PRONTO, XI PARLA - LA TELEFONATA DI DUE ORE TRA JOE BIDEN E XI JINPING FA SPERARE IN UNA SOLUZIONE DEL CONFLITTO. IL PRESIDENTE CINESE CI HA TENUTO A CHIARIRE CHE NON FORNIRÀ ARMI ALLA RUSSIA, MA PER INIZIARE UN DIALOGO VERSO LA PACE BISOGNA INTERROMPERE LE SANZIONI RITENUTE TROPPE PESANTI: “LA MENTALITÀ DA GUERRA FREDDA NON AIUTA” – WASHINGTON: “PECHINO NON STIA DAL LATO SBAGLIATO DELLA STORIA” – E NON MANCA UNO SCAMBIO SU TAIWAN CHE… - DAGOREPORT

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Alberto Simoni per “La Stampa”

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Biden dice che l'America osserverà le mosse nelle prossime settimane, «tocca a Pechino decidere cosa fare». Xi Jinping invita gli Stati Uniti al dialogo con la Russia per far finire prima possibile il conflitto. In quasi due ore di colloquio telefonico, il primo da quattro mesi, i presidenti di Cina e Stati Uniti si muovono su uno scacchiere intricato, in cui una mossa sbagliata rischia di innescare un effetto domino pericoloso. Così nelle dichiarazioni ufficiali sono le sfumature a rendere l'essenza della distanza che ancora c'è fra le due superpotenze.

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E a Washington il colloquio fra Biden e Xi non è servito certo a dissipare il dubbio che «la Cina possa sostenere militarmente la Russia», secondo quanto nei giorni scorsi aveva fatto trapelare l'intelligence. Pechino non condanna e non prende le distanze da Putin e recapita anzi Washington il messaggio che «la mentalità da Guerra fredda non aiuta e che le nazioni necessitano rispetto».

 

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Insomma, per Xi, la Nato deve tenere conto delle preoccupazioni russe sulla sicurezza nella regione. «Il conflitto e il confronto - dice la tv cinesi Cctv - non sono nell'interesse di nessuno, Cina e Usa hanno la responsabilità di lavorare per la pace e di evitare una crisi umanitaria». Non c'è comunque il ricorso alla parola invasione o a guerra, quasi bandite dal verbo cinese, anche se la scorsa settimana lo stesso Xi aveva pronunciato il termine guerra in un colloquio con gli europei Macron e Scholz.

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La Casa Bianca attende qualche ora prima di far illustrare la sua posizione e la sua lettura della lunga telefonata. Biden ha ribadito che se Pechino aiuterà economicamente o militarmente la Russia «ci saranno implicazioni e conseguenze». Ma più che dettagliarle, pare, la Casa Bianca ha scelto la via attendista, «monitoriamo cosa accade nelle prossime settimane», ha fatto sapere un funzionario dell'Amministrazione.

 

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Per rafforzare il messaggio però il presidente Usa ha spiegato bene alla controparte quanto «governi e imprese private si siano trovate compatte nell'agire» contro la Russia. È un riferimento alla solidità del fronte occidentale e della Nato sbandierata come un monito e che potrebbe ripetersi se la Cina dovesse fare una mossa in più verso il sostegno a Putin. Wendy Sherman, vice di Blinken, al Dipartimento di Stato, poche ore prima del colloquio era stata diretta: «Pechino non vada dalla parte sbagliata della storia». Biden ha evidenziato il sostegno al lavoro della diplomazia, malgrado in questi ultimi giorni a Washington l'ottimismo sulla dinamica dei negoziati che Mosca tiene con gli ucraini e con altri protagonisti (Turchia e Israele in primis) è abbastanza flebile. Ma non sono certo la Casa Bianca o il Dipartimento di Stato a mettersi in mezzo poiché anche ieri i diplomatici Usa hanno ribadito che la «priorità è arrivare alla fine delle ostilità».

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Sui futuri assetti regionali e di sicurezza - aveva glissato Blinken giovedì in conferenza stampa - se ne parlerà dopo. La parola sanzioni non viene comunque pronunciata nè tantomeno scritta in alcun comunicato. Pechino ha già evidenziato come le «ritorsioni indiscriminate colpiscano il popolo e mettano in crisi finanza e commerci globali». Nonché l'energia, di cui la Cina ha una fame smodata per mantenere il suo apparato produttivo. Biden e Xi non hanno evitato uno scambio di opinioni su Taiwan: il fronte filo-Usa nel Pacifico osserva la dinamica della guerra in Ucraina ritenendo un caso di studio per eventuali azioni cinesi contro la "provincia ribelle" secondo la definizione di Pechino. Biden ha ripetuto che la posizione americana non cambia, che la "One-China Policy" resta la chiave ma che gli Usa continuano a sostenere Taiwan e non accetteranno un cambio unilaterale dello status quo.

 

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Poche ore prima della telefonata nello Stretto di Taiwan la portaerei cinese Shandong era entrata nel raggio di navigazione di un incrociatore americano, ennesimo segnale di quanto le acque in quella zona del Pacifico siano agitate. Il canale di dialogo però resta aperto, malgrado differenze e diffidenze. Dopo le sette ore di faccia a faccia lunedì a Roma fra Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, e l'omologo all'interno del Politburo Yang Jiechi, e la telefonata fra i leader di ieri, Washington e Pechino metteranno in agenda altri incontri, sia a livello tecnico che politico. Il temuto allineamento fra cinesi e russi sarà tema di discussione, ha detto la Casa Bianca, che Biden porterà giovedì al vertice della Nato a Bruxelles.

 

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