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A tre mesi dalla vittoria elettorale e a due dal suo ingresso ufficiale a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni affronta la sua prima conferenza stampa di fine anno. Pochi minuti prima, il Senato aveva dato il via libera alla sofferta legge di bilancio che guiderà l’Italia nel 2023. «Ho sempre pensato che la politica sia transitoria, un giorno tornerò a fare la giornalista», esordisce Meloni annunciando alcuni interventi sulla professione e sul relativo Ordine.
Il braccio di ferro al governo? «È normale che ci siano sfumature diverse. Io mi fido dei miei alleati. Abbiamo approvato la legge di bilancio, che non era facile», dice poi la premier commentando il percorso che ha condotto alla complessa approvazione della prima manovra della XIV legislatura.
Un quadro economico assai complesso: «Siamo in grande emergenza: le misure per l’energia costano 5 miliardi in media al mese. Se il quadro cambia libereremo nuove risorse per intervenire sul altri fronti», evidenzia Meloni.
Sulla recrudescenza del Covid in Cina, con il rischio di un ritorno dei contagi in Europa, la presidente del Consiglio afferma che «il governo si è mosso immediatamente» e poi chiede che «i tamponi per chi arriva da Oriente siano una misura presa a livello Ue».
GIORGIA MELONI CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO
E poi: «I primi casi sequenziati sono varianti Omicron già presenti in Italia. Per come la vedo io credo che la soluzione siano sempre i controlli, continuano ad essere utili tamponi e mascherine, la privazione della libertà che abbiamo conosciuto in passato non credo sia efficace, lo dimostra quanto accaduto in Cina. Dobbiamo lavorare sulla responsabilità dei cittadini piuttosto che sulla coercizione». Fermo restando che «oggi la situazione è sotto controllo».
Sul fronte della radicale revisione del reddito di cittadinanza, Meloni tira dritto: «Il lavoro lo creano le aziende, lo Stato non può abbattere la povertà per decreto», dice. Nella sua premessa ricorda «la misura della decontribuzione totale per chi assume a tempo indeterminato». E poi: «Dobbiamo comunque considerare che il mercato del lavoro è cambiato», ma «bisogna evitare che il lavoro sia fatto in nero.
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Occorre diversificare le tipologie contrattuale facendo i controlli per evitare distorsioni», spiega rilanciando il sistema dei voucher, «alcune degenerazione del passato oggi sono più difficili». La premier immagina «un meccanismo così: quando ci si reca ad un centro per l’impiego il soggetto deve essere in grado di indicare il lavoro e chi pensa alla formazione», sottolinea.
«Se il tema della congruità è “io non voglio accettare un lavoro sottopagato” sono d’accordo, ma se il tema della congruità è “non considero il lavoro all’attesa dei miei studi” allora no. Tutti vorremmo trovare il lavoro dei nostri sogni ma non capita a tutti», affonda Meloni. Riguardo la riforma fiscale e il taglio del costo del lavoro, il capo del governo afferma poi che l’obiettivo della legislatura è di tagliare di 5 punti il cuneo fiscale».
GIORGIA MELONI - CARLO NORDIO - ILLUSTRAZIONE - IL FATTO QUOTIDIANO
Riguardo il passaggio di consegne con Draghi, la premier afferma che «la staffetta ha funzionato». E poi: «Il grosso di quanto fatto per il Pnrr era programmazione e ora inizia la parte complessa, in cui questi obiettivi devono diventare cantieri: qui oggettivamente ci sono delle difficoltà» perché «il piano è stato scritto prima del conflitto in Ucraina. Quando le priorità erano diverse da quelle di oggi».
Riguardo il delicato nodo della giustizia, Meloni ricorda: «La mia carriera politica è stata ispirata a Paolo Borsellino. Sono stato contenta che il mio provvedimento è stato sulla mafia, salvando il carcere ostativo. Mi dispiace aver visto un opposizione così dura su un provvedimento del genere, si è tentato di evitare la conversione di quel decreto».
CARLO NORDIO IN VERSIONE CHURCHILL
Riguardo la riforma a cui sta lavorando il Guardasigilli Carlo Nordio, l’obiettivo del governo «non è privare la magistratura dello strumento delle intercettazioni» ma «occorre evitare l’abuso ed evitare il cortocircuito nel rapporto tra media e intercettazioni senza alcuna rilevanza penale finite sui giornali solo per interessi politici o altro. Non credo sia giusto in uno stato di diritto. Abusi ci sono stati e vanno corretti».
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Sullo scandalo del Qatargate, «Una cosa mi ha molto innervosito: molti colleghi internazionali definiscono questi fatti con la locuzione “italian job”, come se fosse una macchia sulla nostra nazione. La vicenda non riguarda solo italiani, anche belgi, greci e esponenti di altre nazioni. Semmai è un tema di partito, un “socialist job”. Se avesse riguardato i conservatori sarebbe stato un “conservative job”. Riguarda una famiglia politica ma non l’Italia. Va difeso l’orgoglio e l’onore della nazione che rappresento dagli attacchi. Le responsabilità sono trasversali non fra i partiti ma fra le nazioni».
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