Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Sondaggi choc e vice presidenti ancora in alto mare, con un po' di maretta nella dinasty Trump sulla scelta. Siamo ossessionati dai sondaggi, oh yeah, e quest'anno sarà peggio del solito, ma a Trump sorridono e alla Clinton incorniciano la peggiore settimana della sua campagna. Lei ferita dal mailgate, lui irrobustito da Brexit e tensioni razziali, addirittura in vantaggio nazionale di sette punti, 44 contro 37, secondo il Rasmussen report, con un tredici per cento che vorrebbero un altro candidato, un sei di indecisi, insomma un risultatone.
Ma non è meno pesante per Hillary Clinton il sondaggio del New York Times con Cbs, che l'avvisa che il suo vantaggio è evaporato, che sono alla pari, 40 a 40, lei e Trump, e che su economia, trattati commerciali, rapporti col resto del mondo, è lui a riscuotere maggiore fiducia. Rasmussen sottolinea che è la prima volta che succede da ottobre, che addirittura la caratteristica dell'esperienza in politica e governo sempre a lei riconosciuta come garanzia per la Casa Bianca, non conta più per gli elettori.
Verso Cleveland siamo a 80 per cento di repubblicani a sostegno del candidato Trump, più un 13 per cento di democratici; la Clinton ha il 72 per cento dei democratici e solo il 5 di repubblicani. Dei seguaci di Bernie Sanders solo il 24 per cento segue l'endorsement alla Clinton del loro candidato. La ragione principale del crollo? Inutile negarlo, è il boomerang della mancata incriminazione per la manomissione di documenti riservati da segretario di Stato.
Il New York Times riferisce sia pur con dispiacere, le ha scritto un endorsement ufficiale nientemeno che a gennaio, che il 67 per cento degli elettori ritiene che non sia onesta né degna di fiducia. La speranza dei democratici è che dalla convention a novembre la memoria degli elettori sia destinata a sbiadire, il che è possibile, ma basta un hacker qualunque con qualcuna delle famose mail scomparse in mano per far scoppiare una bomba.
Se Trump gestisce bene le prossime due settimane di convention e scelta del vice, lo svantaggio di Hillary potrebbe diventare difficile da recuperare. Domanda banale, che è d'obbligo ripetere ogni tanto Alla luce di questo handicap grave, sapendo che del tutto nascosta la cosa non si sarebbe tenuta, conoscendo la sensibilità nazionale verso i problemi di sicurezza, perché Hillary Clinton, che nel 2008 era il candidato democratico migliore, è stata la prescelta nel 2015/16?
Visti i buoni risultati del mezzo silenzio sui disordini razziali e la strage di Dallas, Trump continua a parlare poco. In Indiana, dove è rimasto più a lungo del previsto per un guasto al suo aereo, si sono precipitati il genero e i tre figli adulti, e si discute animatamente sulla scelta del vicepresidente, ben sapendo che alla fine decide lui, ma anche che si misura un braccio di ferro tra il capo della campagna, Paul Manafort, e quello occulto, il genero Jared Kushner. Paul Manafort vuole il governatore dell'Indiana, Pence, e non Newt Gingrich, che ritiene troppo navigato e schietto per essere disciplinato.
MIKE PENCE GOVERNATORE INDIANA
Jared Kushner vuole Gingrich, che è amico intimo del grande finanziatore ebreo e magnate dei casino, Sheldon Adelson, ma soprattutto vede come la peste il governatore del New Jersey, Chris Christie, che a Trump piace più di tutti, ma che dieci anni fa da procuratore federale mise in galera per truffe immobiliari il padre di Kushner. A favore di Christie va il fatto di aver appoggiato Trump precocemente facendo pressione sull'associazione dei governatori di cui è presidente; invece Pence il suo endorsement lo ha fatto alla vigilia delle primarie in Indiana, vinte con diciotto punti di vantaggio da Trump .
Venerdì mattina è la dead line per l'annuncio, anche perché Pence deve entro venerdì decidere se si ricandida come governatore o corre come candidato vicepresidente.
Il simpatico casino e l'organizzazione familiare intorno alla scelta del vice fanno inorridire gli avversari del candidato repubblicano che strillano all'improvvisazione e al dilettantismo, al così non s'è fatto mai, come se non fosse proprio questa dall'inizio la caratteristica della campagna Trump. Politico.com descrive un possibile scenario semi apocalittico di Cleveland, fra dimostranti che assediano l'arena, delegati che parlano a ruota libera, nessuna organizzazione né logistica né politica.
bill clinton hillary e donald trump
Sarà così? Un tentativo di fronda è ancora in atto, e il comitato repubblicano ci sta facendo i conti; di fatto si tratterebbe di introdurre nel programma una proposta che rende liberi i delegati di votare contro Trump anche contro il risultato dei loro Stati, e scegliersi un altro nominato. Oggi o domani il comitato delle regole decide se consentire o no questa scelta. Se ventotto dei componenti si dicono d'accordo, allora la richiesta arriva in assemblea plenaria della convention e si mette ai voti.
La mitica Kendal Unruh, delegata del Colorado e lobbysta delle multinazionali che avversano Trump, giura di avere i ventotto, la campagna Trump risponde che ne ha venti al massimo. Certo, il rischio della grande sceneggiata esiste. Infatti lo staff del candidato è già arrivato ad organizzare un lavoro di lobby che prevede anche il tallonamento a uomo dei delegati, con i capi bastone seduti ai lati di ogni fila per orientare il voto e controllare le reazioni.
A dimostrazione che l'uomo segue una sua idea di organizzazione più da Ceo che da leader politico, ma che il gruppo c'è, sono arrivati William McGinley, avvocato ed esperto di regole, Brian Jack, capo dei delegati di Trump, Alan Cobb, galoppino capo delle primarie, Mike Biundo, veterano delle convention GOP, Don McGahn, storico capo degli avvocati del magnate, e Jason Miller, il nuovo consigliere della comunicazione.
E' arrivata anche la Unruh, che non parla con i giornalisti se non per dire che già da domani partono degli spot tv contro la nomination di Trump. Lo scopo del Comitato è naturalmente quello di evitare un voto del minority report, ma tutti ammettono che la possiiblità di una convention di guerra in cui si faccia fuori l'intruso ha perso qualunque fascino. C'è un solo aspirante al titolo, questa è la verità, e loro hanno perso.