1. NEL PAESE TORNA IL NAZIONALISMO "POLIZIOTTI, ATTACCATE I CATALANI"
Francesco Olivo per La Stampa
GUARDIA CIVIL INCORAGGIATA DAI NAZIONALISTI SPAGNOLI CONTRO I CATALANI
Se non bastassero gli slogan risorgimentali in Catalogna, dal resto di Spagna arrivano altre immagini dal sapore antico. Dalle caserme di tutta la penisola escono camionette della Guardia Civil con a bordo gli agenti mandati a Barcellona per bloccare del referendum di domenica prossima.
Ai lati della strada ali di folla con bandiere spagnole, strette di mano, incitamenti classici «Viva España» e il coro da stadio: «A por ellos, oè», espressione che si traduce in «diamogliele», «all' attacco», «facciamogliela vedere», a seconda del contesto (e questo non era amichevole). Le immagini, senza bisogno di sforzi di fantasia, evocano quelle dei soldati che partono per il fronte, con l' appoggio di quelli che restano. Se si aggiungono i filmati e le foto degli sbarchi dei poliziotti dalle navi da crociera al porto di Barcellona il risultato è un clima sempre più pericoloso.
proteste a barcellona degli indipendentisti catalani
Le immagini della folla festante non sono isolate, le prime arrivano da Huelva, poi da Siviglia, Granada, Santander, Guadalajara, tutte grosso modo uguali. A Cordoba sono andati oltre, con una cerimonia ufficiale nel cortile della caserma, alla quale sono stati invitati anche i giornalisti. Il ministero degli Interni spagnolo prova a mettere una pezza: «Sono manifestazioni spontanee per le strade», e per quanto riguarda il saluto in caserma «non ne sapevamo nulla».
Anche nella capitale qualcosa si muove: il Partito Popolare di Madrid, che spesso scavalca a destra le posizioni del governo, ha proposto un giuramento di massa alla bandiera.
proteste a barcellona degli indipendentisti catalani
Spontaneità o meno, queste celebrazioni sono figlie di un sentimento che la questione catalana ha risvegliato nel resto di Spagna. Con l' apoteosi del nazionalismo territoriale riemerge quindi quello spagnolo. «Era un fenomeno scomparso o per lo meno dormiente - spiega il politologo dell' Università Autonoma di Madrid, Fernando Vallespín - ma ora si potrebbe risvegliare pericolosamente».
In Spagna, a differenza di quasi tutti i Paesi europei, non esiste un vero partito della destra xenofoba (lo stesso succede in Portogallo). Le ragioni sono molte, la fine della dittatura è relativamente recente (1975) e la capacità del Partito Popolare di inglobare e in fondo incanalare in un percorso democratico, le pulsioni autoritarie che pure resistono. La paura di molti, a partire dal governo, è che l' incendio catalano possa mettere in pericolo un equilibrio territoriale sul resto del Paese.
«In giro si cominciano ad ascoltare discorsi dai toni reazionari da gente impensabile», racconta Iñaki Gabilondo uno dei padri del giornalismo spagnolo nella sua rubrica alla Cadena Ser «la verità è che non sappiamo quello che succede davvero fuori da Madrid».
proteste a barcellona degli indipendentisti catalani
Procede intanto la guerra del referendum: la procura ha ordinato ai Mossos, la polizia catalana, di presidiare i seggi per evitare che la gente possa votare domenica. I poliziotti si dovranno blindare scuole e centri municipali già dal sabato e impedire che si mettano delle urne «nel raggio di cento metri».
Negativa la reazione delle forze dell' ordine di Barcellona: «Così si rischiano incidenti».
2. CATALOGNA, LA PROCURA FA RECINTARE I SEGGI
Paola Del Vecchio per il Messaggero
Le istruzioni della procura ai Mossos d'Esquadra, la polizia catalana, sono state chiare: apporre i sigilli a istituti scolastici e collegi elettorali da sabato alle 21,30 di domenica, per impedire il referendum indipendentista convocato unilateralmente in Catalogna. E «prevenire le votazioni» e «i successivi problemi di ordine pubblico», fino a un raggio di 100 metri dai seggi. È l'ultimo atto della durissima offensiva giudiziaria mossa per terra, per mare e on-line, con il sequestro di 140 pagine web, per fermare a tutti i costi il voto illegale.
A quattro giorni dal referendum, le posizioni fra l'esecutivo catalano ribelle e il governo di Rajoy restano inconciliabili e le incognite enormi. Non solo sul voto. Il premier conservatore del Partido Popular, finora sopravvissuto alle intemperie, rischia di cadere nella trappola catalana, per l'aggravarsi della crisi, che ha contribuito ad acuire, dopo averla a lungo ignorata politicamente e poi affrontata con il ricorso al codice penale e alla forza pubblica.
Ieri a Washington alla ricerca dell'assist di Trump («La Spagna è un grande paese e deve restare unito»), Rajoy si è visto costretto ad annullare la partecipazione al vertice europeo di venerdì a Tallin, perché i problemi gli si moltiplicano. La situazione convulsa in Catalogna fa scricchiolare il suo governo minoritario, costretto a dire addio alla Finanziaria 2018, dopo che i baschi del Pnv hanno ritirato l'appoggio promesso, a causa dei «metodi repressivi» impiegati nella regione.
«Dobbiamo avviare una nuova fase in cui sia centrale il dialogo», dichiara il premier. Ma fra Madrid e Barcellona sembrano bruciati i ponti, con una parte della società catalana fortemente mobilitata in piazza, finora pacificamente. I Mossos d'Esquadra temono «gravi problemi» per l'ordine pubblico. Si voterà? La domanda potrebbe essere solo retorica. Dopo la disattivazione della logistica referendaria, il fronte indipendentista è deciso comunque a mostrare al mondo l'immagine di un popolo vessato: migliaia e migliaia di persone in piazza, agitando le schede, nell'impossibilità di votare per le urne sequestrate.
Puigdemont ha ripetuto che si voterà e che il referendum sarebbe invalidato solo se la partecipazione fosse inferiore al 15%. Se saranno di più i sì, anche per un solo voto, si applicherà la legge di transitorietà, che accompagna il distacco della Catalogna dalla Spagna. Nella consultazione del 2014 votarono 2,3 milioni degli aventi diritto (33%), dei quali l'80% a favore di uno stato indipendente. Il govern si appella al diritto internazionale all'autodeterminazione e anche il manifesto firmato ieri da 400 dei 550 professori spagnoli di diritto internazionale, che smontano gli «errori di base giuridica» della consultazione sospesa dalla Corte costituzionale, sono caduti nel vuoto.
LA MINACCIA DEL CUP
Una volta assunto che lo Stato impedirà di votare, il fronte secessionista rischia di andare a pezzi sulla strategia da seguire. Il PdeCat, il partito di Puigdemont, ha «escluso categoricamente», per bocca del portavoce parlamentare Campuzano, una dichiarazione unilaterale di indipendenza, che non avrebbe alcuna chance di riconoscimento internazionale. Ma i soci del partito anticapitalista Cup hanno ricordato che «è inclusa nella legge di transitorietà». E sono decisi a fare pressione in piazza, con l'occupazione delle scuole e uno sciopero generale convocato per il 3 ottobre.