Teresa Ciabatti per “la Lettura - il Corriere della Sera”
renzi e fabio volo alla leopolda
Normalista, filologo medievista, oggi tra i più importanti studiosi di Dante, Claudio Giunta, 44 anni, distingue «da una parte il professore universitario, dall’altra il saggista-scrittore».
Perché Giunta, oltre agli scritti accademici, tra cui un commento alle Rime di Dante Alighieri per i Meridiani Mondadori, scrive saggi, e adesso anche un romanzo giallo Mar Bianco (Mondadori). Per l’ultimo saggio Essere #matteorenzi (Il Mulino) ha appena vinto il premio Satira Politica Forte dei Marmi.
La sua è satira politica?
«Non mi piace la satira politica, non mi fa ridere, e non saprei farla».
Che cos’è allora «Essere #matteorenzi»?
«Una specie di etnografia, un tentativo di descrivere Renzi da osservatore partecipe: un quadro — quadretto, poche pagine — il più possibile oggettivo, ma con me dentro».
Dov’è lei, nel libro?
«Sono la voce che racconta e tenta di far ridere, e sono la contro-voce che nel libro si chiama “amico snob”».
Come nasce l’idea?
«Ero a Trento quando Renzi è venuto al Festival dell’Economia. Da allora ho iniziato a studiarlo: sono andato alla Leopolda, mi sono letto i suoi libri, buono quello in cui ripubblica le email scritte quand’era presidente della Provincia, molto meno quelli più programmatici, quelli con un tentativo di “visione”; poi ho ascoltato i suoi discorsi, visto i suoi interventi televisivi».
Che cos’è la simpatia di Renzi?
«Nel libro dico che Berlusconi era un raccontatore di barzellette, Renzi è un battutaro. Con un repertorio di battute di livello medio basso anche per un uomo politico, battute che persone normali, in condizioni normali, accoglierebbero alzando gli occhi al cielo: “ sine qua non , cioè siamo qua noi” (risata), “condivido la mia opinione” (risata)».
CLAUDIO GIUNTA ESSERE MATTEO RENZI
Autoironico?
«Per finta. Il sottotesto è sempre: guardate come sono autoironico, anche se potrei prendermi infinitamente sul serio».
Lo definisce un entusiasta, giusto?
«Sempre nel libro dico che non c’è altro presidente del Consiglio nella storia repubblicana a cui si adattino meno bene aggettivi come tormentato o introspettivo. Persino Veltroni ha i suoi luoghi oscuri, e li infila nei romanzi. Renzi no. A Matteo Renzi è estranea l’idea di conflitto.
La descrizione delle cose umane che offre ai suoi ascoltatori è quasi sempre una descrizione polare, manichea, puerilmente semplificatoria: ci sono i buoni professori e i cattivi professori, e perché la scuola funzioni bene è sufficiente tenere i buoni e licenziare i cattivi; ci sono i ricchi e ci sono i poveri, e il problema della povertà si risolve convincendo i ricchi ad essere generosi».
Nel libro l’amico snob, che critica Renzi, chi rappresenta?
«È il disilluso, quello che sa, perché ha studiato, che le cose sono infinitamente più complicate di come dice Renzi, e quindi finisce per essere un pessimista, uno votato all’inazione. Sono io, appunto, nei miei momenti di cattivo umore».
Una critica a Renzi dell’amico snob?
«Nel libro gli faccio dire “Questo è uno che dice Ci metto la faccia ! È uno che dice che quando il tal dei tali parla di Firenze deve sciacquarsi la bocca ! Lo so che è assurdo, ma quando in treno sento la voce dell’altoparlante che dice Concediti una pausa di gusto!, io penso a Matteo Renzi. Quando il cameriere al bar dice bollicine invece di spumante , a me viene in mente la faccia di Matteo Renzi...”»
E l’amico snob non ha ragione?
«Non ha ragione se si parla di politica, che è un ambito della vita in cui le paturnie degli intellettuali non hanno senso, e l’entusiasmo può contare più dell’intelligenza. Uno slogan renziano come L’Italia deve fare l’Italia all’amico snob fa venire voglia di vomitare, e un po’ anche a me, ma se funziona...».
Un politico deve essere ottimista?
«Non può vivere contro il proprio tempo. Un intellettuale può: a volte deve, persino».
Nel libro scrive che «un quarantenne che conserva la mentalità, la frenesia, il linguaggio, la determinazione di quando aveva venticinque anni può essere un coglione infrequentabile, uno di quelli che si schiantano facendo bungee jumping. O può essere un condottiero».
selfie matteo renzi twitter poi cancellato 2
«Mi sembra chiaro in quale delle due categorie cada Renzi. Credo che non sia mai rimasto sveglio la notte a domandarsi: ma non starò sbagliando tutto? Del resto anche Napoleone mica stava sveglio».
Berlusconi?
«Stava sveglio».
Lei scrive un romanzo giallo, «Mar Bianco», in cui fa sparire tre uomini tormentati, non tre entusiasti. È forse un modo di stare dalle parte degli entusiasti pur essendo tormentato?
«Più semplice: il tormento dei tormentati genera dramma. E in un giallo serve un dramma che inneschi l’azione».
renzi con pennetta e vinci dopo finale us open, dal suo profilo facebook 60
Perché ha scritto un giallo?
«Volevo provare a fare qualcosa di simile a La donna della domenica di Fruttero e Lucentini. Non ci sono riuscito, è venuta fuori un’altra cosa, più nera».
Chi è lei: un accademico, un saggista, o uno scrittore?
«Io passo quasi tutto il mio tempo a studiare, leggere tesi, preparare lezioni, parlare con gli studenti. Poi scrivo cose non accademiche».
Cosa la impegna di più?
«Una volta Roberto Gervaso intervistò il tennista Björn Borg e gli chiese: “La impegna di più un set con McEnroe o un set con Connors?”. E Borg: “M’impegna tutto, anche un set con mio nonno”».
Il racconto-saggio su Radio Deejay nel suo libro «Una sterminata domenica», quanto studio ha richiesto?
«Ascolto sempre Radio Deejay, ogni mattina. Per scrivere il saggio ho solo aumentato la dose. Ero in Australia a insegnare, e al pomeriggio ascoltavo i podcast, 2-3 ore al giorno per un mese».
FABIO VOLO CACCIATO DA MONTECITORIO matteo renzi fabio volo
Perché scrivere di Radio Deejay?
«Perché mi piace, e a me piace scrivere delle cose che mi piacciono, mi piace elogiare: è molto più facile criticare, invece elogiare, spiegare perché una cosa è buona, è più difficile. E poi perché la radio merita di essere studiata, specie se è una radio che ha milioni di ascoltatori».
Ma se tutti — da Matteo Renzi a Linus — sono un buon soggetto di studio per l’etnografo, su Fabio Volo lei si sbilancia di più, perché?
«Il modo in cui Fabio Volo fa la radio (anche la Tv) è praticamente perfetto. Però c’è una lunga nota in cui distinguo bene — professoralmente, com’è giusto — il deejay dallo scrittore».
alessandra moretti con fabio volo alla leopolda
Esiste un rapporto fra Radio Deejay e Matteo Renzi?
«Vuol dire se c’è una ragione per cui uno si occupa di Radio Deejay e insieme di Matteo Renzi? No, è sbagliato cercare sempre la connessione».
Perché?
«Non c’è nessun bisogno di far tornare tutto, dimostrando che ogni singola pagina che si scrive è un frammento di qualche colossale Intero. Non c’è nessun Intero, nessun principio ispiratore o organizzatore, almeno nel mio caso. Semplicemente, mi interessano molte cose molto diverse tra loro. Come a tutti».