IL GIOCO DEI QUATTRO CANTONI (RAFFAELE) - CONFUSA L'ETICA CON LA COTICA, RESUSCITA MILANO CAPITALE MORALE D’ITALIA A POCHI MESI DAL VOTO IN PRIMAVERA PER IL NUOVO SINDACO E DOPO CHE E’ FINITO IN MANETTE IL VICE PRESIDENTE DELLA REGIONE – MA NON ERA STATO PROPRIO CANTONE AD AVER ACCUSATO ROSY BINDI DI GRAVE ERRORE ISTITUZIONALE PER AVER APPLICATO IL “BOLLINO BLU” AGLI IMPRESENTABILI IN CAMPANIA?

Spesso Cantone si traveste da “ministro ombra” del governo o veste, attitudine non richiesta né prevista dal suo ruolo istituzionale super partes, da avvocato del Diavolo del piccolo Ceasescu di Rignano sull’Arno. Come è successo per la legge Severino...

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L’ultima “cantonata” di don Fefè ‘o censore ha del clamoroso e dell’incredibile. Salito a Nord per celebrare il successo a mezzo stampa dell’Expo, il responsabile dell’Autorità nazionale anti corruzione (Anac), Raffaele Cantone, si è lasciato scappare che Milano “è tornata a essere la capitale morale, mentre Roma non ha dentro di sé gli anticorpi” per bloccare il malaffare.

 

Un blasone ottocentesco che la città del sommo Manzoni e del mariolo socialista Mario Chiesa in realtà non ha mai meritato nei secoli come dimostreranno le inchieste d’inizio anni Novanta di Mani Pulite. Polemica vecchia Roma-Milano. Anzi stravecchia, che Cantone ha voluto riaprire magari solo per compiacere il premier cazzone Matteo Renzi che oggi fatica a far sloggiare dal Campidoglio il “suo” Ignaro Marino.

 

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Così la sua improvvida esternazione è stata un altro grazioso assist (politico) per la giunta comunale milanese, guidata dall’uscente sindaco, Giuliano Pisapia. Un’amministrazione di sinistra che nella prossima primavera dovrà affrontare un difficile test elettorale. Nel distribuire le sue manette - come si fa con i cucchiai e le forchette in quelle gastronomiche -, nella nuova “Guida etica d’Italia” curata Cantone l’assaggiatore, l’autore sembra confondere l’etica con la cotica.

 

Cioè, con il grasso tangentaro che continua a colare sia al Pirellone sia a Palazzo Marino. Fa un certo effetto allora che la Milano premiata con il “bollino blu” della moralità di rito cantoniano è la stessa citta in cui pochi giorni fa è stato arrestato - per presunti maneggi alla sanità -, il vice presidente della Regione, Mario Mantovani.

 

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E che al comune, nel frattempo, venivano colti con le mani nel sacco alcuni dirigenti pagati con lingotti d’oro per chiudere gli occhi sugli appalti edilizi. E sempre per corruzione è finita in manette anche la direttrice del carcere minorile Beccaria. Tanto per fare alcuni esempi recenti. Per dirla con il bravo conduttore e comico de La7 Maurizio Crozza, si potrebbe parlare ironicamente di un “bicamorrismo perfetto” tra Roma e Milano.    

 

Non è tuttavia la prima volta che il magistrato napoletano (in aspettativa) l’ha fa fuori del vasetto. O, meglio e cadendo spesso in contraddizione, spesso Cantone si traveste da “ministro ombra” del governo o veste, attitudine non richiesta né prevista dal suo ruolo istituzionale super partes, da avvocato del Diavolo  del piccolo Ceasescu di Rignano sull’Arno.

 

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Come è successo per la legge Severino e la polemica tra l’associazione magistrati e il governo Renzi. Lasciando in molti osservatori il dubbio (malevolo) che voglia accreditarsi (o assicurarsi) un futuro politico presso il “giglio tragico”. Del resto il suo nome già era stato fatto circolare da Palazzo Chigi pure quale possibile successore di Napolitano al Quirinale. E negli ultimi mesi è stato candidato a ogni poltrona di potere: ministro della Giustizia, commissario a Roma, sindaco di Milano…

 

Già, la Milano resuscitata da Cantone grazie al “bollino blu” di capitale morale d’Italia. Ma che fine ha fatto lo stesso Fefè ‘o censore che si scagliava contro Rosy Bindi colpevole di aver compilato l’elenco (“bollino rosso”) degli impresentabili alla vigilia del voto regionale in Campania?  

 

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“La lista della commissione Antimafia rischia dare il bollino blu a tantissimi che, non vedendosi inseriti in quella lista, si sentono pienamente legittimati”, dichiarava Cantone a “la Repubblica”. E ancora: “Quello della Bindi è stato un grave passo falso (…) un errore istituzionale”.

 

Una sortita letta anche questa come una sorta di “aiutino”  al candidato governatore Vincenzo De Luca. Forse la morale da cogliere è sempre la stessa di quando i magistrati lasciano la toga in nome della purezza della legge perché, come dicono a Napoli, spesso ‘A scopa nova…scopa bene solo tre giorni.

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