Sergio Rizzo per “la Repubblica”
Dal 13 settembre 2018 sono trascorsi inutilmente già 137 giorni, in una sterile danza che ricorda assai da vicino i minuetti della Prima e Seconda Repubblica. Come i quattro mesi che a cavallo fra il 1983 e il 1984 socialisti e democristiani impiegarono per mettersi d'accordo sul nome di Franco Piga.
O i 189 giorni necessari nel 2010 per spedire direttamente dal governo al vertice di un'autorità in teoria indipendente un viceministro dell' Economia e deputato di Forza Italia: Giuseppe Vegas. E tenuto presente che il complesso iter di nomina del successore di Nava non è ancora iniziato, ecco che quei 189 giorni, finora il primato assoluto di durata senza presidente per quella tormentata authority, rischia di essere polverizzato.
Da mesi, ormai, il candidato in pectore Marcello Minenna, dirigente della stessa Consob, riceve la telefonata con cui gli si annuncia che è il giorno buono. E da mesi, invece, quel giorno buono non arriva mai.
Non arriva nonostante la nomina di Minenna, a quanto pare, avesse già a metà novembre passato l' esame del pre-consiglio dei ministri. Un giorno la nomina salta perché non c' è tempo. Un altro perché spunta un contenzioso alla Consob riguardante lo stesso Minenna.
Un altro ancora perché si sussurra di un veto del Quirinale, che avrebbe la responsabilità ultima della nomina, dove però non è mai arrivata una proposta ufficiale.
Vero è che ci sono anche le perplessità del Colle, che tuttavia non riguardano il profilo tecnico di Minenna, quanto il fatto che le redini di un'authority possano essere affidate a un suo dipendente. Ma a parte il fatto che esistono anche dei precedenti, come quello di Guido Bortoni, che da direttore dell' authority per l'energia ne diventò presidente, o dell'avvocato della Consob Paolo Di Benedetto che fu promosso a commissario, non si può parlare di veto se non c'è neppure una proposta.
Formalmente e sostanzialmente la partita sta nella mani di Conte. Il quale non decide, sebbene i due azionisti del governo Luigi Di Maio e Matteo Salvini si siano da settimane accordati sul nome di Minenna. La verità è che non solo nella Lega ma soprattutto nel Movimento 5 stelle, partito che ne propone il nome, continuano i mal di pancia. E siccome tirare in lungo può avere un solo effetto, quello di bruciarlo, avanza il sospetto che sia questo il vero obiettivo dello stallo.
LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI GIUSEPPE CONTE
La storia di Minenna dice che è un personaggio scomodo. Durante le crisi bancarie aveva contrastato duramente Vegas. Nei due mesi trascorsi da assessore al Bilancio del comune di Roma con Virginia Raggi si era poi schierato al fianco di Carla Romana Raineri, capo di gabinetto dimissionato per iniziativa di Raffaele Marra e se n'era andato sbattendo la porta, rompendo anche con la sindaca e la corrente grillina che la sosteneva. E che certi precedenti possano pesare su una scelta che sembra solo politica, va forse messo nel conto.
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Il risultato di questa lunga paralisi è un paradosso. Dopo aver fatto fuori Nava, colpevole di avere il marchio di Gentiloni, la Consob è retta dalla commissaria "anziana", Anna Genovese: il cui marchio è addirittura renziano, essendo stata nominata dal governo Renzi.
Su di lei si è recentemente abbattuta un'interrogazione al vetriolo dello stesso M5S. Tema: il possibile conflitto d'interessi della commissaria, professionalmente cresciuta nello studio dove ha mosso i primi passi Maria Elena Boschi. Ed è la ciliegina sulla torta di un' assurda commedia. Che almeno per rispetto dei risparmiatori l' avvocato Conte dovrebbe avere la decenza di chiudere al più presto. Con o senza Minenna.