Maria Etruria Boschi: "Chi non vota le riforme si pone sullo stesso piano di CasaPound".
Quindi, se quelli di CasaPound si fossero espressi per il SI, Renzi e la Boschi avrebbero cambiato idea?
Maria Etruria Boschi: "Chi non vota le riforme si pone sullo stesso piano di CasaPound".
Ora è finalmente chiaro che i fascisti sono più democratici del governo Renzi.
ilgattogiacomino
1 - L’AMACA
Michele Serra per “la Repubblica”
Il ministro Boschi ha detto una greve sciocchezza: «chi vota “no” (alle riforme, ndr) vota come Casa Pound». L’ha detta come rappresaglia a una greve sciocchezza uguale e contraria: «chi vota “sì” vota come Verdini», ma questo non la assolve. Perché chi governa è tenuto all’alto profilo (o perlomeno medio), e perché di rappresaglia in rappresaglia il livello sprofonda: e i mesi che ci separano dal Referendum Fatidico possono diventare, per il dibattito politico italiano, un precipizio senza fondo.
Voteranno “no” le persone più diverse con le intenzioni più diverse. Idem quelli che voteranno “sì”. Ma l’odio e il disprezzo reciproci, già intuibili dallo scontro verbale tra Boschi e la sinistra del Pd, sono destinati a salire inesorabilmente in assenza di un calmiere, magari anche di un calmante. C’è da essere pessimisti.
Diventerà un giudizio di Dio su Matteo Renzi e anche chi si illude di stare promuovendo o bocciando una riforma elettorale verrà risucchiato inesorabilmente nella lista, “servi di Renzi e nemici della Costituzione” contro “reazionari sabotatori del progresso”. Negli interstizi e nelle pause qualcuno proverà a dire le proprie ragioni, ma il fracasso sommergerà la sua voce. Bello che la politica sia anche scontro. Ma il catch nel fango non è, tra gli sport, il più esemplare.
2 - CHI SGARRA A OTTOBRE NON SARA’ RICANDIDATO
El.Ca. per “Libero Quotidiano”
A sera, quando nella cerchia di Matteo Renzi si fa il punto sulla direzione nazionale, segnata dall'acceso scambio tra Gianni Cuperlo e Maria Elena Boschi sulla campagna referendaria, il commento è gelido. «È la dimostrazione che i continui distinguo e la freddezza rispetto all'impegno nei comitati, è una scelta politica». Ma Renzi, questa volta, non è disposto a lasciar correre. Quella di ottobre, è la battaglia della vita. Per il governo, per lui.
«È chiaro che chi non si impegna per il referendum, non sarà nella prossima legislatura», dice ai suoi. Tradotto: non sarà messo in lista. Perché si può passare sopra le critiche a lui o le contrarietà su singoli provvedimenti. «Ma non impegnarsi sulla riforma costitutiva di questo governo, addirittura impegnarsi per farla bocciare, non è accettabile».
maria elena boschi otto e mezzo
E dire che l'offerta fatta ieri alla minoranza è stata, a suo dire, generosa: sospendiamo le polemiche interne fino a ottobre, impegnandoci tutti a far vincere i nostri nelle città e a portare a casa la vittoria del "sì" al referendum costituzionale. Poi, «il giorno dopo il referendum, si avvia il percorso congressuale». Le regole, i modi? «Si può fare come si vuole».
Apertura massima. Non era la minoranza che lo chiedeva? Eccovi serviti. Ha posto una sola condizione: che tutto il Pd si impegni in quella «mobilitazione straordinaria» che Renzi stesso ha descritto. Un partito «in modalità banchini» (gazebo) fino al 15 luglio, poi nelle spiagge a difendere il sì e a settembre il rush finale.
«Non abbiamo nessun motivo per continuare una sfibrante discussione interna quando altri nostri amici sono impegnati sul territorio», ha detto. Impegniamoci a «raccontare cosa ha fatto di buono il governo e i cambiamenti prodotti nei territori». E poi, ha detto, ammettendo un problema, «dobbiamo tirare su il Pd», perché «un Pd che cresce di qualche punto rispetto a oggi» può determinare la vittoria o meno di un candidato o la possiblità di arrivare al ballottaggio.
È tornato sulla questione morale, in parte correggendo il tiro: «Non voglio sottacere i problemi che abbiamo. Però sono meno di quelli che descrivono i media, ma più di quanti ce ne dovrebbero essere». Ha ricordato la vicenda di due ex assessori di Firenze, assolti pochi giorni fa dopo una lunga vicenda giudiziaria, notizia confinata «a due trafiletti». Di fronte a tutto questo, «dobbiamo avere il coraggio di dire che quando chiediamo di andare a sentenza non chiediamo la luna, ma il rispetto della Carta Costituzionale».
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Nessuna polemica coi magistrati, «auguriamo buon lavoro a chi serve lo Stato». Ma, ha aggiunto, «è interesse di tutti che ci sia la massima visibilità su tutte le indagini». E ha fatto l' esempio di quella di Potenza, in seguito alla quale si è dimessa l' ex ministro Guidi. «Chiedo che vadano a sentenza». Perché «dopo che tre processi sono andati in prescrizione, è un dovere sapere se ci sono persone che hanno inquinato».
Dunque, massimo rispetto per i magistrati. Ma facciano in fretta. Sottinteso: non si limitino a "sparare" l'indagine, per poi tacitare il resto, quando i titoli li hanno ottenuti. Poi ha attaccato «il doppiopesimo incredibile» del M5S, per cui «sei garantista con i tuoi e giustizialista con gli altri». E ha raccontato come Piero Fassino lo abbia bonariamente ripreso per le parole dette l' altra sera da Fabio Fazio. «Mi ha detto che era sbagliato dire che c' è una questione morale: ha ragione, siamo fieri dei nostri 50mila amministratori». Ma le Amministrative premono. E, nelle città, la partita per il Pd si fa difficile. A Torino, come a Roma, a Milano, a Napoli. Se poi metà partito fa altro, ancora di più.
3 - PER LA BOSCHI META’ SINISTRA HA LA CAMICIA NERA
Edoardo Cavadini per “Libero Quotidiano”
Gustavo Zagrebelsky, Valerio Onida, Giovanni Sartori, Stefano Rodotà, Ferruccio De Bortoli, i reduci (più che altro i nipoti, ma va beh) dell'Associazione nazionale partigiani, intere falangi di circoli Arci, tutti insieme a cantare: "All' armi, all' armi siam fascisti, terror dei renzianisti". Provocazione surrealista? Mica tanto.
LIBERTA E GIUSTIZIA GUSTAVO ZAGREBELSKY jpeg
Perché ad ascrivere i quarti di nobiltà del pantheon della sinistra antiberlusconiana nel solco della fascisteria moderna ci ha pensato niente meno che l' ancella del programma di rottamazione renziana, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Lo aveva detto nel corso del week end, lo ha ribadito ieri prendendo la parola all' ennesima direzione del Partito Democratico: chi voterà "no" il prossimo ottobre è come CasaPound. Quindi un fascista, secondo l' equazione del senso comune dominante alla Leopolda e dintorni.
Concetto che aveva fatto imbufalire la sinistra dem, sentitasi tirare per la giacchetta (nera?), scomponendo l'aplomb curiale di Gianni Cuperlo. Il quale ieri, in diretta streaming, persa l'invidiabile mitezza che lo caratterizza, si è rivolto direttamente alla Boschi chiedendo di rimangiarsi l'infamante uscita: «Ho aspettato la smentita delle parole di quella ministra che ha messo sullo stesso piano di CasaPound chi voterà "no" al referendum sulla riforma costituzionale, tra cui ci sono anche membri dell' Anpi e costituzionalisti».
Maria Elena non ci ha pensato due volte, ha abbrancato il microfono e gli ha risposto a muso duro: «Questa volta voglio rispondere qui, apertamente, a Gianni Cuperlo. Più volte mi è stato detto che chi vota "sì" vota come Verdini e io in un incontro pubblico ho detto che chi vota "no" vota "no" come CasaPound: è una semplice constatazione, non è un' equiparazione».
E niente, il petalo rosa del Giglio magico si limita a constatare che il plurideputato nelle fila del Partito Comunista, poi Garante della Privacy, poi mentore (rinnegato) dei grillini, Stefano Rodotà, la pensa come i "fascisti" di CasaPound perché ha osato dire che «c' è stata una svolta autoritaria» nel dibattito sulla riforma costituzionale. Lo stesso valga per il noto picchiatore Gustavo Zagrebelsky, che smessi i panni del fustigatore di Berlusconi (dentro e fuori le coperte) sulle colonne di Repubblica ha avuto l' ardire di indicare per il covo di Balilla Libertà e Giustizia «quindici motivi per dire no alla riforma voluta da Renzi».
E che dire del pericoloso eversore Valerio Onida, passato dallo sfidare Giuliano Pisapia alle Primarie del centrosinistra per Milano all' adesione (assieme ad altri 50 e più temibili energumeni, tra cui Gianmaria Flick, che si è espresso per il «no» anche sul nostro giornale) al manifesto dei costituzionalisti contro le modifiche alla Carta volute dal premier toscano?
E certo, non poteva mancare il capo della propaganda da MinCulPop Ferruccio de Bortoli che - smesse le mentite spoglie del direttore del quotidiano più borghese d' Italia - è reo di aver sbattuto il suo «no» in faccia al ministro Boschi, mentre entrambi erano ospiti di Lilli Gruber a Otto e Mezzo. La lista di aderenti a CasaPound è così lunga che riempirebbeuna pagina intera. E farebbe la felicità di Gianluca Iannone: con cotanto sostegno, altro che il 6% a Bolzano.