Dagonota
L'economia è refrattaria alle riforme di Renzi. E se a dirlo è chi, come la Confindustria, si spella le mani a favore del "si" al referendum forse c'è da credergli.
L'analisi del Centro studi degli industriali è impietosa. Non tanto sulle dinamiche del pil di quest'anno: previsto un aumento dello pil dello 0,7%, quando il governo punta di fissare la crescita 2016 intorno all'1 per cento. Roba di decimali, insomma.
I guai (per il governo) arrivano con le stime del 2017. Secondo la Confindustria, nel 2017 il pil salirà dello 0,5%. Il ministero dell'Economia non ha ancora fatto filtrare su quali basi elaborerà la manovra per il prossimo anno. Certo è che se fossero confermati i numeri degli industriali, gli interventi della Legge di Stabilità rischierebbero di salire. E di molto.
Una crescita così bassa farebbe aumentare il deficit in forma più o meno automatica. E tenuto conto che per raggiungere l'obbiettivo del'1,8% serviva un aumento del pil dell'1,4% ed interventi per una ventina di miliardi; è evidente che con una crescita dello 0,5%, l'importo aumenta.
Ma soprattutto, al di là di queste alchimie aritmetiche, quel che conta davvero è il giudizio intrinseco sulla validità della politica economica del governo Renzi. E la Confindustria dice che l'incisività della Renzeconomics è nulla. Anzi, peggiora le cose.
Il pil, in fin dei conti, è l'indicatore che misura la ricchezza di un Paese. Ed il centro studi degli industriali dice che con il Ducetto di Rignano a Palazzo Chigi fra il 2016 ed il 2017 diventeremo più poveri.
Ovviamente Padoan non ci sta: le nostre stime saranno migliori di quelle di Confindustria. E prova ad arruffianarsi gli imprenditori ricordando che nella Legge di Stabilità è prevista una riduzione delle tasse sulle imprese.
Ma quella misura è nota da 12 mesi (è già presente nelle leggi di Bilancio). E già scontata all'interno delle previsioni della Confindustria.