Stefano Graziosi per “la Verità”
Due paperoni vicini ad Hunter, di cui uno già punito dai britannici, esclusi dalle sanzioni
La linea dura di Joe Biden contro Mosca è un po' a targhe alterne. Alcuni oligarchi russi sono stati messi sotto sanzioni dalla Casa Bianca, altri no. Uno che l'ha scampata è il miliardario Vladimir Yevtushenkov: come sottolineato dal New York Post, costui non è finito nel mirino del Dipartimento del Tesoro americano, pur essendo stato sanzionato dalla Gran Bretagna.
Sarà un caso, ma questo oligarca ebbe un incontro con il figlio di Biden, Hunter, il 14 marzo 2012 presso l'hotel Ritz-Carlton vicino a Central Park: ricordiamo che all'epoca Joe era vicepresidente degli Stati Uniti. Fonti ascoltate dal New York Post hanno rivelato che il meeting avvenne «nell'ambito di un viaggio di lavoro di routine (di Yevtushenkov, ndr) negli Usa per esplorare potenziali opportunità di investimento».
Da sottolineare che l'oligarca è il fondatore di Sistema, conglomerato russo attivo in numerosi settori. Ebbene, Reuters ha riferito che «la Gran Bretagna ha imposto il congelamento dei beni a Yevtushenkov mercoledì (13 aprile, ndr) come parte di un tentativo occidentale di punire Vladimir Putin per l'invasione dell'Ucraina».
La domanda che sorge è: perché Londra ha sanzionato questo magnate e Washington no? Una tale domanda pone due questioni. A livello generale, emerge il problema - già trattato da questo giornale - delle sanzioni scoordinate: un nodo che, come riferito alcune settimane fa da Bloomberg, rischia di rendere inefficace la risposta occidentale alla Russia, danneggiando i Paesi più deboli del blocco euroatlantico (come l'Italia).
L'altra domanda riguarda la misteriosa ragione per cui Yevtushenkov non è stato sanzionato da Washington. Una stranezza che andrebbe chiarita, visto che qualcuno in malafede potrebbe arrivare a ipotizzare un conflitto di interessi, che tiri in ballo i controversi affari di Hunter. D'altronde, questo non è l'unico bizzarro collegamento tra il figlio di Biden e la Russia.
Il Washington Post ha rivelato che Hunter prese 4,8 milioni di dollari dall'allora colosso cinese Cfec: colosso che, secondo un rapporto dei senatori repubblicani, intratteneva legami con l'esercito popolare di liberazione e con lo stesso Cremlino. Il Wall Street Journal ha inoltre confermato che nel 2014 Rosemont Seneca (società co-fondata da Hunter) ricevette oltre 142.000 dollari da Kenes Rakishev: oligarca kazako che, secondo Le Media, sarebbe amico intimo di un ferreo sostenitore di Putin, come il leader ceceno Ramzan Kadyrov.
Infine, i senatori repubblicani nel 2020 riferirono che Hunter nel 2014 avrebbe ricevuto 3,5 milioni di dollari dalla moglie dell'ex sindaco di Mosca, Elena Baturina. E qui c'è un piccolo giallo. Come riportato dal New York Post, un cablogramma del governo americano pubblicato da Wikileaks riferì che la Baturina era la cognata di Yevtushenkov. Una circostanza che è stata però smentita alla stessa testata da un portavoce di Sistema.
Chi dice la verità? Come che sia, quando, nell'ottobre 2020, Donald Trump accusò i Biden di aver preso soldi dalla Baturina, fu Putin a scendere in campo in loro difesa: era il 25 ottobre 2020, quando il capo del Cremlino disse di non essere a conoscenza di attività illegali di Hunter in Russia e Ucraina. In tutto questo, i deputati repubblicani hanno chiesto al Dipartimento del Tesoro per quale motivo la (ricchissima) Baturina non sia sotto sanzioni americane. Per carità: checché ne possano pensare i maligni, anche qui si tratterà di un caso. Ma quelli che ogni tre per due accusavano Trump di essere un agente russo non hanno proprio nulla da dire?
elena baturina 2 HUNTER BIDEN elena baturina 1 vladimir yevtushenkov 1