QUANDO IL 35ENNE JOE BIDEN APRÌ AI COMUNISTI DI BERLINGUER: UN CARTEGGIO CON L’ALLORA PREMIER ITALIANO GIULIO ANDREOTTI, SCOPERTO NEGLI ARCHIVI DELL'ISTITUTO STURZO, RIVELA IL RETROSCENA: “SE IL PROCESSO DELLA DEMOCRAZIA ITALIANA DOVESSE PORTARE ALLA PARTECIPAZIONE DEL PCI AL GOVERNO, GLI STATI UNITI DOVREBBERO ESSERE PREPARATI AD AGIRE CON PRUDENZA” - L'OSTILITA' DI KISSINGER E DELL'AMBASCIATORE USA A ROMA, LA POSSIBILE "SVOLTA AUTORITARIA" IN ITALIA, IL RAPPORTO BIDEN E IL DISEGNO DI ALDO MORO CHE...

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Estratto dell’articolo di Fabio Martini per la Stampa

 

joe biden al vertice nato di vilnius 3 joe biden al vertice nato di vilnius 3

Una storia di grande politica scivolata nell'oblio per decenni e che ora riaffiora per una catena di casualità. È la storia di un senatore americano di 35 anni, Joseph Robinette jr Biden, che all'inizio del 1978, viene incaricato dal Congresso di svolgere un Rapporto sui Partiti comunisti europei e, in particolare, sul più forte di tutti, il Pci guidato da Enrico Berlinguer.

 

Sono anni difficili: in tutte le sedi diplomatiche occidentali si scambiano allarmatissimi report sulla possibilità che il Pci possa entrare a far parte del governo. Uno spauracchio che nella primavera del 1976, aveva spinto George H. W. Bush, appena nominato direttore della Cia, a valutare in una riunione top-secret, la possibilità addirittura di una svolta autoritaria in Italia.

 

E, invece, il giovane senatore Biden conclude così il suo Rapporto al Congresso: «Se il processo della democrazia italiana dovesse portare alla partecipazione del Pci al governo, gli Stati Uniti dovrebbero essere preparati ad agire con prudenza, basandosi su un'attenta interpretazione della situazione italiana».

 

giulio andreotti giulio andreotti

(...)

 

La storia che lega Biden, l'Italia e il Pci di Berlinguer è riaffiorata grazie al lavoro di scavo di Lucio D'Ubaldo, già senatore del Pd, direttore del "Domani d'Italia", che ha scoperto negli archivi dell'Istituto Sturzo, una lettera del giovane senatore americano al presidente del Consiglio Giulio Andreotti: «Dear Prime Minister…». Ma per capirla bene questa storia, occorre fare un passo indietro.

 

Tutto era iniziato nel febbraio del 1978: negli Usa erano tornati al potere i Democratici, non c'era più Henry Kissinger a dettare la linea ed era stato eletto Presidente Jimmy Carter: Joe Biden presenta le conclusioni del Comitato Affari Europei della Commissione Esteri del Senato e in quella occasione ribadisce concetti noti («la partecipazione del Pci al governo è contraria agli interessi americani»), perché permaneva il terrore per il possibile accesso alle informazioni riservatissime sul sistema di sicurezza internazionale.

enrico berlinguer enrico berlinguer

 

Ma la sostanza del messaggio di Biden era diversa: in più passaggi si invitava ad una realistica prudenza e il senatore aveva anche programmato un viaggio in Italia, del quale si trova traccia nella lettera spedita al presidente del Consiglio Giulio Andreotti, ritrovata da D'Ubaldo. Che sostiene: «Nel corso degli anni ha preso corpo la tesi di un Moro abbandonato al suo destino, che avrebbe pagato con la vita la sua spericolata apertura al Pci. Una ricostruzione che, descrivendo Moro come temerario, ignora la sua natura: un esempio di superiore attitudine alla moderazione e di forte attaccamento al realismo. Il Rapporto Biden aiuta a capire che nel suo disegno di aprire una nuova stagione, Moro teneva in conto di quel che si muoveva anche Oltreoceano».

henry kissinger giovanni leone aldo moro henry kissinger giovanni leone aldo moro

 

L'ambasciatore Usa a Roma Gardner era contrarissimo al Pci, ma il suo vice Allen Holmes scrisse allora un cablo segreto, ora desecretato, davvero sorprendente: «È un errore l'ostilità assoluta al Pci. La faziosità americana in Italia non ha eguali in altri Paesi: non possiamo presumere di sapere cosa vogliono gli italiani, meglio di loro». Una cosa è certa: l'invito di Biden a non demonizzare la presenza comunista in Italia si rivelerà, a suo modo, profetico. Il 16 marzo 1978 Pci entrò a far parte della maggioranza di governo, contribuendo a consolidare la democrazia in Italia nel passaggio forse più difficile di tutto il dopoguerra.

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