Niccolò Carratelli per “la Stampa”
Ci ha provato Vincenzo De Luca. Voleva davvero fare il bravo, ascoltare l' appello del presidente Mattarella e riporre nell' armadio il lanciafiamme. «Dobbiamo fare tutti gli sforzi possibili per garantire il massimo di unità e collaborazione con il governo», ha esordito il presidente della Campania nel consueto comizio online del venerdì. Ma è stato un attimo, poi lo sceriffo ha ripreso il sopravvento sullo statista.
Al minuto 2 ha sfoderato il suo cavallo di battaglia, dando dell'«imbecille» (senza nemmeno nominarlo) al sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che «litiga da solo e non ha mosso un dito contro il Covid». Poi si è dedicato a bastonare i ministri Speranza - «una cialtronata l' invio degli ispettori in Campania» -, Spadafora - «è uno sciacallo, l' ho detto a Conte» -, e Bonafede, «improbabile ministro Bonanotte». Quindi si è soffermato sul suo bersaglio preferito, «tale Di Maio, che ha detto delle bestialità» ed è un «coniglio» per non aver accettato la sfida a un dibattito in tv.
Per tutti De Luca ha dispensato lo stesso paterno consiglio: «Chiedete scusa e tacete». Che a parlare ci pensa lui, per descrivere al meglio «il triplo miracolo» fatto sulla sanità in Campania. Dove, se la curva dei contagi è in discesa, «il governo non c' entra, è merito delle misure prese da noi». Vabbè, anche stavolta è andata così. Apprezziamo lo sforzo "unitario", ma niente da fare. Compito per venerdì prossimo, presidente: zero insulti nei primi 5 minuti.
ROBERTO SPERANZA ALFONSO BONAFEDE ALFONSO BONAFEDE GIUSEPPE CONTE spadafora conte