1 - MIGRANTI, PRIMO PASSO DELL' EUROPA SÌ ALLA REDISTRIBUZIONE AUTOMATICA
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della sera”
È soddisfatta la ministra Luciana Lamorgese quando arriva sulla terrazza del Forte Sant'Angelo a La Valletta, e non lo nasconde. Perché l'Europa che vuole isolare populisti e sovranisti, oggi ha teso la mano al nostro Paese e lei può rivendicare il risultato di un'intesa sui migranti che certamente dovrà trovare un consenso più ampio, ma, come dice subito, «rappresenta un passo decisivo. Perché vuole dire che l'Italia non è più sola, noi e Malta da oggi siamo considerati la porta d' Europa».
I baci e gli abbracci con il commissario uscente Dimitri Avramopoulos, ma soprattutto con i colleghi francese Christophe Castaner e tedesco Horst Seehofer sono l'immagine della pace ritrovata, la collaborazione per gestire arrivi e rimpatri. La bozza preparata anche con Malta e Finlandia, che prevede una condivisione dell'accoglienza dei richiedenti asilo che arrivano a bordo delle navi seguendo una ripartizione automatica per quote prefissate, è già stata inviata a tutti i partner europei e sarà discussa nel consiglio fissato per l' 8 ottobre in Lussemburgo.
Maggiore sarà il numero dei partecipanti, minore quello di stranieri ai quali provvedere. In queste due settimane si tratterà anche a livello bilaterale e si accoglieranno suggerimenti in modo da arrivare con una base di accordo che possa trovare la massima condivisione, dando per scontato il no del blocco di Visegrád. Seehofer è esplicito: «Il meccanismo di emergenza aprirà la strada alla revisione della politica comune europea d'asilo. Senza questo accordo, la revisione di Dublino non sarebbe mai possibile».
Castaner esulta: «Un accordo importante, salveremo vite umane», dice. E sembra sfidare l' ex titolare del Viminale Matteo Salvini con il quale i rapporti sono sempre stati pessimi. Infatti appena due ore dopo la chiusura della riunione, il leader della Lega va all' attacco con una diretta Facebook, mentre da New York il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si congratula per l' intesa, ma subito dopo avverte: «La redistribuzione non è la soluzione al fenomeno migratorio, la risposta sono i rimpatri, sui quali a breve ci saranno novità, e il blocco delle partenze, per il quale è necessario stabilizzare la Libia».
Salvini è durissimo. «L' accordo per l' Italia è una solenne fregatura - sostiene - . Il 90% dei migranti sono sbarcati con barchini. I porti rimangono quelli italiani e al massimo quelli maltesi. Nel Mediterraneo ci sarà pieno di navi delle ong. Ennesimo esempio di "sola", direbbero a Roma». Prima di lasciare Malta il messaggio della ministra Lamorgese è diretto a Tripoli per confermare che l' Italia non abbandonerà il governo di Serraj, nonostante le ong continuino a chiedere che venga sospesa ogni collaborazione. «Gli accordi con la Libia li teniamo - dice - stiamo operando bene con la Guardia costiera, che fa un gran lavoro».
2 - PORTI, QUOTE, RIMPATRI COSA PUÒ CAMBIARE ORA ALMENO DIECI I PAESI PRONTI A FIRMARE IL PATTO
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della sera”
Redistribuzione preventiva e automatica dei migranti: è questo il punto chiave dell'intesa tra i «volenterosi» che potrebbe davvero cambiare la gestione dei flussi migratori. Si tratta della richiesta principale presentata dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e dalla ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, frutto anche delle trattative bilaterali condotte nell' ultima settimana. Ma adesso bisognerà verificare quanti Stati europei aderiranno a questo progetto che Italia, Malta, Francia e Germania hanno messo a punto e condiviso con la Finlandia, presidente di turno dell' Unione.
Se saranno confermati i calcoli fatti qui a La Valletta su almeno dieci Paesi pronti a firmare, allora si potrà dire che il sistema è effettivamente cambiato, perché ad essere scardinato sarà il principio che - in base al trattato di Dublino - obbliga il Paese di primo ingresso a farsi carico degli stranieri fino alla decisione sulla richiesta di asilo. Portogallo, Irlanda, Lussemburgo, Grecia e Spagna avrebbero manifestato appoggio, altri potrebbero dare il consenso, anche per non rischiare di ottenere una riduzione dei contributi economici.
Attualmente i migranti che arrivano in Italia a bordo delle navi delle Ong e delle motovedette di Guardia di Finanza e della Guardia Costiera vengono registrati negli hotspot e in caso di richiesta di asilo attendono l'esito nei centri di accoglienza. Durante la permanenza di Matteo Salvini al Viminale l'Ue ha accettato di occuparsi della distribuzione degli stranieri tra alcuni Stati pur di far revocare i divieti di ingresso nei porti. Si decideva però analizzando caso per caso.
Se passerà l'accordo saranno stabilite quote fisse a seconda del numero di Paesi partecipanti (tra il 10 e il 25 per cento) e la distribuzione scatterà in maniera automatica. Quindi dopo l'approdo i migranti saranno registrati in Italia ma entro quattro settimane dovranno essere trasferiti altrove.
Al momento si applica sempre il trattato di Dublino e dunque l' onere dell' accoglienza, ma soprattutto dei rimpatri, rimane in carico al Paese di sbarco, dunque Italia e Malta. Questo vuol dire che sono i due governi a dover negoziare la riammissione con i Paesi di provenienza dei migranti. Si tratta di una procedura lunga e complessa. L'Italia può contare su accordi con Tunisia, Egitto, Gambia, Nigeria e sulla collaborazione del Marocco, ma questo impone una serie di concessioni e comunque le cifre dei rimpatriati sono molto esigue rispetto al numero di chi arriva.
Per avere un' idea basti dire che Tunisi accetta due charter a settimana da 40 persone, complessivamente ogni anno si riesce a far tornare a casa non più di 5 mila persone.
Nell'intesa raggiunta ieri a La Valletta è invece previsto che sia lo Stato di destinazione a gestire la sistemazione dei richiedenti asilo e - in caso venga negata l' istanza per il riconoscimento dello status di profugo - anche le pratiche per il rimpatrio. Si tratta di una novità importante perché questo convincerà gli Stati europei a impegnarsi per chiudere accordi con i Paesi di provenienza dei migranti e obbligherà la Commissione Ue a farsi garante di queste trattative.
Le norme sul soccorso in mare e le convenzioni internazionali prevedono lo sbarco nel porto sicuro più vicino. Quando le navi prendono a bordo i migranti al largo della Libia, l'approdo più vicino sarebbe proprio in quel Paese ma poiché non viene ritenuto «sicuro», le imbarcazioni si rivolgono a Malta e Italia. Nella nuova intesa si cercherà invece di stabilire una rotazione che, su base volontaria, consentirà di mandare le navi nei porti di altri Stati, ad esempio Francia e Spagna.
3 - DAI BARCHI AI RIMPATRI TUTTI I BUCHI DELL’INTESA
Marco Conti e Cristiana Mangani per “il Messaggero”
Se persino Matteo Salvini cerca di prendersi i meriti dell'intesa raggiunta ieri a Malta dal suo successore («sono stato io sollevare il problema»), è il segnale che stavolta l'Europa fa sul serio. Al punto che persino il sovranista, dopo aver debitamente tentato di ridimensionare l'accordo, è costretto a prendere atto che qualcosa si è mosso.
Su ciò che però il ministro degli Esteri Luigi Di Maio definisce «un primo passo», restano ancora alcune incognite che potrebbero essere definite nella riunione dei ministri dell'Interno prevista in Lussemburgo e nella riunione dei ministri degli Esteri dell'Unione. Incognite e ostacoli dovuti innanzitutto dal numero dei Paesi europei che decideranno di aderire.
Le ipotesi parlano di 10-12. Dalla Finlandia al Lussemburgo, dal Portogallo all'Olanda, ma bisognerà aspettare l'8 ottobre, giorno in cui si terrà il vertice dei ministri dell'Interno, per capire in concreto come verrà accolto da tutti. La linea ribadita a Malta è quella di trovare una formula per punire quei paesi che diranno no anche se nel testo non si fa riferimento a sanzioni. L'ipotesi più probabile è quello di inserire la mancata adesione al meccanismo delle quote al criterio della condizionabilità.
Ovvero in sede di discussione del bilancio europeo e distribuzione dei fondi strutturali, potrebbe essere inserito un requisito che li condiziona al rispetto delle intese raggiunte e della adesione ai principi comunitari. In questo modo non solo le quote dei migranti diventeranno requisito, ma anche il rispetto, per esempio, dei principi dello stato di diritto per cui i governi sovranisti di Polonia e Ungheria sono sotto procedura. Problemi in vista per i paesi di Visegrad, in testa l'Ungheria del sovranista Orban, che dall'Europa riceve miliardi di euro salvo tirarsi fuori dai meccanismi di solidarietà.
«Il nostro obiettivo ambizioso è di ampliare il più possibile il numero dei paesi disposti ad accogliere. La bozza va nella giusta direzione e abbiamo sciolto nodi politici complicati» dice il ministro Lamorgese facendo capire chiaramente che ci vorrà comunque tempo: «Ogni giorno ha la sua pena e questo è un buon giorno».
Altro tema che resta fuori dall'intesa sono gli arrivi sui barchini fantasma scoperti ieri anche dall'ex ministro Salvini che per mesi si è occupato solo delle navi delle Ong. Nell'accordo non sono citati anche se stanno diventando per l'Italia una vera e propria emergenza, visti i numeri di questi ultimi mesi. L'Italia conta di bloccare le partenze su mini imbarcazioni, alzando il livello dei controlli sulle coste libiche.
Ma non sarà facile anche se l'arrivo del brutto tempo è destinato a rallentare le partenze. Sui rimpatri il ministro Di Maio ha promesso «novità» a breve anche se il rischio è una riedizione della fallimentare strategia di relocation del 2015, che non ha mai funzionato. L'Italia spinge per accordi europei di rimpatrio che Bruxelles dovrebbe inserire in tutte le intese con i Paesi del Nord Africa interessati ad avere rapporti economici con l'Unione.
IL RINVIO
Ammorbidito anche il meccanismo della rotazione volontaria dei porti che rischia di partire con il piede sbagliato: Spagna e Grecia stanno già accogliendo un elevato numero di migranti. Più di quanti ne abbia ricevuti l'Italia nel corso del 2018: a Madrid 65.301 persone, ad Atene 32.501, nel nostro Paese 23.370. Insomma, potrebbero semplicemente dirsi indisponibili ad appoggiare Italia, a meno di non rientrare anche loro nella ridistribuzione europea. E ancora: va definito chi si occuperà concretamente di queste ricollocazioni. L'Italia pretende che sia Frontex, o in qualche altro modo l'Ue, a pagare per un meccanismo d'altronde controllato da Bruxelles. Ma ieri questo aspetto non sembra essere stato trattato. Appuntamento a Lussemburgo.