Hoara Borselli per “Libero Quotidiano”
Carlo Nordio,75 anni, veneziano, ex pm, Ministro della giustizia, garantista.
Ha accettato di rispondere a qualche domanda di Libero.
Ministro, la vicenda Zaia-Crisanti dimostra che le intercettazioni sono più uno strumento di potere e di lotta politica che uno strumento di giustizia. Lei ha detto che vuole riformarle.
«Quando 10-15 giorni fa ho esposto il mio programma sulla rivoluzione copernicana delle intercettazioni, qualche anima bella del giornalismo e della politica ha detto: "Cosa dice Nordio? Ormai questa riforma è stata fatta da Orlando e queste cose non accadranno più. Io ho detto che non avevano capito niente, difatti oggi la questione è ritornata sui giornali.
Le intercettazioni innanzitutto non danno nessuna garanzia di attendibilità perché non sono trascritte nella forma della perizia, sono estrapolate dal contesto, manca il tono, sono spesso pilotate e sono di solito selezionate da un maresciallo di polizia che sceglie ciò che vuole e poi trattate dal pubblico ministero che a sua volte prende quello che gli serve. È tutta una serie di porcherie che vengono indirizzate verso una persona per distruggerla più o meno politicamente. Io questo lo scrivo da 25 anni».
Quindi lei ritiene vadano abolite?
«Vanno riformate radicalmente tenendo ferme quelle contro il terrorismo e la mafia, purché però siano ben individuati i reati di terrorismo e di mafia. Ormai in Italia si parla di mafia anche quando due buttano dei rifiuti nel cassonetto e si parla di mafia ecologica. Salvo quelle, tutte le altre vanno radicalmente cambiate e ridimensionate, responsabilizzando quelli che sono i tutori, i garanti per la loro segretezza. E appena viene vulnerata la libertà di espressione di un cittadino che si vede sbattuto in prima pagina con cose che magari non ha neanche mai detto, immediatamente bisogna individuare il responsabile e deve essere punito».
Riformare questo sistema di intercettazioni è il suo obiettivo?
«Lo considero il mio cavallo di battaglia. Nel mio discorso programmatico che ho tenuto alla Camera e al Senato l'ho detto e ribadito come uno dei miei principali obiettivi».
La riforma delle riforme è la separazione delle carriere. Che però è una riforma costituzionale. Pensa che la maggioranza ce la farà? Non teme la capacità di condizionamento dell'Anm su interi settori della politica anche a destra?
«La separazione delle carriere è consustanziale al processo accusatorio Vassalli, che noi avevamo introdotto nell'89. È un processo accusatorio firmato da un decorato della resistenza, quindi non un fascista, che ha sostituito un codice firmato da Benito Mussolini. In tutti i codici ispirati al principio di Vassalli, cioè il codice accusatorio, le carriere sono separate. L'obiezione principale che si fa, è che verrebbe vulnerata l'unità, la cultura della giurisdizione tra Pm e giudice, se si separassero».
E lei come risponde a questa prima obiezione?
«Che la cultura della giurisdizione non c'entra nulla perché la giurisdizione è un tavolo a tre gambe, avvocato, Pm e giudice. È quindi soltanto un alibi mentale»
Alla seconda obiezione?
«Che il pm passerebbe sotto l'esecutivo; e anche questa è una grande assurdità. Negli Stati Uniti il public prosecutor è addirittura eletto e nel Regno Unito è l'avvocato dell'accusa e non è il capo della polizia giudiziaria».
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Perché allora ci si oppone alla separazione?
«La ragione di fondo per la quale ci si oppone alla separazione, è che si vogliono mantenere il potere e i benefit che ci sono, interscambiando le carriere le une con le altre.
Se il Pm da domani può decidere di andare a fare il giudice, è un beneficio professionale che non tutti hanno e che dovrebbe essere compensato.
Anche questo è un obiettivo che fa parte del governo, richiede sicuramente dei tempi maggiori. L'unità delle carriere e la composizione del CSM che ne deriva , sono scritti nella costituzione e quindi andrebbe fatta una riforma costituzionale che richiede tempi più lunghi».
La ritiene fattibile nei cinque anni?
«Ritengo che in cinque anni, anche meno, si possa fare. È giusto dire che una riforma radicale della giustizia debba cominciare al più presto ma non è detto che possa concludersi in tempi brevi perché ci sono degli step che derivano da elementi normativi. Io auspico che entro gennaio vada a buon fine la riforma sull'abuso d'ufficio che secondo me è un reato che va abolito, poi mano a mano, mese dopo mese, anno dopo anno, passeremo ad altri tipi di riforme secondo i tempi che sono ovviamente previsti dalla costituzione».
È favorevole al ritorno dell'immunità parlamentare?
«L'immunità parlamentare non è nel programma di governo. È bene quindi in questo momento non metterla in discussione. Rimane il problema che i padri costituenti che la vollero non erano degli ingenui, Togliatti Terracini, De Gasperi, sapevano benissimo quali sarebbero stati i rischi, sapevano anche quali sarebbero stati i rischi maggiori e quindi la vollero, per evitare che la magistratura potesse esercitare delle interferenze improprie».
Tornerà la prescrizione?
«La prescrizione deve tornare, la prescrizione è un istituto di diritto sostanziale perché la prescrizione significa estinzione del reato e l'estinzione del reato è un istituto sostanziale e non di diritto processuale. La Ministra Cartabia, che a mio avviso è stata un'ottima Ministra, secondo me ha fatto quello che ha potuto.
Non potendo sconfessare il suo predecessore che aveva realizzato quell'obbrobrio sulla prescrizione che avrebbe tenuto i processi all'infinito, ha trasformato la prescrizione in improcedibilità. E questo ha sollevato dei problemi tecnici enormi. Ritengo quindi che la prescrizione vada completamente riveduta e riportata al suo rango di diritto sostanziale. Che poi possa essere modificata, perché effettivamente alcuni reati si prescrivono in tempi troppo brevi, questo è un altro discorso».