Gianluca Paolucci per "La Stampa"
«La situazione è diversa dal 30 luglio, quando Unicredit era l'unica strada percorribile. Adesso non è più così». È la sintesi di una fonte governativa sulla complessa trattativa in corso per il futuro di Monte dei Paschi. Che aggiunge anche però che «tutto è congelato fino alle elezioni» del 3 e 4 ottobre. La consapevolezza che sta maturando al Tesoro, secondo quanto ricostruito, è l'effetto combinato di due fattori distinti.
Da un lato, Unicredit - unico soggetto che sta negoziando con via XX Settembre, dall'inizio di agosto impegnato nella due diligence sull'istituto senese - che ha alzato la posta delle sue richieste per farsi carico dei destini della banca controllata dallo Stato.
Dall'altro le pressioni convergenti della politica, con Pd e Lega che seppure mossi da motivazioni opposte premono per una soluzione che non sia «punitiva» per il territorio, per i dipendenti e per il tessuto economico della Toscana.
Proprio la variabile politica, con le elezioni suppletive nel collegio di Siena che vendono candidato Enrico Letta per il seggio che fu di Pier Carlo Padoan, attuale presidente di Unicredit, spingono innanzitutto a rinviare ogni decisione: fino alla prima metà di ottobre non succederà nulla, è il giudizio unanime delle varie fonti politiche e finanziarie interpellate.
Di fatto, soggetti diversi da Unicredit che si siano fatti avanti non ce ne sono. Anche se negli ultimi giorni tra i possibili interessati a uno spezzatino del Monte si è fatto avanti Bper, che potrebbe farsi carico di 100/150 sportelli nel Nord e in Emilia che dovessero risultare di troppo per Unicredit in chiave Antitrust.
Ma potrebbe anche contribuire a una «alternativa di sistema», ipotesi esaminata e poi accantonata dal Tesoro nei mesi scorsi. In ambienti finanziari è circolata anche, nelle settimane scorse, l'indiscrezione di valutazioni in corso da parte di Generali.
Indiscrezioni che non hanno trovato conferma, anche alla luce dei complessi rapporti tra i soci e difficilmente e della partita in corso sulla governance del Leone che rendono poco probabile l'impegno del Leone in una operazione comunque complessa come una acquisizione, anche parziale, di Mps.
A complicare ulteriormente il quadro ci sono le pressioni della politica. Letta, che giovedì scorso ha incontrato i delegati della Fiba-Cisl di Mps, ha ribadito più volte che l'opzione Unicredit non vada perseguita «a tutti i costi». Dal versante opposto la Lega, che con Salvini è tornata parlare di una grande «banca nazionale» che metta insieme sotto il cappello pubblico Bari, Carige e Mps. Mentre Giorgetti, più concretamente, ha spiegato come sul futuro di Mps «ci sono tante idee, dopodiché bisogna vedere quali siano quelle praticabili perché il contesto di regole e di impegni è particolarmente gravoso». Giorgetti venerdì scorso ha incontrato a Siena il sindaco Luigi De Mossi il quale nei giorni scorsi aveva fatto appello al governo di «guardare oltre Unicredit».
«Ne parlerò con Draghi sicuramente», ha detto ai giornalisti il ministro leghista. Non trovano riscontro le preoccupazioni espresse della politica sugli aspetti occupazionali del caso Mps. Gli esuberi, spiegano fonti sindacali, saranno gestiti con il fondo esuberi del settore bancario, per il quale si prevede si prevede un apposito contributo pubblico nell'ordine di circa un miliardo di euro.