Matteo Matzuzzi per il Foglio - Estratti
I rapporti fra la Santa Sede e l’Ucraina non sono mai stati così complicati, il che è paradossale considerato che gli ucraini da un anno e mezzo lottano per la propria sopravvivenza dopo l’aggressione russa ordinata da Vladimir Putin. Il comunicato dell’arcivescovo maggiore di Kyiv diffuso lunedì sera in risposta alle parole a braccio pronunciate dal Papa davanti a una platea di giovani russi, usa termini che non possono essere equivocati:
“Le parole sulla ‘grande Russia di Pietro I, Caterina II, di quell’impero – grande e illuminato, un paese di grande cultura e grande umanità’ si riferiscono al peggiore esempio dell’imperialismo e del nazionalismo estremo russI. Temiamo che quelle parole siano comprese da alcuni come un incoraggiamento proprio di questo nazionalismo e imperialismo, che è la vera causa della guerra in Ucraina.
IL RISIKO DI BERGOGLIO CON ZELENSKY - MEME BY EMILIANO CARLI
Guerra che ogni giorno porta la morte e la distruzione del nostro popolo”. Ancora, “come Chiesa, vogliamo segnalare che, nel contesto dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, simili espressioni ispirano le ambizioni neocoloniali del paese aggressore, invece di denunciare e condannare questo modo di ‘essere russi’”. E se Francesco, a mo’ di chiosa, ringraziava i giovani “per il vostro modo di essere russi” (con tutto quel che tale espressione possa voler dire), Shevchuk replica che “la Chiesa greco-cattolica ucraina insieme con tutta la società civile in Ucraina condanna l’ideologia del ‘mondo russo’ e tutto il modo criminale di ‘essere russi’. Speriamo che la nostra voce sia udita dal Santo Padre”.
(…) In mattinata poi, è intervenuta anche la Sala stampa vaticana: “Il Papa intendeva incoraggiare i giovani a conservare e promuovere quanto di positivo c’è nella grande eredità culturale e spirituale russa, e certo non esaltare logiche imperialistiche e personalità di governo, citate per indicare alcuni periodi storici di riferimento”. Il problema non è quel che pensa il Papa bensì quel che il Papa dice.
papa francesco volodymyr zelensky 1
Da scafato conoscitore di come funziona la comunicazione, è perfettamente in grado di sapere l’effetto delle sue affermazioni. Non a caso i due momenti più attesi dei suoi viaggi apostolici sono l’intervista a ruota libera a bordo aereo e la pubblicazione della conversazione con i gesuiti del luogo. Parlare di Nato “che abbaia ai confini della Russia” giova alla causa della pace? Dare del “chierichetto” al Patriarca Kirill aiuta a migliorare la percezione vaticana presso le alte gerarchie moscovite?
Evitare di chiamare per nome l’aggressore contribuisce a rendere manifesta la vicinanza al popolo che soffre? Elogiare l’umanità russa citando Dostoevskij spiega il contesto che ha portato Mosca a invadere un paese sovrano? Il fallimentare incontro con Zelensky dello scorso maggio a Roma risponde a questi interrogativi. Il risultato della postura di Francesco rispetto alla guerra e alle sue cause politiche è che oggi la Santa Sede è percepita da entrambe le Parti come un attore del tutto trascurabile, perché sospettato di non essere davvero super partes.
Gioca, in questo, il pregiudizio anti occidentale del Papa – che non è segreto, basta leggersi le sue interviste per comprenderlo – del resto esplicitato già un decennio fa con la richiesta accorata a Putin di fare il possibile per evitare l’attacco che in Siria avrebbe portato alla destituzione di Bashar el Assad. Ieri, non a caso, il portavoce di Putin, Peskov, ha ringraziato il Papa per le belle parole: Francesco, ha detto il funzionario di Mosca, ha dimostrato di “conoscere la storia russa, e questo è molto positivo”. Si sarà trattato pure d’un fraintendimento, ma se gli unici a complimentarsi con il Pontefice sono i gerarchi del Cremlino, qualche dubbio a Santa Marta forse bisognerebbe porselo.