MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO INNAMORATI
1 – AUTOCRITICHE
Jena per “la Stampa”
"Meno stronzate", disse Di Maio guardandosi allo specchio.
2 – LA PAROLACCIA CHE DEGRADA LA DIGNITÀ DEL POLITICO
Mario Ajello per “il Messaggero”
GIUSEPPE CONTE PINOCCHIO IN MEZZO AL GATTO (LUIGI DI MAIO) E LA VOLPE (MATTEO SALVINI) MURALE BY TVBOY
Dal politichese al neo-volgare: non è una bella parabola quella del linguaggio del Palazzo. In cui - competiton is competition - Di Maio s' è messo a rincorrere Salvini anche nell' abuso delle parole e delle parolacce. E l' effetto è degradante in una campagna elettorale degradata. Si dirà: ma perché stupirsi visto che la neo-politica è nata sull' onda del Vaffa di Beppe Grillo e anche quella di prima ospitava le trivialità di Umberto Bossi che una volta, a una giornalista, rispose con una pernacchia?
E invece, fa per fortuna ancora impressione sentire Di Maio, ieri, che alle dichiarazioni di Salvini sulla modifica dell' abuso d' ufficio ha reagito così: «Più lavoro e meno str...». Aggiungendo un' altra perla a una catena in cui tempo fa - sempre in risposta al cosiddetto Truce, cioè a quello «della pacchia è finita», del «marcire in galera» e di altre piacevolezze - inserì questa: «I termovalorizzatori di cui parla Salvini non c' entrano una benamata ceppa!».
Va bene: la politica, secondo la definizione di Rino Formica, è «sangue e m...». Ma vantare il turpiloquio per apparire più pop, più populisti e più vicini alla «ggente» è irriguardoso anzitutto verso i cittadini e anche verso il ruolo pubblico che si riveste. Guai a diminuirne la dignità e a volgarizzarlo. Lo stile è sostanza. E «i limiti del mio linguaggio - come spiegava Ludwig Wittgenstein - sono i limiti del mio mondo».
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