Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"
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È la Leopolda. L'undicesima. E per Matteo Renzi rimane il luogo della sfida. È sempre stato così. Dalla prima edizione fino a questa che qualcuno profetizza sia l'ultima. E il leader di Italia viva non intende smentirsi nemmeno stavolta. Tant' è vero che a Giuseppe Conte che lamenta l'assenza dei 5 Stelle nella tv di Stato propone: «Si prenda Rai Gulp», ossia il canale dei cartoni animati. Renzi lancia non uno ma più guanti di sfida. Il primo è alla magistratura: stasera parlerà di Open e mostrerà quei pochi documenti che non sono finiti sui giornali. Per dimostrare che allegando alle richieste di rinvio a giudizio «pagine e pagine non inerenti all'inchiesta» si «massacrano le persone» e «le famiglie» e «le storie di ognuno». Prima di lui parleranno di giustizia Carlo Nordio e il presidente della Camere penali Giandomenico Caiazza. Un altro guanto è per quelli che avrebbe voluto rottamare e che invece sono usciti illesi dal suo tentativo di farli fuori (politicamente, ben si intende).
Renzi non ci sta: «Vogliamo parlare di collaborazioni con istituzioni non pienamente democratiche? Organizziamo un confronto con Prodi, D'Alema e Bersani», dice provocatoriamente all'Huffington Post . E tanto per non lasciare dubbi, aggiunge: «Mi riferisco per Prodi a Kazakistan e Cina, per D'Alema e Bersani a Telecom, Monte dei Paschi di Siena e soldi presi dai Riva su Taranto». Nomi pesanti, parole pesanti. Ma Bersani replica: «La banda dei veleni parli chiaro, nessuno ha mai dovuto pagarmi neanche un caffè». Il clima è teso, non c'è tempo per le scuse o per i «mi dispiace». Eppure la Leopolda, anche questa così complicata e sofferta, è sempre la Leopolda. Roberto Burioni ha deciso di esserci.
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Giovanni Malagò, presidente del Coni ha accettato l'invito. Non si è sottratto nemmeno il sindaco di Milano, Beppe Sala. È da lì, dal capoluogo lombardo che il centrosinistra intende partire per conquistare la Regione. È la sfida più importante del prossimo anno e Renzi evidentemente non vuole mancarla. Ma il leader di Iv non sembra disposto a firmare la tregua nemmeno in politica. Non è da lui, non è per lui. Anche perché, come ama ricordare, con «il niente che mi attribuite ho mandato a casa Conte e fatto nascere un nuovo governo che ora tutti ammirano».
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Perciò anche in quel campo getta il suo guanto di sfida, disseminando dubbi e paure nelle file dei 5 Stelle e del Pd: «La strumentalizzazione del voto in Senato sul dl Capienze dice molto della voglia dei leader di andare a votare», butta lì. E non si ferma. Quali leader? Il numero uno di Iv li elenca: «Meloni, Salvini, Letta e Conte». E aggiunge: «Salvini e Meloni sono sovranisti anti Europa, Letta e Conte hanno fatto un matrimonio populista». Con queste parole sa di amplificare i timori dei parlamentari grillini e dem, convinti, non da oggi, che effettivamente un mesetto fa in quel pranzo alla romana tra il leader pd e l'ex premier si sia siglato un patto per sciogliere la legislatura anzitempo. Infine c'è un'ultima sfida.
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Quella che riguarda il Colle. Letta ha cercato di neutralizzare Renzi proponendo un patto a tutte le forze della maggioranza e siglandone uno, testimone Bruno Vespa, con Giorgia Meloni per impedire il ritorno al proporzionale, che darebbe altro filo da tessere al leader di Italia viva. C'è un nome nel libro degli appunti di Renzi. È un nome che c'era anche qualche anno fa. Per un'altra occasione e un'altra delle mille partite che l'ex premier ha giocato finora. Allora quel nome passò. Si parla di Paolo Gentiloni. Passerà anche questa volta? Certamente il Pd non può sottrarsi a quel confronto, qualsiasi cosa pensino Conte e i 5 Stelle. Ed è su questo che Renzi fa leva.
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