Giancarlo Perna per la Verità
Non ci sono santi: se vince il centrodestra, Paolo Romani vuole raccogliere i frutti di un quarto di secolo in Parlamento. In marzo, tornando al Senato per la sua settima legislatura (5 alla Camera), punta a diventarne presidente. In alternativa, accetterebbe anche la guida della Farnesina. Da tempo, infatti, la politica estera è la sua nuova passione che ha sostituito l' antica per il mondo televisivo.
mariarosaria rossi e paolo romani
Uomo dal passo regolare, il settantenne Romani ha fama di equilibrato. Dalla devozione per Silvio Berlusconi cui deve politicamente tutto, alla capacità di attendere il proprio turno. Per lustri ha assolto i compiti che i Berlusca (è pure molto amico di Paolo, il fratello bonsai) gli affidavano. Durante le prime legislature si è occupato di tv nelle commissioni competenti, con un occhio di riguardo per Fininvest. È poi stato, col Berlusca IV (2008-2011), sottosegretario, viceministro e infine ministro dello Sviluppo economico. Anche al governo si è battuto per le tv del Biscione ma nell' ambito più vasto del dicastero. Con ciò iniziò a uscire da una gabbia che cominciava ad opprimerlo.
Passato al Senato nella legislatura che ora finisce (2013-2018), si è affrancato del tutto diventando capogruppo di Fi. Ha così spaziato a 360 gradi, cavandosela con dignità. È emerso il suo talento di mediatore, cui ha giovato il bel garbo e un aspetto impeccabile.
Romani è il prototipo del berlusconiano di sogno. Abiti dandy, sbarbato a tripla lama, capelli a prova di libeccio. Ha fama di cascamorto, specie con giovanette, e bon vivant. La tendenza ad abbandonarsi ai piaceri gli ha fruttato un paio di noie. Nelle pieghe della sua attività parlamentare, fu assessore a Monza, tra il 2006 e l' Expo. A spedirlo in Brianza erano stati i Berlusconi che avevano interessi edilizi in contrada Cascinazza. Nel 2012, venne fuori che Paolo aveva rifilato al comune rimborsi per 22 mila euro, tra cene e vini. Il sindaco se ne lamentò rendendo pubbliche le scorpacciate, poiché era arrabbiato per un precedente.
Romani era già stato ripreso per l' uso improprio del telefonino di servizio. Infatti, rispondeva la figlia. Imputato di peculato cellularico è stato definitivamente condannato a 1 anno e 4 mesi nel 2017. Ma avendo restituito spontaneamente ben 9.000 euro è in corso un ricalcolo della punizione. Comunque, poiché la pena è sotto i 24 mesi, la ricandidatura senatoria è stata ammessa. Semplici imprudenze. Romani non è certo un malfattore. Ha piuttosto l' andare per le spicce dell' uomo d' azione, quale fu negli anni verdi. Ne parleremo.
DECADENZA BERLUSCONI IL BACIO DI PAOLO ROMANI ALLA BERNINI
La sua fama complessiva è tutto sommato buona. La deve in parte al fatto di avere avuto come omologo alla Camera, Renato Brunetta, l' economista veneziano. È il confronto tra i due che ha sanzionato il trionfo del nostro milanese. Mentre Renato si accendeva per un nonnulla, minacciando sfracelli, Paolo cercava l' accordo. All' io ipertrofico dell' uno corrispondeva la ricerca di un risultato pratico dell' altro. Conclusione: ora che il Cav è stato riesumato e volteggia in tv, ad affiancarlo è solo Romani . Osservate Paolo accanto al Berlusca: un passo indietro, viso attento, pochi cenni di assenso. L' atteggiamento del consigliere, non dell' adulatore.
Naturalmente, se si gratta, non è tutto oro ciò che luccica. Dietro la cortesia di Paolo, c' è la durezza. Ne fanno le spese i collaboratori che sono appena meno maltrattati di quelli di Brunetta. Nelle scorse settimane - con Brunetta, Niccolò Ghedini e Sestino Giacomoni, ribattezzati banda di Shanghai- ha stilato le liste dei candidati alle elezioni. Stando alle voci, si è abbandonato alle antipatie e ha depennato dei meritevoli.
FESTA COMPLEANNO POLITICI AL GILDA CON PAOLO ROMANI
È invece andata bene a Federico, suo figlio di primo letto, ammesso a gareggiare nelle liste Fi per la regione Lombardia. La buona riuscita del pargolo non dipendeva da lui ma l' aura di papà ha ovviamente giovato. Già 10 anni fa il giovane aveva attirato l' attenzione dei cronisti per una consulenza che gli fu affidata dall' allora governatore di Fi, Roberto Formigoni. Alle obiezioni, il Celeste replicò: «Mi parve adatto e lo presi. Qualcuno poi mi ha detto che è figlio di un politico». Quanta levità.
Consapevole che il proprio futuro dipende dal favore di Berlusconi, Paolo fa carte false per conservarlo. Il suo cinismo può giungere a rinnegare sé stesso. Nel 2014, quando si discuteva della riforma costituzionale, si accordò con Maria Elena Boschi per sostituire il Senato con un' assemblea di non eletti. Allora, vigeva il patto del Nazareno e l' intesa fu sbandierata urbi et orbi. Due anni dopo, finito l' innamoramento tra il Cav e Matteo Renzi, fu il medesimo Romani a farsi alfiere dell' opposto: o un Senato di eletti o nisba.
On. Paolo Romani - Copyright Pizzi
Avendo però una morale, talvolta per riscattarsi dà una scalciata. Un giorno, ascoltando Barbara D' Urso, cocca del Cav, commentare in tv gli attentati di Parigi con qualche generalizzazione sui mussulmani, twittò: «Inadeguata e insopportabile». Poi, sull' onda, definì Matteo Salvini -col quale aveva sempre fatto mostra di andare d' accordo- «quello che parla come l' avventore del bar Sport». Alla domanda dei cronisti, «non teme una reazione di Berlusconi?», replicò: «Chissene frega. Io sono un uomo indipendente». Si sa come vanno queste cose. Impauriti dal proprio coraggio si torna all' ovile e finisce tutto a tarallucci e vino.
Nato a Milano, Paolo si trasferì a Livorno con la mamma risposata a un piccolo costruttore di barche. Si iscrisse giovanetto alla gioventù liberale e più tardi a Ingegneria. Del Pli abbracciò la corrente liberal, avversa a Giovanni Malagodi, i cui esponenti, estinto il partito, confluirono nei Ds. Da qui, una delle frasi tuttora preferite del Nostro: «Un po' di sinistra sono sempre stato». Tra i pulcini liberali, incontrò Marco Taradash, futuro radicale e deputato di Fi.
Con lui, lasciando gli studi alle soglie della laurea, si buttò nel mondo delle tv, avventura che durerà 20 anni. Insieme, fondano Telelivorno che, in pool con altre micro tv e contro le leggi del tempo, trasmetteva in tutta Italia, aprendo così la strada al Berlusca che all' epoca (1974) era solo un patito del mattone. Le affinità elettive, come si vede, partono da lontano.
Rientrato a Milano (1976), Romani divenne un rapace delle antenne. Fu manager dell' editore Peruzzo e del finanziere Ligresti interessati al business. Poi, senza però lavorarci, si avvicinò a Fininvest, diventando amico di Fedele Confalonieri, intimo di Paolo Berlusconi, buon conoscente di Silvio. Finché nel 1990 si mise in proprio, creando Lombardia 7.
Sfondò nel trash: televendite, la rubrica Vizi privati, con la maliziosa trans, Maurizia Paradiso, film porno abbinati ai numeri 144 e 166 per telefonate osé. Secondo gli autori di un libro, «incassava 60-70 milioni al mese, mentre intere famiglie andavano sul lastrico». In questa fase, conobbe la sua seconda moglie, la showgirl, Patrizia Zea. Nel 1994, con l' introibo del Cav in politica, mutò tutto. Giocando sull' amicizia e promettendo fedeltà, ottenne la candidatura e fu eletto. Mantenne poi ferme l' una e l' altra e fece carriera, come abbiamo raccontato. Ora, se gli va bene, sarà secondo solo a Sergio Mattarella.