Estratto dell’articolo di Bepi Castellaneta per www.corriere.it
«Ho semplicemente fatto il postino». Nichi Vendola, ex parlamentare ed ex presidente della Regione Puglia, esponente storico della sinistra italiana, è lapidario: conferma l’indiscrezione riportata dal Corriere della Sera, è stato il primo a raccogliere l’allarme dei medici italiani rimbalzato da Wuhan ma non rivendica meriti particolari né intende in alcun modo ritagliarsi il ruolo di chi aveva capito in anticipo che cosa stesse accadendo.
Resta il fatto che […] non ci ha pensato un attimo e ha avvisato l’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, affinché in qualche modo si mobilitasse. Quella comunicazione firmata dai medici Alberto Zangrillo, Antonio Pesenti, Giacomo Grasselli e Marco Ranieri, adesso è tra gli atti acquisiti dalla Procura di Bergamo nell’inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid.
Vendola, come si spiega la decisione dei medici di mandare una mail proprio a lei?
«Semplice: conosco uno di loro, Marco Ranieri».
Lo conosce da tempo?
«Dal 1970. È di Bari, siamo entrambi pugliesi. […] Un giorno mi ha telefonato dicendo di essere intenzionato a fare una segnalazione al governo su quello che stava succedendo e sulle notizie raccolte. Poi mi è arrivata la mail».
E lei che ha fatto?
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«Ho subito mandato un whatsapp al ministro Speranza per avvisarlo, in modo che potesse agire di conseguenza».
[…] Che cosa la preoccupava maggiormente di quella mail?
«I rischi di un collasso del sistema sanitario. […]Ci siamo trovati di fronte a un nemico sconosciuto».
Lei è un politico di grande esperienza. Ritiene ci siano stati errori nella gestione dell’emergenza?
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«Beati coloro che sanno tutto».
Vale dire?
«Vedremo che cosa verrà fuori dagli accertamenti della magistratura e dalle commissioni di inchiesta. Posso dire però una cosa: da politico, ho pensato di essere fortunato a non trovarmi nei panni di chi era chiamato a decidere. Non è semplice scegliere di chiudere una regione o persino l’intero Paese. E poi non va dimenticata la lotta fatta contro la superstizione antiscientifica o le fake news».
Però, a proposito di accertamenti, adesso la gestione della pandemia è sotto inchiesta.
«Non entro nel merito. Ma in linea generale credo che l’invadenza del diritto penale sia un problema serio».
In che senso?
«Ritengo che sarebbe molto più utile una commissione di inchiesta».
Con quale finalità?
«Per vedere e capire tutto».
E per evitare altri errori?
«Ammesso che errori ci siano stati. In ogni caso quanto accaduto mostra i danni provocati dalla dismissione del sistema sanitario territoriale in alcune zone del Paese».
In concreto a cosa si riferisce?
«Penso alla Lombardia, ma è un discorso generale. È evidente comunque che il Covid ha avuto anche un impatto per certi versi politico […] Ha dimostrato che di fronte a un nemico planetario non si può certo dare una risposta di tipo sovranista. Basti pensare che ogni Stato ha individuato un bene specifico da tutelare in via prioritaria».
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Comunque sia, la risposta della politica alla pandemia viene messa in discussione. A tutti i livelli.
«Adesso è facile trarre conclusioni, prima era tutto diverso. Credo però che la giurisdizione penale non possa diventare una specie di rendiconto storico e politico. Piuttosto bisogna lavorare per non farsi cogliere impreparati in futuro». […]