ITALIA CAPOVOLTA - “REPUBBLICA” CON TITO BOERI DIFENDE LA MANOVRA DEL GOVERNO, “IL GIORNALE” CON NICOLA PORRO LA CRITICA - BOERI: “IL TAGLIO DI 100 MILIONI DI EURO AL CINEMA ERA SACROSANTO. LE ACCUSE DI OTTIMISMO IRREALISTICO? LO SCARTO DELLE PREVISIONI PROGRAMMATICHE DEL GOVERNO DRAGHI ERA ANCHE MAGGIORE” - PORRO: “LA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI DELLE BANCHE? SE IL GOVERNO AVESSE VOLUTO RECUPERARE PREZIOSE RISORSE AVREBBE OTTENUTO DI PIÙ CONCORDANDOLO CON IL SISTEMA, CHE IMPONENDO UN BALZELLO NOTTE TEMPO - LA FINANZIARIA RIVELA PREGIUDIZI IDEOLOGICI CHE DANNEGGIANO LA CLASSE MEDIA”

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1 - UNA MANOVRA ALL’INSEGNA DEL PROVVISORIO

TITO BOERI TITO BOERI

Estratto dell’articolo di Roberto Perotti e Tito Boeri per “la Repubblica”

 

La seconda manovra del governo Meloni è stata crocefissa da tantissimi commentatori (anche su queste colonne), spesso ancora prima di essere conosciuta. In realtà è una manovra che fa il meno possibile e quel poco che fa è in continuità con il governo Draghi. Meglio fare poco che fare male. E ci sono alcune sorprese: diverse positive e due pessime.

 

GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI

Partiamo dalla continuità. Si è scritto che questa manovra si basa su previsioni eccessivamente ottimistiche. La Nadef (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) di ottobre stima la crescita programmatica per il prossimo anno all’1,2%. La Commissione Europea in settembre prevedeva una crescita dello 0,8%. Dunque l’accusa di ottimismo irrealistico si riferisce a questo 0,4% in più previsto dal governo. Eppure lo scarto delle previsioni programmatiche del governo Draghi era anche maggiore (4,7% rispetto al 4,2% della Commissione).

 

giorgia meloni giancarlo giorgetti giorgia meloni giancarlo giorgetti

[…] Il governo è stato variamente accusato, anche dalle stesse persone, di non spendere abbastanza per far ripartire l’economia e di non tagliare a sufficienza la spesa. Non siamo al corrente di spending review serie fatte dai governi precedenti. Ma notiamo che quando questo governo ha proposto un taglio di 100 milioni nei sussidi e nelle agevolazioni al cinema, decine di politici, commentatori, artisti e intellettuali sono insorti contro questo delitto di lesa maestà alla cultura. Eppure il taglio era sacrosanto.

 

L’Italia sussidia il cinema, in proporzione alle dimensioni dell’industria, enormemente più di Francia (un Paese e una classe dirigente non certo nemici del cinema) e Gran Bretagna, per esempio. Il cinema “crea occupazione”, ma migliaia di altri settori creano occupazione. Eppure il cinema è intoccabile: chiunque proponga di ridurne le agevolazioni è invariabilmente etichettato come un despota che vuole mettere la museruola alla cultura. Il governo è stato costretto a ridurre i tagli. […]

nicola porro nicola porro

 

2 - MA COSÌ IL CETO MEDIO RIMANE IN ATTESA

Estratto dell’articolo di Nicola Porro per “il Giornale”

 

Si può già tracciare un primo bilancio della manovra del governo Meloni. La Finanziaria ha dovuto fare i conti con un’eredità pesante (costo del superbonus) e un aumento dei tassi di interesse. Sarà una manovra piuttosto leggera (24 miliardi) e per quasi due terzi finanziata con maggiore deficit (15,7 miliardi). […] C’è però un rumore di fondo, quasi ideologico, che non convince nella politica fiscale del governo.

carlo messina presentazione fideuram direct advisor al grattacielo gioia22 di milano carlo messina presentazione fideuram direct advisor al grattacielo gioia22 di milano

 

Il primo indizio è arrivato con la famigerata tassa sugli extraprofitti delle banche. Voleva dare l’idea che il governo fosse più vicino ai mercati rionali che a quelli finanziari. Se il governo avesse voluto recuperare preziose risorse dal settore bancario avrebbe ottenuto di più concordandolo con il sistema, che imponendo un balzello notte tempo. Carlo Messina, Giuseppe Castagna, Alberto Nagel, Andrea Orcel e il nominat\o dal Tesoro, Luigi Lovaglio, tutti a capo delle più importanti banche italiane, sarebbe stati disponibili a fornire risorse in un modo meno traumatico.

 

È finita che la tassa sugli extraprofitti non produrrà che pochi milioni di gettito, poiché tutti gli istituti di credito adotteranno la misura alternativa (e introdotta dopo per rimettere insieme i cocci) di mettere risorse a capitale invece che versare tasse al Tesoro. Ma un piccolo danno di reputazione si è comunque consumato.

ALBERTO NAGEL ALBERTO NAGEL

 

Altro indizio: il rientro dei cervelli. Il vice ministro Leo sta correggendo alcuni errori commessi nelle prime bozze. Ma nonostante tutte le modifiche pare che rimanga un tetto allo sconto fiscale. Ci spieghiamo meglio. I cervelli (e non solo cervelli) che rientrano in Italia godono di un supersconto. Si può e forse si deve discutere l’entità dello sconto. Ma perché escludere del tutto dallo sconto coloro che guadagnano più di 600mila euro? Sono proprio questi ultimi quelli che dovremmo attrarre: sono loro che comprano case, usano servizi, spendono e hanno evidentemente competenze tali che il mercato li strapaga.

 

MAURIZIO LEO E GIANCARLO GIORGETTI MAURIZIO LEO E GIANCARLO GIORGETTI

Questi primi due indizi riguardano la creme de la creme dei contribuenti. La Finanziaria purtroppo rivela ulteriori pregiudizi ideologici. […] con quale sinistra logica si vuole aumentare la tassazione su chi ha una propria casa data con un affitto breve? Se non quella di togliere risorse al ceto medio. Perché ridurre la rivalutazione delle pensioni superiori a 5mila euro al mese, cioè proprio a coloro che hanno pagato più contributi durante la loro vita lavorativa.

 

Perché voler racimolare quattro spiccioli dall’Imu sulle case estere. Perché introdurre di fatto una nuova tassa per le imprese che si chiama assicurazione obbligatoria sulle catastrofi? La sensazione è che si tenga in scarsa considerazione la classe media, quella che guadagna più di 50mila euro lordi l’anno o che dispone di una seconda casa.

ALBERTO NAGEL CARLO MESSINA ALBERTO NAGEL CARLO MESSINA

 

Senza parlare dei ricchi veri e propri e delle imprese, per i quali non c’è avvocato che tenga. Per carità, non si tratta di grandi cifre. Ma proprio per questo spaventa. Sembra più una battaglia ideologica che una questione concreta. Più un piccolo sfregio che una vera ragione di cassa.

 

 

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