Fabrizio Dragosei per il "Corriere della Sera"
L'arrivo di decine di migliaia di soldati alla frontiera occidentale della Russia e la presentazione di un pacchetto di richieste a Usa e Nato sulla sicurezza europea sono una provocazione del leader del Cremlino desideroso di «menar le mani» o solo l'inevitabile risposta a iniziative ostili dell'Occidente, come sostiene Putin? Non c'è dubbio che all'origine del peggioramento delle relazioni ci sia anche l'atteggiamento delle varie amministrazioni Usa che hanno sempre snobbato Mosca non volendo considerarla un interlocutore fondamentale.
Così da partner strategico che era dopo il crollo dell'Urss, la Russia è diventata nuovamente avversario. E questo anche grazie al contributo dell'ex agente del Kgb che non ha certo fatto tutto il possibile per evitare di inasprire le relazioni. Vediamo sui singoli punti la situazione e cosa vuole veramente la Russia da noi.
MISSILI E SCUDI STRATEGICI
Risale all'inizio della presidenza Putin il venir meno di quell'equilibrio che aveva assicurato la pace anche durante la guerra fredda. Il motivo ufficiale era la difesa dal lancio di ordigni da parte di Corea del Nord e Iran.
Ma lo scudo difensivo che gli Usa decisero di installare in Polonia e Repubblica Ceca (poi Romania) e che si sta finendo di realizzare, di fatto riduce la sicurezza russa perché può anche intercettare eventuali armi nucleari lanciate da Mosca in risposta a un teorico attacco americano con missili intercontinentali. Le preoccupazioni russe sono all'origine dell'abbandono dei vari tavoli negoziali. Poi gli Usa sono unilateralmente usciti da accordi sugli armamenti accusando la Russia di averli già violati.
TRUPPE AL CONFINE
L'attuale situazione in realtà si trascina da un anno. Dodici mesi fa la Russia iniziò grandi manovre a Occidente ma, secondo quanto ha sempre sostenuto il Cremlino, in risposta a iniziative Nato. Effettivamente a Bruxelles si era deciso di creare una forza di intervento rapida e di spostare a rotazione militari di vari Paesi membri sul territorio di ex nazioni satelliti dell'Urss o repubbliche della stessa Unione Sovietica (Paesi baltici). Le ultime iniziative in questo campo sono di questi giorni: l'Ucraina ha iniziato manovre militari e la Russia si è messa d'accordo con la Bielorussia per nuove esercitazioni.
vladimir putin emmanuel macron.
ALLARGAMENTO NATO
Ci fu certamente una promessa americana fatta ai tempi di Gorbaciov, ma fu solo verbale. Man mano che vari Paesi ex Urss (i baltici) o del Patto di Varsavia entravano nell'Alleanza, la Russia ha protestato ma senza alcun effetto. È vero però che la Nato non ha spostato a est armamenti nucleari. Oggi Mosca chiede che per iscritto si codifichi che Ucraina e Georgia non entreranno. Washington non può dichiararlo ufficialmente (ogni Paese deve essere libero di decidere delle sue alleanze, eccetera) ma nei fatti l'allargamento a questi due Paesi è oggi impossibile.
Se non altro perché entrambi hanno conflitti aperti (Ossezia e Abkhazia per la Georgia; Crimea e Donbass per l'Ucraina) che non possono essere accettati in base al testo sull'allargamento della stessa Nato del 1999.
attacco russo all ucraina ipotesi
RICHIESTE RUSSE
I documenti presentati da Mosca a Usa e Nato prevedono condizioni che non saranno accettate, come il ritiro delle truppe Usa dai Paesi entrati nella Nato dopo il 1997, anche se a Washington non dispiacerebbe certamente di ridurre il suo impegno nel Vecchio Continente.
Ma Putin questo lo sa benissimo e la richiesta è solo una pedina da scambiare. Mosca vorrebbe anche che venisse riconosciuta l'annessione della Crimea ma sa che anche questo è impossibile. E allora? Ufficialmente, per accontentare tutti, ci vorrà una ripresa dei negoziati sui vari trattati di limitazione degli armamenti. E una lenta e graduale de-escalation nei fatti. La Crimea rimane ufficialmente parte dell'Ucraina e continuerà a vivere nel limbo, forse per decenni. Tanto oramai è collegata con un ponte alla Russia e i suoi abitanti hanno passaporti russi.
truppe russe rientrano alla base
IL DONBASS
È la questione più difficile. Gli accordi di Minsk prevedono la concessione di un'ampia autonomia ma non potranno essere attuati perché i nazionalisti ucraini condizionano i governanti di Kiev (Zelensky oggi e Poroshenko ieri). Le repubbliche di Donetsk e Lugansk sopravvivranno in qualche modo anche senza essere riconosciute (la Transnistria è in questa situazione da trent'anni).
Buona parte degli abitanti ha passaporto russo. La situazione potrebbe precipitare se i falchi in Ucraina decidessero un colpo di mano contro gli indipendentisti ora che il Paese ha ricevuto parecchie armi dall'Occidente. In quel caso Mosca interverrebbe con mano pesante come accadde nel 2008 con la Georgia quando l'allora presidente Saakashvili tentò di riprendersi con la forza l'Ossezia del Sud durante le Olimpiadi estive di Pechino.
carri armati russi esercitazione militare russa