Giuliano Ferrara per “il Foglio”
Trump dice di voler sfasciare l'Europa e la Nato. Vuole reintrodurre il protezionismo doganale. I mercati aperti gli fanno schifo. Accordi tra nazioni, the art of the deal, molto meglio. Governi e stati al posto di società imprese finanza libera circolazione di tecnologia e merci e persone.
Tutto questo in nome del suo personale intuito, lui è un genio, ne sa più dei generali, degli economisti, è il guru dei guru, conosce la TV, è una celebrità, ha vinto la lotteria della presidenza degli Stati Uniti per centomila voti in tre stati del nord-est, ma ora mette all'incasso nelle interviste e su Twitter una delle più straordinarie avventure politiche della storia mondiale, anticipata in altri termini e con altri contenuti nella piccola grande Italia di Silvio Berlusconi, venticinque anni fa.
Porterà l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, una svolta storica da sogno o da incubo? Denuncerà l'accordo con l'Iran sul nucleare? Metterà fine alle sanzioni contro la Russia di Putin? Farà una guerra monetaria e commerciale con la Cina di Xi? Entrerà di nuovo in medio oriente al seguito dell' alleanza russo-siriana? Otterrà tra quattro mesi una Francia trumpista (Marine Le Pen)? I suoi già chiamano Bruxelles: chi è il prossimo a uscire dall' Unione?
Tutto questo può essere vero, può essere falso. Trump è un formidabile chiacchierone, poi mette quelli di Wall Street a dirigere l'economia a Washington, e i capi della diplomazia e del Pentagono nelle audizioni in Senato, per essere confermati da una maggioranza, dicono praticamente il contrario.
Vero o falso, comunque è un vaste programme, come diceva De Gaulle, un progetto che non è un progetto, ma è smisurato. Guardate Giulio Tremonti in Italia. L'uomo più ambizioso e snob e cinico e virtuale della politica italiana di questi anni. Entusiasta.
Un celebre proverbio dice che devi pregare Iddio perché non ti faccia vivere in tempi interessanti. Bisogna pregare molto, molto, molto. Ma, a parte questo, che facciamo? Salire su quel carro mi sembra non auspicabile e anche impossibile. Fermarlo non è così semplice. Siamo un paese piccolo in un'Europa grande, vecchia, scassata, esposta a ogni nuovo vento di dottrina e di prassi. Abbiamo in tasca una moneta competitiva che lenisce le conseguenze di un'economia sociale improduttiva.
DONALD TRUMP BENJAMIN NETANYAHU
Se gli Stati Uniti, che a tratti sembrano great again, a tratti una colonia russificata, fanno scherzi dolorosi, con la lira abbiamo un futuro di miseria protezionista, un destino da impiegati. Difesa e lotta al jihadismo islamista diventano una cosina complicata senza la Nato e con i servizi delegittimati da un grande fratello amico di Assange. Le tariffe per l'auto elettrica o senza pilota, le vedo maluccio.
Le tariffe e le frontiere contro la robotizzazione dell'economia mi sembrano mal messe. In Francia furoreggia un super Renzi di nome Macron, potrebbe addirittura farcela dicono, per altri è solo una postura, non una leadership. Vedremo. Ma intanto bisogna scegliere. La Merkel, considerata da Trump come una sfruttatrice dell'Europa unita, una cui concedere ma fiducia a termine, potrebbe farcela ma non è certo.
Sarà un anno interessante, purtroppo. In questo quadro la discussione su come ridiventare sinistra, o destra se è per questo, risulta noiosa. Forse è la cosa giusta, proprio per la noia rassicurante che ne promana. Ma le regole del giornalismo, della frittura delle parole e dei concetti, del web, della vita richiedono qualcosa di più. Un di più che sta risultando un troppo. Ora vediamo.