Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della sera”
GIUSEPPE CONTE E ROCCO CASALINO
Ci sono ancora alcuni punti oscuri rispetto ai rapporti tra i servizi segreti italiani e il ministro della giustizia statunitense William Barr. Ombre che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non è riuscito a dissipare durante le dichiarazioni pubbliche, ma neppure nel corso della sua audizione di fronte al Copasir. E tutte riportano all' interrogativo chiave rimasto senza risposta: perché il capo del governo ha autorizzato quei contatti diretti anziché gestirli personalmente?
Barr è un politico dell' amministrazione Trump. E dunque Conte avrebbe potuto e dovuto partecipare agli incontri invece di «mettere a disposizione» di un altro Paese, anche se «alleato», i vertici degli apparati di intelligence.
Così non è andata e adesso dovranno essere proprio il direttore del Dis Gennaro Vecchione, quello dell' Aise Luciano Carta e dell' Aisi Mario Parente a dover rispondere alle domande dei parlamentari del Comitato di controllo. Anche perché è stato lo stesso Conte ad ammettere che «dopo la richiesta arrivata a giugno per via diplomatica» sono state «effettuate ricerche in archivio, reperiti documenti, svolti accertamenti». Dunque è stata compiuta una vera e propria indagine.
L'obiettivo degli Stati Uniti, come ha confermato Conte, era scoprire che fine avesse fatto Joseph Mifsud, il professore della Link University di Roma che nel Russiagate ha un ruolo chiave. Nel 2016 è proprio lui a rivelare allo staff di Trump che i russi hanno numerose mail compromettenti contro la candidata dei democratici Hillary Clinton.
Incontra più volte l'emissario George Papadopoulos ma un anno dopo sparisce all'improvviso. E Trump si convince che in realtà Midsuf sia un «agente provocatore» di alcuni servizi segreti europei con un obiettivo preciso: dimostrare che il presidente americano aveva cercato di incastrare la Clinton. Ecco perché Barr vuole rintracciarlo o comunque scoprire che fine abbia fatto.
Si torna dunque a giugno scorso. La lettera di Barr arriva per canali diplomatici, Conte dice che parla genericamente dell' attività degli agenti americani che si trovano in Italia.
Lui però decide di concedere subito il via libera alla collaborazione. E ne parla con Vecchione. Vengono attivati i controlli, ma il premier non chiarisce che tipo di accertamenti siano stati effettuati.
Nel 2016 il governo non era guidato da Conte e c'erano altri capi dei servizi segreti. Le verifiche svolte quest' estate hanno dunque riguardato l' attività dei predecessori? È una delle domande alle quali dovrà adesso rispondere il Copasir attraverso le audizioni dei capi dei servizi che saranno convocati nelle prossime settimane. Ma non è l'unica.
Tra le altre questioni aperte ci sono le informazioni consegnate a Barr. Ufficialmente Conte ha ribadito che non è stata trovata alcuna notizia utile e dunque nulla è stato rivelato al ministro della Giustizia americano. Ma allora perché sono stati organizzati due incontri? Se a Ferragosto era già chiaro che l' Italia non aveva dati utili, perché un mese e mezzo dopo è stata convocata una riunione allargata ai direttori delle due Agenzie?
Entro qualche settimana Trump renderà noto il «rapporto Barr» che contiene tutte le informazioni raccolte dal politico durante il suo giro in Europa. E dunque anche quanto scoperto nel nostro Paese. Dettagli che potrebbero mettere in imbarazzo sia il presidente del Consiglio, sia le strutture dell'intelligence perché, come è stato sottolineato al Copasir, sono state assecondate istanze in maniera riservata, mentre si sarebbe dovuta seguire una procedura trasparente che passasse attraverso Palazzo Chigi e il ministero della Giustizia.
Entrambi gli incontri si sono invece svolti nella sede del Dis in piazza Dante a Roma e nel secondo colloquio tra i presenti c'era anche il procuratore John Durham. Ieri Conte ha specificato che «si trattava di un'indagine preliminare, altrimenti avremmo dovuto procedere per rogatoria». In realtà, come viene specificato da alcuni componenti del Copasir, la presenza del procuratore e del ministro accreditano la tesi che fosse in realtà un' inchiesta già incardinata. E dunque l' Italia avrebbe dovuto essere rappresentata dall' autorità politica delegata e dal Guardasigilli.
giuseppe conte gennaro vecchione