PRIMARE FATTE A MAGLIE - ''STOP THE CORONATION'', FERMATE L'INCORONAZIONE DI HILLARY, CHE PERDE ANCORA, MENTRE IL SEMISCONOSCIUTO SANDERS TRIONFA TRA GIOVANI, ANZIANI, UOMINI, DONNE, I MOLTO LIBERAL, GLI ABBASTANZA LIBERAL, I MODERATI. E NEI SONDAGGI TRUMP È A UN SOFFIO, CON IL 19% DI INDECISI. ELEZIONI PAZZE, DISPERATE E BELLISSIME

Hillary Clinton, che pure è una grande combattente, sembra molto stanca. Le key issues, gli argomenti rivelatisi in grado di attirare consenso e interesse, non sono i suoi, come non lo erano degli avversari repubblicani di Trump. Tutto si gioca su immigrazione, terrorismo, commercio, posti di lavoro. E Donald li ha centrati in pieno...

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Maria Giovanna Maglie per Dagospia

 

new york post hillary clinton fermate l incoronazione new york post hillary clinton fermate l incoronazione

Stop the coronation, titola il New York Post, fermatela l'incoronazione, e dagli torto, visto che anche in West Virginia, e anche a questo punto della disfida, quando dall'altra parte ce n'è solo uno, l'odiato Trump, Hillary Clinton continua a perdere contro un senatore sfigato qualunque del Vermont, quale è obiettivamente Bernie Sanders. Dagli torto, visto che la rilevazione della Reuters di oggi ci dice che se si votasse domani, se fossero i due contendenti Hillary versus Trump, lei vincerebbe col 41,3 per cento, ma contro un 40 del repubblicano, e un bel 18,7 di indecisi.

 

Lunga la strada fino al primo martedì di novembre, forse a sbagliare cavallo non sono stati solo i repubblicani, che ora si cominciano ad acconciare al “clown”, ultimi alla Cnn a dichiarare che lo appoggiano nientemeno che Dick Cheney e John McCain. Lunga e tortuosa, le maniacali distinzioni dei sondaggisti americani ci dicono che in West Virginia non è stata solo questione di minatori, facile folclore, Sanders ha vinto tra i giovani, i maturi, gli anziani, gli uomini, le donne, i molto liberal, gli abbastanza liberal, i moderati, insomma tutti.

donald trump gongola donald trump gongola

 

Il calcolo dei delegati non gli dà speranze, intendiamoci, ma solo perché il vantaggio incolmabile della Clinton è stato fatto piuttosto scorrettamente fin dall'inizio dai delegati farlocchi. Mi spiego: 2383 sono i delegati necessari per vincere la nomination, la Clinton ne ha 1716, Sanders 1438, ma tra i superdelegati, scelti dal partito e non dagli elettori, lei ne ha 523, lui 39.

 

Perciò Sanders dovrebbe acchiappare tutto, i democratici non prevedono Stati nei quali the winner takes all, il vincitore anche per un solo voto prenda tutto, e alla convention potrà solo dare battaglia, segnalando la ferita aperta di una nominata che agli elettori non va giù. Chi se li prenderà allora a novembre i voti dei più arrabbiati? La Clinton o addirittura Trump? Vedremo, sono elezioni pazze e disperate, e di certo la candidata democratica deve fino all'ultimo battere Sanders invece di concentrarsi solo ad attaccare Trump.

bernie sanders vince bernie sanders vince

 

Tra le pazzie e le disperazioni si segnalano dal New York Times in crisi feroce di identità, idee come quella che il neo sindaco di Londonistan, Sadiq Khan, possa influire, e dare una mano contro Trump. Il quale ha risposto alle sue dichiarazioni sull'impossibilità di visitare gli States in caso di vittoria Gop, invitandolo graziosamente come eccezione, lui ha replicato che ci andrà in autunno prima del voto. Ora, a parte il fatto incontrovertibile dell'endorsement che il premier David Cameron, ha già ufficialmente offerto a Trump, sia pur soffrendo, se c'è una cosa che gli americani non accettano, è di farsi consigliare o influenzare dai cugini inglesi.

 

bernie sanders bernie sanders

L'Impero si rispetta, ma è stato sconfitto dalla colonia e deve restare dov'è, con il tè delle cinque e la guida a sinistra; figuriamoci se a fare le pulci agli Usa è il figlio di un immigrato pachistano in un anno di rivolta, giusta o sbagliata, contro immigrati, libero commercio e terrorismo. Segue nella caccia di pretesti il Washington Post, che titola sull'elezione a Manila di un losco figuro come Rodrigo Duterte, “Duterte è il Trump delle Filippine, perché ognuno è il Trump di qualcuno”, perdendo così ogni residuo pudore nazionale.

SADIQ KHAN E IAN MCKELLEN SADIQ KHAN E IAN MCKELLEN

 

Mancano due mesi alle convention e sei più o meno alle elezioni generali, il ritiro dei rivali di Donald Trump ha rivelato in sano anticipo la sua inevitabilità, e se anche lo hanno fatto pensando al 2020 o perché sperano nell'ipotesi di un terzo candidato, il Partito repubblicano ha almeno un po' di tempo in più per ricucire lo strappo tremendo. Ma il ridicolo nella propaganda terroristica rischia di durare troppo a lungo, leggere giornali americani ed italiani per credere, segnalo con gusto Huffington Post di qua e di là dell'Oceano.

 

Abbiamo nell'ordine, sempre enunciato da democratici e liberal vari: nessuno voterà deputati e senatori Gop; i repubblicani si preparano a non votare Trump; il Gop si sta sfasciando. Tutti amici pelosi a un capezzale presunto. Ma al capezzale dei democratici non ci va nessuno?

SADIQ KHAN NELLA CATTEDRALE CRISTIANA DI SOUTHWARK SADIQ KHAN NELLA CATTEDRALE CRISTIANA DI SOUTHWARK

 

Prendete la Florida, storico swing state, importante quanto Ohio e Pennsylvania. La Clinton è in testa con le donne, 48 a 35, Trump con gli uomini, 49 a 36; sono pari tra gli indipendenti, 39, Trump stravince tra i bianchi, lei tra i non bianchi. Sanders farebbe meglio della Clinton contro Trump. Sanders non ci pensa proprio a ritirarsi in nome dell'unità del partito. Com'è allora che il partito democratico sembra non avere problemi?

 

Se un problema vero Trump ce l'ha, non è quello di diventare il beniamino del vertice del Partito repubblicano, ma quello di avvicinarsi senza perdere il favore degli elettori. I quali lo amano e lo hanno votato, quando a candidarsi erano in sedici, tre dei quali stra sponsorizzati e foraggiati, proprio perché lui se n'è infischiato dei vari Graham, Romney e Ryan, anzi li ha incessantemente attaccati come corrotti e compromessi e non ha voluto i loro soldi; perché ha condannato Washington, i suoi rituali, le corti.

paul ryan paul ryan

 

Ora deve prepararsi a una convention nella quale trovare armonia e appoggio, lanciare l'idea che il partito è unito, ma non diventare conformista, non adeguarsi, non perdere la faccia da clown che denuncia il re nudo, o perderà i voti. Impresa complicata, alla quale stanno lavorando i suoi uomini, in testa il genero e consigliere occulto, Jared Kushner.

Lindsey Graham Lindsey Graham

 

Se Donald Trump è un autentico fenomeno, Hillary Clinton, che pure è una grande combattente, una donna d'acciaio, sembra molto stanca. Le key issues, gli argomenti rivelatisi in grado di attirare consenso e interesse, non sono i suoi, come non lo erano degli avversari repubblicani di Trump. Tutto si gioca su immigrazione, terrorismo, commercio, posti di lavoro, e a poco serve che Obama chiuda il mandato con una discreta ripresa economica, perché la percezione è un'altra.

 

E' che la globalizzazione e il commercio libero mondiale abbiano lasciato indietro ignorandoli i meno giovani e i meno specializzati, che la nazione sia diventata matrigna, che il big government, le banche trasformate in speculatori finanziari, le multinazionali in trasferta conveniente in Messico o in Cina, decidano tutto sulla pelle dei cittadini . Se a questa convinzione dolorosa si aggiunge il timore del terrorismo islamico, la minaccia in casa dell'Isis, la miscela è esplosiva. Trump lo ha capito, da queste debolezze diffuse è partito e non ha mai rinunciato a rappresentarle. Sbaglia, è disonesto?

 

hillary clinton hillary clinton

Certo, chi interpreta lo spirito del tempo e lo sa comunicare così brutalmente, di solito vince. Hillary Clinton non può andargli dietro, seguire il tono che lui ha dato alla campagna, deve tentare di delegittimarlo sui punti deboli, che sono la mancanza di esperienza e un cattivo carattere che non nasconde; deve sputtanarlo come razzista, misogino, nemico delle donne.

 

Può andarle bene, dalla sua ha una macchina organizzativa da guerra e soldi senza fine, ma se sceglie il confronto personale, rischia anche lei, dalle carte nascoste del vecchio orribile scandalo Whitewater, alle corna di Bill, alle bugie sotto giuramento, alla Libia, Bengasi, le mail, Goldman and Sachs. Chi dei due ha da perdere di più se il terreno sarà questo nei prossimi mesi? Elezioni pazze, disperate e bellissime, sembra fine millennio, invece che l'inizio.

hillary hillary

 

 

 

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