Mauro Zanon per “Libero Quotidiano”
PRESEPE DI GENNARO DI VIRGILIO
È il secondo anno consecutivo che le polemiche sulla presenza dei presepi nei municipi di Francia infiammano il dibattito politico a ridosso del periodo natalizio. Tuttavia, mentre nel 2014 le querelle tra laicisti e difensori della tradizione si limitavano a una decina di comuni, quest' anno sono tutti i sindaci di Francia ad essere coinvolti.
Motivo? L'Amf, l' associazione dei sindaci francesi, ha appena sfornato un «Vademecum della laicità» all'interno del quale vengono enumerate le regole che un sindaco deve rispettare per essere un «buon laico».
E tra queste, appunto, ci sarebbe la rimozione dei presepi dai municipi, considerati «incompatibili con la laicità», irrispettosi del «vivre-ensemble» e offensivi nei confronto delle altre religioni e dei musulmani in primis.
Solo una settimana fa, gli stessi burocrati che hanno fabbricato questa guida politicamente corretta per laicisti, probabilmente erano lì a tessere le lodi della Francia e della sua storia millenaria, dei suoi valori e delle sue radici cristiane, insomma di tutto quel patrimonio inestimabile di tradizioni popolari, di capolavori artistici e architettonici regalati ai posteri dalla cristianità che hanno reso la Francia grande nei secoli.
Ma oggi, in 36 pagine di fredde raccomandazioni, sembrano aver dimenticato tutto, «sedici secoli di storia», come denunciato da Franck Margain, vicepresidente del Parti Chrétien-démocrate (Pcd). Per fortuna non mancano i dissidenti, quelli che per nulla al mondo accoglierebbero supinamente le sollecitazioni di un manipolo di laicisti, che dietro la formula furbastra di "neutralité républicaine" vogliono far tabula rasa delle radici cristiane.
«Questa tradizione (i presepi nei municipi, ndr), come tante altre, appartiene al patrimonio dei francesi, a prescindere dalla loro confessione, allo stesso titolo della pittura, della musica o della scultura ispirata alla Bibbia», ha dichiarato il sindaco di Nizza Christian Estrosi dei Repubblicani. Più diretto Xavier Bertrand (stesso partito di Bertrand), sindaco di Saint-Quentin, il quale ha dichiarato che «noi francesi non dobbiamo scusarci per quello che siamo», prima di avvertire che «se cominciamo a vacillare anche sui nostri valori e sulle nostre tradizioni la Francia è spacciata».
I sindaci contrari all' ennesima imboscata politically correct, che ha come unico effetto quello di confermare quanto la République sia ancora incapace di individuare le linee guida attorno a cui organizzare il redressement, non sono solo Estrosi e Bertrand. Hervé Mariton e Philippe Gosselin, entrambi deputati dei Républicains, hanno infatti lanciato una petizione alla quale hanno aderito già cinquanta deputati del partito della destra neogollista, nella quale viene chiesto il ritiro immediato del vademecum.
«Condividiamo il valore della laicità nella République, ma rifiutiamo che esso si esprima in un sentimento antireligioso (...) Un sindaco non è incorporeo e non c'è motivo per cui debba nascondere il suo credo religioso, se desidera esprimerlo nel rispetto di quello altrui», si legge nella petizione.
Ieri, sempre a proposito di laicità, la Corte europea dei diritti dell' uomo ha dato ragione alla Francia che non avrebbe dunque violato il diritto al rispetto della libertà religiosa, quando nel 2000 a un' assistente sociale dell' ospedale di Nanterre, Christiane Ebrahimian, non venne rinnovato il contratto in ragione della sua ostinazione a non togliersi il velo durante l' orario di lavoro. Secondo Strasburgo, le limitazioni imposte trovano il loro fondamento nel principio di laicità della République.