Carlo Bertini per “la Stampa”
maria elena boschi giulio berruti da chi 5
«Faccio la capogruppo alla Camera e sto benissimo qui», risponde secca Maria Elena Boschi quando alla fine dell'intervista si chiedono lumi su un eventuale rimpasto: che in teoria potrebbe pure coinvolgerla nel ruolo di ministro. Meb, come la chiamano gli amici di Italia Viva, considera un «ottimo esordio» il risultato delle regionali del partito fondato da Matteo Renzi. E malgrado le percentuali prese da Iv, non dice no ad una legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 5%.
A quali condizioni direste sì a questo sistema di voto?
«Se deve essere un modello tedesco, ci devono essere i correttivi del proporzionale alla tedesca: monocameralismo e sfiducia costruttiva (ovvero la possibilità di sfiduciare un governo solo se c'è un'altra maggioranza pronta a votarne un altro, ndr)».
Non è che avete preso percentuali troppo basse per poter accettare una legge con la soglia del 5%? In Toscana speravate nel 10%...
maria elena boschi matteo renzi
«Se si fossero presentati i soli partiti sì. Ma con la presenza delle liste civiche e della lista del presidente, il 10% era un obiettivo irrealizzabile. Il dato è ottimo, specie pensando alle difficoltà di far conoscere un simbolo nuovo che un anno fa ancora nemmeno era stato pensato. Comunque per come si erano messe le cose ci basta vincere anche con meno voti di lista purché abbia vinto Giani».
Si può dire che il primo test elettorale non si possa definire entusiasmante?
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«Veramente noi siamo entusiasti. Certo, sono risultati a macchia di leopardo: in Campania siamo al 7,5%, il nostro candidato Marras ottiene il 25% in Sardegna alle suppletive per il Senato; sfioriamo la doppia cifra in Valle d'Aosta, entriamo in consiglio e giunta in Campania e Toscana. Siamo andati bene alle amministrative. Ciro Buonajuto, il nostro sindaco di Ercolano, è stato rieletto con oltre l'80%. Mi trovi un altro partito neonato che fa un debutto del genere e ne riparliamo. Con un simbolo ancora sconosciuto siamo già decisivi, bene così».
Se è così vi apprestate a presentare il conto agli alleati di governo?
«No. Noi presentiamo progetti, non il conto. Lavoriamo insieme. Ci interessa affrontare la crisi occupazionale che sarà sempre più grave ed evitare un secondo lockdown».
Ora servirà un chiarimento nella maggioranza? Ovvero un rimpasto per rafforzare la squadra in vista del Recovery fund?
«A Conte e ai partiti il compito di decidere se occorrono cambiamenti: noi non chiediamo niente. L'importante è concentrarsi sui progetti per il Recovery Fund. E naturalmente chiedere il Mes: non si possono buttare via 37 miliardi per la sanità pubblica. Dobbiamo risposte ai cittadini, non discussioni sul sottogoverno».
Nel caso sarebbe un vulnus l'uscita solo di donne ministro? È una ipotesi ricorrente, quando si parla di rimpasto...
«Noi abbiamo due ministri. E tutte e due sono donne. Bellanova e Bonetti tra l'altro stanno facendo un ottimo lavoro. Con noi di Italia Viva servono le quote azzurre, non le quote rosa».
È stato amaro assistere alla vittoria del Sì al referendum dopo la sconfitta del 2016? «Diciamo che questa non è una riforma ma uno spot. Ora però ci sono le condizioni per superare il bicameralismo e modificare il titolo V. Sono convinta che con qualche anno di ritardo raggiungeremo gli obiettivi del nostro progetto di quattro anni fa. Il tempo è sempre galantuomo».
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Quindi la vittoria del Sì farà andare avanti anche il taglio del bicameralismo?
«Secondo me si. Abbiamo tempo, perché questa legislatura arriverà fino al 2023. E mi pare che sia interesse di tutti raggiungere l'obiettivo. L'Italia ha bisogno di istituzioni efficienti e servono riforme vere, non tagli demagogici».-
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