Stefano Montefiori per "il Giornale"
Tutto organizzato, studiato, limato: il palazzetto Zenith di Parigi riempito da settemila sostenitori ognuno dotato di bandiera, le prime file con i tenori del partito dei Républicains, la scenografia con tre immensi pannelli blu, bianco e rosso, che sembravano un po' piste da skateboard ma mettevano comunque in risalto la protagonista della giornata, candidata della destra all'Eliseo. E invece, nonostante le lunghe prove del giorno prima, Valérie Pécresse è stata disastrosa.
A 54 anni, una lunga carriera in politica come collaboratrice di Jacques Chirac e poi al governo con Nicolas Sarkozy, presidente della regione Ile de France dal 2015, iper-diplomata e competente, Pécresse è crollata proprio nel comizio che avrebbe dovuto rilanciare la sua campagna. Una prestazione insolitamente insufficiente, a questi livelli di solito si va più o meno bene, mai malissimo. Pécresse ha fatto tutto da sola, non è stata messa in difficoltà dalle domande di un giornalista aggressivo e neanche da un candidato rivale in un duello tv.
Era tutto pronto, ma è mancata l'unica cosa che conta: la sincerità, o almeno la sua parvenza. Il mondo è pieno di uomini e donne che si affermano in politica benché manchino di convinzioni profonde, ma in quel caso riescono a coprire la lacuna con una grande abilità oratoria. Valérie Pécresse magari crede anche in quel che dice, ma è riuscita nel miracolo opposto di fare apparire ogni frase come studiata a tavolino, falsa, degna di una recita scolastica in cui si ripete una poesia senza comprenderne il senso. Voce dal volume troppo alto, tono piatto perché solenne a sproposito, sguardo e gesti da attrice improvvisata. «Mi siete mancatiii!», ha gridato a un pubblico perplesso. Persino il passaggio sull'amore famigliare - «Jérôme... (pausa interminabile) merci» è stato imbarazzante. I primi ad accorgersene sono stati i suoi uomini, seduti davanti a lei.
«Che succede? Che succede?», ripeteva pochi minuti dopo l'inizio del discorso Nadine Morano, sua consigliera per le questioni internazionali. «Accelera Valérie, accelera!», ha provato a suggerirle Hervé Morin, esponente dell'ala centrista del partito. È possibile che le aspettative fossero troppo alte: dopo un ottimo inizio di campagna Pécresse da giorni è in calo nei sondaggi, e rischia di essere superata non solo da Marine Le Pen ma anche da Eric Zemmour nella corsa alla seconda posizione che garantisce l'accesso al ballottaggio (si vota il 10 e il 24 aprile).
Alcune defezioni importanti, come quella dell'ex compagno di governo Eric Woerth verso Macron, pochi giorni prima, hanno accentuato un clima da ultima spiaggia che certo non ha aiutato. Se la forma è stata pessima, anche il contenuto ha creato sconcerto all'interno del partito. Pécresse - «sono una donna d'ordine, voglio che la Francia torni ordinata!» - ha fatto ricorso a una formula tipica dell'estrema destra, quel «Grand Remplacement» caro a Eric Zemmour ma rifiutato persino da Marine Le Pen perché troppo radicale e complottista.
Nel 2010, lo scrittore Renaud Camus ha teorizzato che la Francia stia subendo la sostituzione della sua popolazione originaria con gli immigrati in arrivo dal Maghreb e dall'Africa nera, grazie alla complicità attiva delle élite. Una teoria di complotto contraddetta dalla realtà, ma abbracciata dall'attentatore della strage anti-islamica di Christchurch in Nuova Zelanda e dagli ambienti dell'estrema destra francese. «Il Grand Remplacement non è una fatalità!», ha gridato Pécresse offrendosi di combatterlo, come Zemmour. «La Francia ha ormai tre candidati di estrema destra», è stata la reazione più diffusa. Il presidente in carica Macron, in testa con quasi 10 punti di distacco, potrà ancora più facilmente porsi come il solo politico di punta moderato e responsabile.
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