“MEGLIO ESSERE QUI CHE AL TAVOLO DELLA MANOVRA” – A PALERMO VA IN SCENA IL FIASCO DELL’ADUNATA LEGHISTA PRO-SALVINI CON GIORGETTI CHE RESTA IN PIAZZA SOLO 90 SECONDI E POI SI RINCHIUDE IN UN BAR: “DEVO LAVORARE. SONO QUI PERCHÉ ERO AL GOVERNO CON MATTEO ALL’EPOCA DEI FATTI. E PERCHÉ SONO DELLA LEGA. LA MANOVRA? CHIEDETE ALLE BANCHE SE SONO CONTENTE” – FOLLA ZERO, SONO TUTTI POLITICI, CALDEROLI SFOTTE IL MINISTRO DELLA CULTURA, CHIACCHIERANDO COI CRONISTI: “PARLATE COME GIULI”

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Lorenzo De Cicco per la Repubblica - Estratti

 

GIANCARLO GIORGETTI IN UN BAR DI PALERMO GIANCARLO GIORGETTI IN UN BAR DI PALERMO

In certe province della Sicilia dicono moviti — ancora meglio: moviti ddocu — per intendere l’esatto contrario: stattene fermo. E salta in mente questo squisito paradosso girgentino ascoltando Giancarlo Giorgetti, salito alle 7 di mattina sul diretto Roma-Palermo per unirsi al raduno leghista anti-toghe, scendere dall’auto blu e asserire con aria mogia: «Meglio essere qui che al tavolo della manovra...».

 

Sul taccuino dei cronisti resta annotato un dato: 90 secondi secchi. È quanto impiega il ministro dell’Economia per attraversare la piazza, farsi scattare una foto volante con gli altri big del Carroccio calati sull’isola per solidarietà a Salvini, e rinchiudersi al bar: «Devo lavorare». La restante ora e mezza Giorgetti la passa così: al tavolino, sotto un’insegna al neon con scritto food porn, a occuparsi di quello che appunto dovrebbe fare: comporre il tetris di una finanziaria rognosissima. Era stanco, ma doveva esserci. «E voleva», giurano i suoi.

giorgetti a palermo giorgetti a palermo

 

«Sono qui perché ero al governo con Matteo all’epoca dei fatti. E perché sono della Lega. Ho detto tutto», taglia corto lui. La manovra? «Chiedete alle banche se sono contente».

Poi fa il tour dei caffè: tra il “Biondo”, famoso per i cioccolatini, e il “Giulio Cesare”, mentre fuori dalla vetrina orbitano un centinaio di leghisti al massimo, perlopiù parlamentari e deputati siciliani, altrettanti giornalisti, qualche curioso (un signore con le biro si avvicina al vicesegretario Andrea Crippa: «Mi dai 10 euro?», «No»), un gran numero di agenti in divisa e in borghese.

 

palermo sit in per salvini palermo sit in per salvini

Non è andata come sperava Matteo Salvini. Anche se naturalmente adesso, a ritrovo concluso, da via Bellerio spiegano che era esattamente così che la pensava il loro Capitano: un sit-in degli eletti. E solo del Parlamento, mica delle Regioni, visto che i governatori non si sono visti. C’è solo il segretario del Lazio, Davide Bordoni. Un manager di Stato, Dario Lo Bosco, presidente di Rfi.

 

Giorgetti arriva per ultimo, scortato dal sottosegretario al Mef, Federico Freni. Non s’infila nemmeno la maglia stile wanted col faccione di Salvini. La sfoggia invece il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, prima di sedersi al tavolo con Giorgetti.

Di che avete parlato? «Di manovra».

Ecco. Lo stesso fa un altro ministro, Giuseppe Valditara, che chiede rassicurazioni sui fondi all’Istruzione.

Roberto Calderoli intanto sfotte il collega della Cultura, chiacchierando coi cronisti: «Parlate come Giuli».

Poi azzarda sull’autonomia: «A fine anno definiamo i Lep». C’è pure la quarta ministra leghista, Alessandra Locatelli, coi capigruppo Max Romeo e Riccardo Molinari. Sono tutti politici, folla zero: si fanno da soli il coretto «Matteo-Matteo».

leghisti a palermo leghisti a palermo

 

 

salvini a palermo salvini a palermo

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