Elena Tebano per il "Corriere della Sera"
Le adozioni gay fatte all'estero devono essere riconosciute anche in Italia. E i sindaci che vogliono opporsi alla trascrizione (l'atto che ne riconosce la validità in Italia), non possono farlo.
È quanto ha stabilito la Cassazione con la sentenza 9006 depositata ieri, relatrice Maria Acierno, presidente Pietro Curzio. I riconoscimenti delle adozioni gay fatte all'estero da cittadini italiani non sono una novità: il primo risale al 2017, a Firenze. Ma adesso la Cassazione ne ha sancito la definitiva legittimità con una sentenza a Sezioni Unite, che ha cioè valore di precedente legale.
La legge italiana prevede normalmente che le adozioni fatte legalmente all'estero da cittadini italiani siano riconosciute anche in Italia. In questo caso però il bambino, che oggi ha 10 anni, era stato adottato a New York da una coppia di uomini, entrambi cittadini italiani.
Per questo il sindaco di Samarate, in provincia di Varese, si era rifiutato di trascrivere il suo atto anagrafico, come era stato invece disposto dalla Corte di Appello di Milano il 9 giugno 2017, e aveva fatto ricorso alla Cassazione.
In assenza di trascrizione al bambino veniva negata anche la cittadinanza italiana. I giudici della Cassazione chiariscono adesso una volta per tutte che l'omosessualità dei genitori non può essere un ostacolo al riconoscimento dell'adozione.
«Non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità» si legge nella sentenza.
Anzi, scrive la Corte, è patrimonio dell'ordine pubblico italiano il «principio di non discriminazione, rivolto sia a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale dei minori» che a «non limitare la genitorialità esclusivamente sulla base dell'orientamento sessuale della coppia richiedente».
Nella sentenza, infine, i giudici richiamano espressamente la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha chiesto al Parlamento di ampliare «le condizioni di accesso all'adozione» piena, cosicché i bambini figli delle coppie dello stesso sesso non siano discriminati rispetto a quelli figli delle coppie eterosessuali.
Per l'avvocato Alexander Schuster, che ha difeso la famiglia, «con questa sentenza i diritti del minore e delle coppie omoaffettive ricevono pieno riconoscimento, senza che si possa più operare alcuna discriminazione».
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