Monica Guerzoni per il Corriere della Sera
Aveva convinto i ministri e così credeva di aver chiuso la partita. Invece a spiazzare il premier Giuseppe Conte sono arrivati i governatori. La minaccia di non firmare il Dpcm lo ha costretto a riaprire il tavolo all' 1 di notte.
Accanto a lui il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia per gestire la mediazione e impedire che questo nuovo scontro si trasformi in un disastro per l' intero governo. Una battaglia giuridica che diventa politica su chi deve avere la responsabilità dei protocolli di sicurezza siglati dall' Inail. Il nodo è l' accordo che era stato concluso e prevedeva la modifica dell' articolo 6 e l' adozione delle linee guida. Conte non le ha allegate al Dpcm e dai presidenti di Regione è arrivato lo stop con un confronto andato avanti tutta la notte e dall' esito tutt' altro che scontato.
giuseppe conte paola de micheli luca zaia
Sa bene Conte i rischi di questa fase. E infatti a chi gli ha sottolineato che le opposizioni contano i giorni per tentare il 2 giugno la spallata dalla piazza, senza nominare né Salvini, né Meloni, aveva ricordato di averli accolti a Palazzo Chigi «con spirito di leale e sincera collaborazione».
Parole così soft verso i rivali dicono quanto alto sia il timore di accendere altri fuochi, in un momento in cui il governo è fragile e le tensioni sociali sono pronte a esplodere. Basta una scintilla e Conte non ha alcuna intenzione di accenderla.
Anche così si spiega l' inversione di rotta del premier, dal rigore delle linee guida dell' Inail, alle raccomandazioni assai meno stringenti del Dpcm. Un allentamento che ha trovato il sostegno del ministro Boccia ma allarmato il teorico della linea dura Speranza, spiazzato una aperturista spinta come la renziana Bellanova e disorientato i più cauti tra i dem, da Franceschini a De Micheli. Il premier ha dovuto affrontare i dubbi di Spadafora e lo scetticismo di Bonafede, che volevano tenere le regioni «al guinzaglio». Ma ha trovato a sorpresa una sponda in Di Maio, anche lui convinto che sia arrivata l' ora di riaccendere le luci del Paese. Tutte.
NICOLA ZINGARETTI STEFANO BONACCINI
Un cambio di schema, che ai ministri Conte ha spiegato con questo ragionamento: «Per affrontare la fase 2 dobbiamo tutti fare uno sforzo per mutare mentalità rispetto al periodo di emergenza». Il punto è la Carta costituzionale. È che in un sistema liberal-democratico, per dirla ancora con le parole dell' avvocato pugliese, «tutto ciò che non è vietato è permesso».
Dunque le misure restrittive devono essere proporzionate e bisogna accettare il «rischio calcolato» e condividere con le Regioni la responsabilità di riaprire. «Se pensiamo di avere la massima garanzia che la curva non riprenda a salire, rischiamo di non riaprire mai - ha ripetuto Conte nelle riunioni di ieri, consapevole di quanto fosse facile "dare ordini dall' alto" quando la gente aveva paura e voleva chiudersi in casa - Per la tenuta del tessuto economico e sociale non possiamo permetterci di stare fermi in attesa del vaccino».
BONACCINI MANGIA A UN GIORNO DA PECORA
Con questa mossa Conte aveva cercato di sterilizzare la destra di Salvini e Meloni provando a togliere qualche freccia dall' arco di Renzi. Non è servito a placare i governatori.
E intanto le nuvole si addensano anche sui tavoli di lavoro del governo. Il Comitato tecnico-scientifico è stato quasi sconfessato e a breve il premier sentirà Vittorio Colao per il piano economico di medio termine. Il manager sta accelerando per consegnare il lavoro all' inizio di giugno e a quel punto il compito della task force, che tante gelosie e polemiche ha suscitato, potrà dirsi concluso.