11 GIUGNO: BIDEN, TRUMP È UNA MINACCIA PER L'ESISTENZA DEGLI USA
(ANSA) - Donald Trump è "una minaccia per l'esistenza" degli Stati Uniti e del suo sistema di valori: lo dirà - secondo alcune anticipazioni dei media americani - il candidato democratico alla Casa Bianca Joe Biden nel corso di un evento elettorale in Iowa. Nello Stato da dove partirà l'avventura delle primarie verso le elezioni presidenziali Usa del 2020 andrà in scena nelle prossime ore un duello a distanza tra l'ex vicepresidente e il tycoon.
11 GIUGNO: TRUMP, BIDEN È UN CANDIDATO DESTINATO AL FALLIMENTO
(ANSA) - Joe Biden? "E' un candidato destinato al fallimento, più lento di quello che sembra": così Donald Trump risponde all'attacco che l'ex vicepresidente si appresta a sferrargli in un comizio in Iowa. Il tycoon, che ha già ribattezzato l'avversario 'Sleeping Joe", Joe l'addormentato, ha anche coniato un altro ironico soprannome: "One Percent Joe".
OGGI: «TRUMP RITARDATO MENTALE» IRAN-USA, IL CLIMA È DI GUERRA
Flavio Pompetti per “il Messaggero”
Salto di tensione nella retorica bellica tra gli Usa e l'Iran. Il presidente iraniano Rohani ha aperto le ostilità ieri mattina quando ha definito le sanzioni appena decretate da Donald Trump contro l'ayatollah Khamenei «oltraggiose e idiote» e ha affermato che la Casa Bianca è «afflitta da ritardo mentale», oltre a testimoniare il fallimento dei tentativi dell'amministrazione Trump di isolare il suo paese nella scena internazionale.
«Dite di voler negoziare con noi ha attaccato Rohani e intanto applicate sanzioni contro il nostro ministro degli Esteri». Per il portavoce del dicastero di Javad Zarif il decreto di Trump ha chiuso definitivamente ogni apertura diplomatica tra i due paesi, in quanto disegnato per delegittimare il funzionario che ha guidato la delegazione iraniana nel negoziato sul nucleare del 2015.
LE REAZIONI
Giusto il tempo per Donald Trump di svegliarsi e leggere le note diplomatiche, e la reazione è arrivata puntuale su Twitter: «Le affermazioni ignoranti e ingiuriose degli iraniani mostrano solo che non comprendono la realtà. Ogni loro attacco diretto o indiretto contro un obiettivo degli Usa incontrerà una nostra reazione travolgente, in alcuni casi annichilante». Nelle sue invettive Trump rivela il rancore mai sopito per gli insidiosi ordigni improvvisati e le mine di fabbricazione iraniana che hanno mietuto migliaia di vittime tra i soldati statunitensi impiegati nelle campagne irachena e afghana.
Una nota più conciliante nel frattempo veniva espressa a Gerusalemme dal consigliere capo per la Sicurezza nazionale John Bolton, che ha cercato di ricordare come Trump insieme alle sanzioni, ha ribadito la volontà di evitare una guerra e trattare con il governo di Teheran. Ma proprio a Gerusalemme, dove il suo omologo russo Nikolai Patrushev aveva raggiunto Bolton per un trilaterale con gli israeliani sulla crisi Usa-Iran, il funzionario moscovita ha aperto il prossimo versante di una ulteriore escalation: la conta degli alleati.
Patrushev ha detto di avere dati certi da parte del ministero della Difesa russa che mostrano la violazione territoriale compiuta dal drone statunitense la scorsa settimana, quando l'Iran l'ha abbattuto con un missile. Ha poi ribadito il rapporto di amicizia che lega i due paesi, e che sarà attivato in caso di aggressione. L'Iran ha urgente bisogno di ultimare questa conta a iniziare dalle sue risorse interne, per capire quali sarebbero le sue reali possibilità di resistere a un attacco armato da parte degli Usa. Con l'abbattimento del drone ha mostrato che è capace di colpire un bersaglio come il Global Hawk, un velivolo da ricognizione che può salire fino a 18 km di altezza.
Se è vero come hanno dichiarato le fonti di Teheran che il missile usato (un terra aria Sam) era di fabbricazione nazionale, questo vorrebbe dire che una discreta scorta potrebbe essere nei loro arsenali, nei quali negli ultimi anni sono arrivate anche 32 batterie complete di S 300 russi, nonostante i tentativi israeliani di impedire le consegne. Nelle parate militari a Teheran sono stati esibiti anche Bavar 373 e Sam Raad.
tensioni sullo stretto di hormuz tra iran e usa
L'ATTACCO
Tale forza di fuoco potrebbe perlomeno tentare di contrastare un attacco proveniente dalle acque del golfo nelle quali sono appostate le navi da guerra statunitensi. Certo una cosa è centrare un drone che si muove a bassa velocità, ben altra opporsi a bombardieri che potrebbero tappezzare il cielo iraniano, come fecero a Baghdad nel 2003. Più solida è la difesa territoriale, visto che l'esercito è già impegnato a presidiare le aree di confine nei quali si annidano conflitti etnici, come quello con i baluci a sud est, i tirkmeni al nord, i curdi a ovest di Tabriz, e gli arabi a cavallo tra Iraq e Kuwait.
Il Golfo Persico e lo stretto di Hormuz sono anche protetti da mine sottomarine e missili antinave, mentre il comando generale delle operazioni cibernetiche è ospitato nella capitale. Se gli Usa dovessero decidere di scendere in guerra, dovranno poi tener conto dei missili balistici puntati su Israele dalle postazioni a est di Quom, ma ancora di più di quelli che gli hezbollah avrebbero potuto installare nel Libano meridionale, dove nelle ultime settimane si sono registrati movimenti sospetti.