MONICA GUERZONI per il Corriere della Sera
Il sorriso stampato sul viso di Luigi Di Maio dice già molto. Il resto del quadro lo compone l' immagine di Matteo Salvini che, faccia scurissima e aria di uno che non la manda giù, imbocca lo scalone della Prefettura di Caserta e se ne va, disertando la conferenza stampa. Sulla carta la pace è siglata, ma già il fatto che la nota congiunta per una «soluzione condivisa» sui rifiuti rechi la firma dei triumviri Conte, Di Maio, Salvini, rivela le tensioni che minano le fondamenta politiche di Palazzo Chigi. E quando i ministri prendono posto in sala stampa con un ritardo record che insospettisce le decine di giornalisti in attesa, la foto opportunity rivela quanto ancora arda sotto la cenere il fuoco delle tensioni tra i due vice.
luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria
Alla sinistra del premier siede Luigi Di Maio e alla sua destra - dopo rapido scambio di segnaposto - non si accomoda Salvini, bensì Sergio Costa. «La vittoria del M5S è evidente», scivola via felice Barbara Lezzi quando tutto è finito. Di Maio e compagni sono euforici per aver costretto Salvini a una battuta di arresto. Fanno notare l' asse con il capo del governo e sottolineano che l' inquilino del Viminale «ha fatto tutto da solo», provando a introdurre nella contesa un tema estraneo ai patti col segreto intento, malignano, di «spostare l' attenzione dalla sconfitta sul condono fiscale». Finché ieri mattina, dopo giorni di scontro a scena aperta, il premier ha telefonato ai duellanti e ha convinto Salvini al passo indietro: «Se cominciamo a mettere in discussione il contratto, è finito tutto».
Alle 17.20 tocca a Conte divulgare la versione ufficiale: «Vi porto le scuse di Salvini, che aveva un impegno al Quirinale». Anche Di Maio lo giustifica, ma sorrisetti e frecciate rivelano che il rapporto tra i dioscuri del governo è logoro e confermano che la battaglia al vertice sta per spostarsi sul decreto Sicurezza. «Va approvato in fretta» avverte Salvini, mentre la fronda grillina minaccia le barricate.
Ma intanto sono i rifiuti a dividere i due leader e certo non basta ribattezzare «Terra dei cuori» la Terra dei fuochi per placare l' ansia di conquista di Salvini o la paura di Di Maio di perdere consenso in casa sua. Gli chiedono se stia vivendo con insofferenza le incursioni del «Capitano» a Napoli e il capo del M5S ammonisce: «I politici non sono cani che segnano il territorio». Poi assicura che nel governo c' è gioco di squadra e che insieme si potranno fare «grandi cose».
Eppure il barometro dell' esecutivo annuncia altre gelate. Lo ammettono i rispettivi staff scandendo parole come «irritazione» (di Salvini) e «preoccupazione» (di Conte).
Raccontano che il leader leghista, «scocciatissimo» per il dilatarsi dei tempi e degli incontri, abbia cercato ogni possibile occasione per restarsene in disparte e marcare la distanza dal team e dalle scelte di Di Maio.
Determinato a dissimulare l' arrabbiatura per aver dovuto firmare un protocollo del tutto privo di riferimenti agli inceneritori, nell' incontro con don Maurizio Patriciello il ministro dell' Interno ha bruscamente lasciato trapelare il suo stato d' animo. «Gli inceneritori li fanno in tutta Europa - ha ricordato il leader leghista, replicando gelido al parroco di Caivano -. O c' è un problema in quei Paesi, o altrove sono riusciti a portare avanti una riflessione diversa».
Di Maio sente di aver vinto il derby, il vicepremier del Carroccio continua invece a pensare che «i roghi non si spengono con i veti». Eppure non insisterà con i termovalorizzatori. «Nessuna crociata - è la linea di Salvini - Però c' è in ballo la salute degli italiani e il problema rifiuti ha bisogno di soluzioni efficaci». L' idea, che ha un po' il sapore della provocazione, è volare a Copenaghen per la pista da sci sul nuovo termovalorizzatore. E pazienza se a Di Maio scappa da ridere: «Ce la vedo proprio una pista da sci ad Acerra...».