Marco Conti per il Messaggero
Dopo le reciproche bordate post-voto, gli alleati-contendenti sono tornati ieri agli angoli del ring. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, al di là delle rassicurazioni sulla durata del governo, si muovono già guardando al dopo-elezioni Europee. Il primo vola negli Stati Uniti. Un anno e mezzo fa Di Maio era stato in trasferta negli Usa da candidato premier.
Oggi e domani torna a New York e Washington da vicepremier di un governo dalla politica estera incomprensibile. La seconda trasferta del leader del M5S avviene dopo la firma del Memorandum cinese e la polemica con Matteo Salvini che da quella intesa si è tenuto prima alla larga, e poi l' ha selvaggiamente «sporcata». Di cose da spiegare il leader grillino ne ha, visto l' ondeggiante esecutivo che non sta con Guaidò, critica l' acquisto degli F35 e intende scappare quanto prima dall' Afghanistan.
LA SFIDA Per sottrarre alla Lega il rapporto speciale intessuto da Giancarlo Giorgetti con l' amministrazione Trump, Di Maio dovrà lavorare sodo con il consigliere della sicurezza nazionale John Bolton, cancellando quella equidistanza - venata da terzomondismo - che faceva dire ad Alessandro di Battista che il M5S «non sta nè con Putin nè con Trump».
Ma dal 4 marzo dello scorso anno di acqua ne è passata e ora il vicepremier grillino cerca negli Usa anche una spinta ad una leadership appannata. Le continue consultazioni elettorali e gli opposti risultati elettorali hanno lasciato il segno nella coalizione, ma ora il governo ha davanti due mesi senza elezioni. Una mini-tregua, prima che la campagna elettorale per il 26 maggio entri nel vivo, che servirà per cercare di raddrizzare la manovra di bilancio del 2018 che non sta dando gli effetti sperati.
Malgrado qualche sgambetto, sui diritti civili (Ramì e il convegno di Verona) e sulle alleanze, i due vicepremier hanno un comune interesse: scongiurare la manovra correttiva.
Per evitare di presentare a metà aprile un Documento di economia e finanze poco convincente si cerca quindi di correre ai ripari con un nuovo pacchetto di misure per la crescita, che sta mettendo insieme da giorni il ministro dell' Economia Giovanni Tria, e sul quale è in corso un nuovo braccio di ferro.
Difficilmente il testo arriverà in settimana in consiglio dei ministri. Si annuncia, quindi, un parto difficile. Simile a quello che sta vivendo il cosiddetto sblocca cantieri che è per l' appunto bloccato a palazzo Chigi in attesa di una nuova riunione di maggioranza.
Il gioco di interdizione tra M5S e Lega, la sensazione di un governo sull' orlo del precipizio, inizia però ad innervosire i mercati come dimostra lo spread che resta sempre alto. Si aggiungono le preoccupazioni del Quirinale che da tempo registra le inquietudini delle principali istituzioni finanziarie - europee e non - per ciò che potrebbe accadere dopo le elezioni di maggio. Mettere ora in sicurezza il Paese, attraverso una correzione dei conti, significa però smentire - tutto o in parte - ciò che è stato fatto sinora. Ma mentre Di Maio resta fermo in attesa che il Reddito venga erogato, Salvini ha un elettorato, specie al Nord, particolarmente nervoso. Il risultato è che nella Lega cresce il partito della valigia. Ovvero di coloro che vorrebbero chiudere rapidamente l' esperienza di governo con i Cinquestelle per evitare di trovarsi dopo le elezioni di maggio alle prese con una manovra monstre.
Il pacchetto crescita di Tria e lo sblocca cantieri sono quindi le uniche due misure per evitare l' implosione della maggioranza anche se nel M5S cresce la convinzione che dopo maggio non si andrà al voto anche se la Lega dovesse uscire dal governo. Un esecutivo di minoranza o magari allargato ad un pezzo di sinistra responsabile, dovrebbe sorreggere il governo almeno sino alla manovra di bilancio di fine anno e alle elezioni anticipate che si potrebbero tenere il nuovo anno.