelta conforme alle linee guida del ministero», evitiamo così emorragie, infezioni e complicanze», da Torino Silvio Viale, dirigente medico di ostetricia e ginecologia presso Aou Città della Salute e della Scienza, manda a dire: «Sulla base dell'esperienza di oltre 15.000 procedure chiedo al ministro della Salute di revocare la circolare che prevede 3 giorni di ricovero per l'aborto farmacologico.
Oggi ho somministrato 9 Ru486 in regime di Day Hospital». Da una parte le linee guida del 2010, dall'altra la legge 194/78l, «sin da maggio 2015 abbiamo chiesto all'Agenzia italiana del farmaco di eliminare la previsione dell'obbligo di ricovero di 3 giorni, anche perché non rispettato. Infatti presso l'Ospedale S.Anna di Torino applichiamo il Day Hospital per tutti gli aborti».
Silvana Agatone, presidente della Libera associazione italiana ginecologica, si scaglia contro la «campagna di terrore della Lega: le complicanze dell'aborto farmacologico sono inesistenti. Dal 2005 in Francia è il medico di famiglia che consegna alla donna le pasticche per l'interruzione di gravidanza. Se ci fossero stati problemi, lo avremmo saputo».
Speranza e Conte PIERPAOLO SILERI ROBERTO SPERANZA conte speranza PIERPAOLO SILERI GIUSEPPE CONTE ROBERTO SPERANZA