IL MASSACRO D’EGITTO - BLITZ ANTI ISIS, UCCISI PER ERRORE 12 TURISTI MESSICANI SCAMBIATI PER TERRORISTI ISLAMICI - IL CAIRO: ERANO IN UN SETTORE PROIBITO E SENZA PERMESSI. L’AGENZIA DI VIAGGI SMENTISCE - TURISMO ADDIO: ERA L'UNICA RISORSA -

Un elicottero egiziano ha sparato su una comitiva di turisti (in gran parte messicani) e guide locali. Secondo un testimone alcuni colpi sarebbero stati sparati dai soldati nelle vicinanze - Le proteste del governo messicano - Tra divieti e limitazioni, ai turisti che scelgono l’Egitto come meta delle loro vacanze restano solo Sharm e le località sul Mar Rosso...

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Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”

 

Quattro fuoristrada a 500 metri dalla strada, il fuoco del bivacco, le dune del deserto. Paesaggio affascinante. Poi una dozzina di persone. All’equipaggio dell’Apache egiziano quelle sagome bianche e ben distinte apparse sullo schermo devono essere sembrate un target perfetto.

 

Ha attivato le armi di bordo sparando su quelli che pensava fossero terroristi dello Stato Islamico reduci da un’incursione. Un massacro: 12 le vittime, in gran parte turisti messicani, e una decina di feriti. L’intera comitiva di 22 persone è stata centrata dalla macchina da guerra dotata di cannoncini e razzi. Una strage nella zona occidentale dell’Egitto con una coda di proteste indignate da parte del Messico, Paese pur abituato alla violenza criminale. 
 

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È il tramonto quando la colonna di jeep diretta alla favolosa oasi di Bahariya arriva al punto di sosta. Sono partiti alcune ore prima dal Cairo, la loro meta è un albergo nella celebre località tra palme e antiche rovine, a circa 400 chilometri dalla capitale. Un percorso spesso battuto da stranieri e locali anche se da tempo reso meno sicuro dalla presenza di nuclei islamisti.

 

Il confine della turbolenta Libia è vicino. Insieme ai messicani ci sono una guida, gli autisti e un poliziotto. Questa volta non si fermano nella solita area, forse — secondo una versione — hanno dovuto anticipare con un deviazione di alcuni chilometri pur rimanendo nelle vicinanze dell’arteria principale. 
 

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I turisti stanno per consumare la cena, qualcuno è seduto accanto al falò, altri controllano i mezzi. Non hanno tempo di accorgersi della morte in arrivo. I superstiti raccontano dell’attacco dell’elicottero e forse di un caccia. Un tiro micidiale. Quelli che restano in piedi tentano una fuga ma — aggiunge un testimone — sono abbattuti da altri colpi, forse tirati da soldati appostati nelle vicinanze. Racconti incerti, resi confusi dallo choc subito, ma che non cambiano l’esito della tragedia. Con due interpretazioni. 
 

Le autorità, imbarazzate, hanno atteso ore prima di dare spiegazioni. Poi hanno sostenuto che il gruppo era in un settore proibito e senza il necessario permesso. L’agenzia di viaggio, responsabile dell’escursione, ha replicato: non è vero, avevamo l’autorizzazione, tanto è vero che c’era un agente con noi.

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E sul sito hanno pubblicato i documenti timbrati, il percorso concordato. In mezzo una terza versione: avevano cambiato posto perché quello riservato ai turisti era stato chiuso dalle forze dell’ordine. Misura legata a quanto avvenuto qualche ora prima nella regione. 
 

Le unità militari erano impegnate in un’azione anti-terrore, con l’intervento di polizia e unità scelte coperte dagli elicotteri. Uno schema usato decine di volte per inseguire formazioni islamiste. In particolare una legata all’Isis, responsabile della decapitazione di un civile.

 

Proprio la fazione del Califfo ha annunciato sul web di aver respinto un assalto delle forze dell’ordine nel «deserto occidentale». Poi sarebbero fuggiti su veicoli simili a quelli usati dalle agenzie turistiche. Da qui, secondo un’ipotesi, è nato il drammatico errore dei militari convinti di neutralizzare dei terroristi. 
 

Il presidente messicano Enrique Peña Nieto ha «condannato i fatti», chiesto chiarimenti e inviato una nota di protesta. Non bastano le scuse formali. Il generale al Sisi che si presenta come l’uomo della provvidenza e guardia del corpo dell’Egitto dovrà trovare risposte. Per tenere testa ai militanti e garantire sicurezza a quanti visitano un luogo magnifico nonostante la minaccia estremista. Ospiti che sono una fonte economica importante per un Paese che ne ha grande bisogno . 
 

2. CROCIERE LAMPO, ALLERTA ALLE PIRAMIDI AGLI STRANIERI RESTA QUASI SOLO SHARM

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Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”

 

In Sinai l’accesso è quasi del tutto vietato. È tabù il deserto occidentale verso il confine con la Libia. Le crociere sul Nilo sono limitate, non durano più oltre una settimana partendo dal cuore del Paese fino alle valli dei templi, ma sono permessi solo tre giorni tra Luxor e Aswan: nonostante i tentativi del governo di Abdel Fattah Al Sisi di reprimere con le maniere forti terroristi ed estremisti islamici, in Egitto resta l’allarme rosso, specie per i turisti stranieri. 

 

Un’occhiata alle cartine geografiche e ai siti specializzati nei viaggi per la terra dei Faraoni è sufficiente per rendersi conto di quanto questo che era il paradiso del turismo internazionale sia diventato un percorso ad ostacoli carico di incognite. I dati parlano chiaro.

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Se il 2010 rappresentò un anno d’oro per il Paese — con quasi 15 milioni di visitatori e circa 13 miliardi di dollari in entrata — nel 2014 i turisti sono stati poco più di 600.000 con guadagni quasi irrisori rispetto a prima.

 

In mezzo ci sono stati la destabilizzazione causata dalle «primavere arabe», il caos libico alle porte di casa, la crescita esponenziale del fenomeno migranti e soprattutto la comparsa del «Califfato» in espansione da Iraq e Siria. 

 

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Una catastrofe per la fiorente industria turistica egiziana. Persino al Cairo, considerato sicuro, la minaccia attentati è sempre dietro la porta. I militari hanno rafforzato i controlli al Museo Archeologico centrale e gli stessi tour operator consigliano di visitare le Piramidi solo a metà giornata. La zona è a rischio, tanto che i tombaroli scavano liberamente nelle zone desertiche una volta transennate e i negozietti di ricordi e ninnoli regalo nei pressi della biglietteria principale sono quasi tutti chiusi. 

 

Stessa musica per il Sinai. In passato, anche nei momenti di maggior tensione come dopo il massacro di 62 stranieri nel tempio di Hatshepsut a Luxor il 17 novembre 1997, la penisola desertica circondata dal mare era rimasta immune dalla crisi. Ora non più. Militari e polizia bloccano d’ufficio le auto e i bus di turisti che intendano andare al monastero di Santa Caterina. Non più albe sulla cima del Monte Sinai, non più visite guidate alla biblioteca antica del monastero. Negli ultimi anni è anche sconsigliato viaggiare lungo la costa del Golfo di Aqaba sino alle località di Dahab e Nuweibah. 

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Divieto totale di cercare di raggiungere l’oasi di El Arish lungo il Mediterraneo. Unica località aperta come prima è Sharm el Sheikh, ma è comunque consigliato di restare in albergo e utilizzare le strutture locali anche di sera. Più rilassate sono invece le località lungo il Mar Rosso, paradisi per la subacquea come Hurghada e Ras Garib. Tuttavia le strade sono poco controllate. Le agenzie suggeriscono, quando possibile, di prendere gli aerei interni. 

 

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