Francesco Bechis per Formiche.net
“Così si cala il sipario sulla storia della sinistra italiana”. Massimiliano Panarari, sociologo e saggista, non ci gira intorno. Quando Goffredo Bettini, il “Richelieu” del governo rossogiallo, auspica un’alleanza organica fra Pd e Movimento Cinque Stelle e individua nel premier Giuseppe Conte il suo garante a tempo indeterminato, “sta inaugurando la Terza Repubblica”.
Professore, ma non era già stata inaugurata?
No, qui entriamo in un campo inesplorato. Bettini si conferma un fine stratega, il teorico di spessore dell’alleanza organica rossogialla, e vuole traghettarla altrove.
Dove?
Verso un’alleanza strategica. Bettini prende atto che il populismo è un elemento genetico del sistema politico italiano post Tangentopoli. È convinto che la cultura politica di fondo dell’Italia degli anni ’10 e ’20 sia una cultura populista, e vuole farne un tratto integrante di un nuovo polo. È realpolitik allo stato puro. Così facendo, però, sotterra un tassello imprescindibile del dna dem: il riformismo.
Perché?
Perché, semplicemente, non è conciliabile con il populismo insito nel dna dei Cinque Stelle. Lui stesso riconosce un “riformismo debole” della sinistra italiana. Ma, invece che spostare l’asticella nella direzione opposta, individua una via d’uscita in un processo di fusione con i pentastellati. Un polo unitario, in prospettiva anche un partito.
goffredo bettini prende appunti
Che partito?
Difficile dirlo. Sarebbe un corpo estraneo al centrosinistra come lo conosciamo oggi, fondato su due presupposti. Il primo: la natura profondamente camaleontica del Movimento Cinque Stelle. Il secondo: una presa d’atto di estremo realismo, riassumibile in un motto anglosassone, “Tina”, There is no alternative.
Eccone un terzo: rinunciare a scegliere un proprio premier.
conte di maio grillo casaleggio
Esatto. È questo forse il segnale più eloquente di una trasformazione profonda del Nazareno. Fin dai tempi dell’Ulivo e poi del Pd, i dem hanno scommesso sulla leadership di figure chiaramente collocate in una cultura politica riformista, da Romano Prodi a Carlo Azeglio Ciampi. Conte ha dato prova di grande flessibilità politica, ma non appartiene a quel mondo. Puntare su di lui significa abdicare deliberatamente ad essere la forza di governo principale.
Forse davvero non ci sono alternative. Conte oggi sembra l’unico che può garantire la governabilità.
Qui non ci muoviamo nell’ambito della governabilità, ma del governismo. Il Pd non solo rinuncia alla volontà di esprimere un suo candidato premier, ma anche a lasciare un segno su questo governo. Non si pone neanche il tema di cambiare i rapporti di forza. Ovviamente questo disegno non trova d’accordo con Zingaretti e Bettini una parte della minoranza riformista del Pd.
ALESSANDRO DI BATTISTA CONTESTATO
E chi trova d’accordo?
Ci sono tanti sponsor. In fondo nelle parole di Bettini leggiamo le stesse suggestioni presenti in Beppe Grillo, quando rivolgendosi ai giovani del Pd parlava di una grande ricomposizione all’insegna della rivoluzione verde. Ma anche ad altri alti ufficiali di rango fra i dem, come Orlando o Franceschini.
Bene, ora passiamo agli ostacoli.
GOFFREDO BETTINI IGNAZIO MARINO
Non ne vedo di sostanziali. Credo che il piano di Bettini si imporrà. Rimane un punto interrogativo sulle divergenze interne al Movimento, di una componente sovranista e nostalgica dell’esperienza gialloverde da una parte, e di una barricadiera e pasionaria dall’altra. Ma sappiamo anche che le geografie grilline sono molto labili, come dimostra la repentina conversione contiana di Alessandro Di Battista.
Alle regionali il piano Bettini può già andare in scena?
Le regionali, con tutte le peculiarità legate al territorio, ci diranno qual è l’umore del Paese all’indomani di questa catastrofe economica e sanitaria. Certo i precedenti non sono benauguranti per l’esperimento di Bettini. L’Umbria, a distanza di nove mesi, resta un feedback negativo. Ma di acqua sotto i ponti ne è passata, e quella che all’epoca era nata come un’alleanza quasi casuale oggi si è consolidata.
Comunque vada a settembre, il vero test di prova è più in là, quando si sceglierà il prossimo inquilino del Quirinale.
JOKER INFILTRATO NELLA FOTO DI NARNI
È così. Dopotutto, anche questa tensione verso l’elezione del presidente della Repubblica è un segnale. L’unico orizzonte è tracciato dai rapporti di forza fra alleati, dalla realpolitik.
GOFFREDO BETTINI: "CONTE È IL LEADER PIÙ NUOVO, GUIDI UN'ALLEANZA ANTI-DESTRE"
Fabio Martini per “la Stampa”
È l'influencer numero uno nelle scelte strategiche del Pd, oramai ha una linea diretta col presidente del Consiglio e ora, dopo la svolta maturata a Bruxelles, Goffredo Bettini esce allo scoperto e, con questa intervista a La Stampa, investe tutto su Giuseppe Conte e sul rafforzamento dell'alleanza di governo: «Ora il presidente del Consiglio è molto più forte: è il leader più nuovo di quelli in campo e sia lui a diventare il capo di una alleanza politica che sfiderà la destra».
La produttività è stagnante da decenni, il debito pubblico sale, la demografia e lo squilibrio territoriale sono allarmanti: davanti all'assist dell'Europa non pensa che proprio il Pd sia chiamato a scelte coraggiose, in discontinuità col quelle "conservative" che avete fatto, visto che negli ultimi 15 anni, siete stati 9 in maggioranza e avete espresso 4 premier?
«Sì, discontinuità. Questa è la partita che si sta giocando Zingaretti. Il nostro riformismo è stato debole e subalterno. Ora occorre crescere; abbiamo risorse su cui mai un governo ha potuto contare. È il momento di investire su un nuovo modello di sviluppo sostenibile e più giusto che non si incagli nella protezione delle rendite e in un assistenzialismo improduttivo. I titoli? Digitalizzazione, infrastrutture, innovazione e ricerca, formazione, università e scuola, crescita verde. Stiamo su questa strada. A maggio c'è stato un aumento del 42% della produzione industriale».
Volendo trasformare un'alleanza nata per caso in un'alleanza politica, se non ora quando?
«L'essenziale di ciò che è accaduto è questo: una svolta storica in Europa che supera definitivamente le politiche di austerità e tecnocratiche e afferma i principi della solidarietà e di un rischio comune. L'Italia ne è stata protagonista. Ha ottenuto ingentissime risorse. Conte, il governo ed anche il Pd si sono grandemente rafforzati da questo risultato comune. Le fibrillazioni di qualche tempo fa sono destinate a rimanere marginali. Conte guiderà l'Italia fino alla fine della legislatura. È naturale che se l'alleanza tra Pd e M5s ottiene buoni risultati, essa via via potrà diventare una intesa politica di lunga durata. Ecco perché mi dispiace che in alcune regioni si vada divisi alle elezioni».
rutte merkel ursula conte by osho
Si è aperta una "gara di idee" su come programmare il Recovery, ma lo sportello Mes è già operativo: perché il Pd non mette alle strette il presidente del Consiglio?
«Le risorse del Mes sono di grande importanza: non per moltiplicare nuovi progetti di spesa. Ne risentirebbe enormemente il debito pubblico italiano, già così carico. Ma per utilizzarle al posto di risorse che andrebbero reperite sul mercato a costi più alti».
Conte può diventare il capo di un nuovo schieramento politico, che si candiderà a guidare il Paese per la seconda parte di questo decennio?
Intervento di Goffredo Bettini
«Guardi, nei mesi passati ho molto sostenuto Conte e il suo governo. Non solo perché non ci sono alternative credibili, ma perché il premier si è dimostrato libero da condizionamenti esterni e coraggioso nei momenti difficili: Covid, Autostrade, lotta in Europa. Conte deve restare nell'arena politica. Per certi aspetti è più nuovo e fresco rispetto alla classe dirigente che lo circonda. Sono sicuro che non vorrà fare un suo partito, ma rimanere il capo una coalizione competitiva per battere la destra».
scontro renzi salvini prima e dopo
Non pensa che l'alta considerazione che Conte ha di sé possa diventare insidiosa? Una esagerata autostima è costata cara a personaggi gratificati da alti consensi come Renzi e Salvini
«Esagerata autostima? Per come lo conosco mi pare con i piedi per terra e con la serenità di quelli che sanno di avere nella vita la loro professione e il loro autonomo prestigio».
Sulla riforma elettorale il Pd sostiene con passione un sistema che lascia mani liberissime ai capi-partito, sia nella scelta dei parlamentari con i listini, sia nella scelta dei governi: non le pare il massimo della partitocrazia? E fare una riforma soltanto per "sporcare" la vittoria degli avversari, non significa copiare il centrodestra nei suoi conclamati vizi?
Goffredo Bettini e Barbara Palombelli
«Renzi ha rotto un patto da lui sottoscritto e difeso. Ora non c'è più un vincolo di maggioranza da rispettare. Siamo tutti liberi, anche nel confronto con l'opposizione. Niente di drammatico. Chiarito questo, il bipolarismo italiano è stato anomalo e malato. I passaggi di campo innumerevoli. La paralisi delle decisioni ricorrenti. La scelta del proporzionale può mettere ordine, definire i rapporti di forza con chiarezza e favorire dopo le elezioni coalizioni più responsabili e trasparenti. La legge elettorale va fatta. Non si può tagliare metà dei parlamentari con il referendum e mantenere le cose come stanno. Resterebbero senza rappresentanza interi territori e chi vince prenderebbe tutto, fino alla possibilità di cambiare la Costituzione».
SALVINI VESPA E RENZI Goffredo Bettini